Rebecca libri

Gioia senza fine

di Francesco Peyron
Fonte: Effatà 2018

Carissima lettrice, carissimo lettore,

scoprire e vivere un cammino di preghiera quotidiano e perseverante significa aprire la propria vita alla luce, alla gioia, alla speranza del Signore risorto.

È la proposta di questo libro, proprio oggi in un mondo che si ripiega nell’egoismo, che si chiude nel pessimismo e nel vuoto esistenziale. Una vera preghiera del cuore ti apre agli altri, alla missione, ai poveri, al dono di te.

Alla Madonna Consolata, patrona dei Missionari della Consolata, e nostra tenera Madre, affido questo piccolo lavoro perché lo benedica e faccia sì che porti frutto nel tuo cuore.

 

Signore, insegnaci a pregare

E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse:

«Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete.

Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate,

ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate,

ma non lo ascoltarono». Lc 10,23-24

Un cammino di preghiera con il Vangelo di Gesù

Il nostro maestro, la nostra guida, la nostra luce è Gesù, che è vivo e che ciascuno di noi porta con sé: siamo portatori di Cristo, cristofori, come si chiamavano i primi cristiani.

Ed è vivo nella Parola che cercheremo di approfondire, traendo il nutrimento e la luce per la nostra preghiera da questa, dal Vangelo stesso.

Anche noi, come gli apostoli, chiediamo a Gesù: «Signore, insegnaci a pregare» (Lc 11,1), partendo ciascuno dal punto in cui si trova. Nel confronto con il Vangelo intuiremo delle vette altissime nel dialogo con Dio; sono possibili per ciascuno perché lo Spirito in noi suscita, rinnova, fa crescere, guarisce, compie, attua: nessuno si senta escluso da questo cammino, a meno che voglia escludersi da sé.

Guardare a Gesù con fede

Come suggerisce il brano del Vangelo che ho posto all’inizio del capitolo, la nostra mèta è vedere e udire Gesù per essere beati, per sperimentare la beatitudine.

Nella Parola di Dio, preghiera e storia hanno un legame strettissimo, cioè la preghiera e la vita sono una stessa vita.

Il popolo d’Israele cammina, viene liberato da Dio, continuamente fa a Lui riferimento con la lode o con il ringraziamento, con la richiesta o la protesta: il grande libro dei Salmi si snoda tutto in questa prospettiva.

Anche la nostra storia e la nostra preghiera devono andare di pari passo; e vedremo come e quando la preghiera invade o no la nostra storia, e la nostra vita è permeata o no dalla preghiera.

L’uomo biblico, rivelato da Dio, è sempre attento alla presenza di Dio e sempre dialoga con Lui.

La nostra storia, il nostro vivere, il nostro agire diventano preghiera se riferiti a Dio, in un respiro continuo con Lui. La preghiera dell’uomo biblico, e in maniera eminente la preghiera di Gesù, non è astratta, ma trae spunto e si alza a Dio nelle circostanze della vita e vivendo il quotidiano. Quando la preghiera compenetra tutta la pasta della nostra storia e della nostra vita, abbiamo fatto un passo importante: chiediamo al Signore di farcelo fare in maniera piena, poco alla volta.

Arrivare ad essere nel progetto di Dio

I discepoli chiedono a Gesù di insegnar loro a pregare così come Giovanni il Battista aveva insegnato ai suoi. E ricevono la risposta di Gesù: «Quando pregate, dite: Padre» (cfr. Lc 11,1-2). Scopriamo qui l’anima della preghiera che è la relazione di comunione con Dio, di amicizia, di paternità, di affidamento. Gesù completa la grande intuizione di tutti i salmi, l’intimità con Dio, e la porta a compimento con la parola «Padre». Guardando alla nostra preghiera ci possiamo chiedere se camminiamo su questa lunghezza d’onda di comunione così profonda, se è un affidamento e un riferirsi a Lui così forte e così sicuro da rispecchiare l’anima del Padre Nostro.

Proseguendo, Gesù dice: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto» (Lc 11,10). Possiamo constatare la prima grossa difficoltà della nostra preghiera: «Chiedo e non ottengo, chiedo con fede ma non succede nulla». Come va letta, allora, nella nostra storia concreta questa parola di Gesù? Dio è Padre, è vicino e non dà lo scorpione ai figli, ma dà lo Spirito a coloro che glielo chiedono (cfr. Lc 11,11-13). È un cammino in cui partiamo dal chiedere delle cose per noi: a volte Dio le concede, ma non si ferma a questo punto, perché sarebbe una preghiera troppo piccola che ci fa vedere un Dio a nostro servizio e a nostra disposizione. Non a questo si riferisce il Signore. Si chiede per arrivare a comprendere pienamente ciò che conta: il meglio per ciascuno è il progetto di Dio.

Cosa ottiene chi prega? Ottiene la vita, cioè la più profonda conoscenza del senso della sua storia, del perché è stato creato, della sua vocazione nel mondo e in mezzo agli uomini, cosa vuole Dio da lui, il suo progetto di vita. La preghiera che parte, giustamente, anche da una richiesta molto concreta ed immediata di aiuto in un’esigenza terrena – da una malattia alla liberazione da una croce, da un esame a un posto di lavoro o all’essere aiutati in una grana – si allarga a un dialogo più profondo con Dio che è chiedere ciò che più conta, perché la tua vita, la tua storia, il tuo quotidiano veramente collimino con il progetto di Dio su di te, che è la vita: «La verità vi farà liberi» (Gv 8,32).

Allora cadono le resistenze, i nostri abbagli o le nostre miopie per entrare in un progetto più ampio: «Quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!» (Lc 11,13). La volontà di Dio non è contraria al nostro bene ma è il meglio, il pieno bene, la vita per ciascuno di noi.

Un legame forte con Gesù

Anche i brani del giudice e della vedova (Lc 18,1-8) e dell’amico importuno (cfr. Lc 11,5-8) ci dicono che la preghiera deve essere sintonizzata sulla fede, sull’abbandono e su un grande senso della presenza di Dio nella nostra storia.

Gesù ci insegna non una separazione tra preghiera e vita, ma la vita stessa assunta come riferimento al Padre, come richiesta al Padre, come cammino fatto con Dio. San Paolo ci dice: «Pregate ininterrottamente» (1Ts 5,17), perché un cristiano è chiamato ad entrare in una storia legata a Dio: allora la preghiera diventa un continuo chiedere, dialogare, essere illuminati, ascoltare per camminare e aprirsi a ciò che è il meglio nella propria vita.

Ecco perché Gesù dice: «Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò» (Gv 14,13-14).

Forse, dico forse, perché i casi della vita sono diversi l’uno dall’altro, il non ottenere concretamente quello che chiedi è per legarti di più al Signore, aprirti di più a Lui e diminuire te stesso, il tuo progetto, ciò a cui sei attaccato, che vuoi portare avanti, per farti entrare di più nella dimensione dell’uomo biblico, di Gesù, l’uomo nuovo, che lo rappresenta pienamente e che vive in questo atteggiamento: «Non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22,42).

Quando sperimentiamo questa fiducia nel nome di Gesù, sperimentiamo anche la beatitudine; quando fai sì che la tua vita sia continuamente confrontata con Dio, sia una richiesta di aiuto per fare ciò che Dio vuole, entri nella pace, nella semplicità di cuore, sperimenti la beatitudine: sei entrato in una dimensione nuova che ha superato tutte le resistenze dell’egoismo, della miopia, degli interessi particolari.

La vita stessa di Gesù ci insegna la preghiera. La preghiera è il segreto di Gesù, perché Gesù vive la sua vita in un rapporto continuo e dialogico con il Padre per fare le cose del Padre suo. Gesù ci presenta la preghiera come una relazione di intimità: «Quando pregate, dite: Padre». Vuole quindi che la preghiera ci porti a una comunione profonda, a un legame immediato, semplice ma vivo con Lui. Si parte da un chiedere per sé e ci si apre al vero chiedere che è il farsi della Sua volontà, aprendoci allo Spirito Santo, alla sua vita in noi. L’entrare in questa dimensione porta a una relazione strettissima con Gesù e conduce alla beatitudine, cioè alla pace grande del cuore e alla realizzazione vera e piena della vita.

Poco alla volta, vita e preghiera diventano un tutt’uno, si fondono, perché la vita procede nell’invocazione e lode continua, con una richiesta di perdono e di affidamento a Gesù che prolunga la sua preghiera.

Perché la preghiera di Gesù affascinava gli apostoli, i discepoli, la gente? Perché vedevano in Lui un mistero, un segreto. Il mistero era il Figlio di Dio che dialogava con il Padre, la Trinità presente in terra. Ogni cristiano è chiamato ad entrare in questa dimensione di Gesù che è la contemplazione.

Se i contemplativi tentano per tutta la vita di aprirsi ad essa, sono uno stimolo e un faro per noi: anche chi vive nel lavoro, nelle distrazioni, nella continua dissacrazione e secolarismo, riceve delle provocazioni per penetrare la realtà grande della preghiera di Gesù.

Fonte: Effatà 2018
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