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Gli scritti italiani di Ernest Renan

di Armando Torno

Ritorna in libreria un testo scomparso da qualche decennio di Ernest Renan (1823-1892), orientalista e storico del cristianesimo, celebre per la sua Vita di Gesù del 1863 (suscitò un polverone nel mondo cattolico e protestante perché negava i miracoli e la divinità di Cristo).

Oggi si intitola Le Madonne mi hanno conquistato e nel 1961, quando uscì da Cino del Duca, L’Italia delle Madonne. Medesimi i curatori, Nino Sansone e Silvia Spellanzon; anche la prefazione di Remo Cantoni, allora filosofo di tendenza, è rimasta.

Renan visitò in alcune occasioni l’Italia, a cominciare dal 1849 per le ricerche su Averroè. Questo volume, ora edito appunto da Castelvecchi, raccoglie pagine da varie pubblicazioni del francese. I curatori riunirono “soltanto gli scritti italiani attinenti alle idee e ai sentimenti suscitati in lui dalla conoscenza del nostro Paese”. Più che il rendiconto di un viaggio è la storia di un’evoluzione di sentimenti.

Le impressioni si amalgamano a quel mondo di feste e rivoluzioni, briganti e pellegrini, preti retrogradi e monaci infervorati da Garibaldi, tesori d’arte e miserie, Madonne Miracolose e superstizioni.

Il grande conoscitore della lingua ebraica, che ritornando dal Vicino Oriente si fermerà sull’Acropoli di Atene per rendere omaggio allo spirito greco, scrive stupito dalla religiosità partenopea: “Tutte le Madonne di Napoli ripugnanti, quelle di Roma belle”. E sulla celebre liquefazione del sangue: “Se San Gennaro non fa il suo miracolo abbastanza in fretta, allora gli si mette al collo una corda dicendogli: imbecille, rognoso!”. Alla sorella, il 10 gennaio 1850, aggiunge che si “minaccia di gettarlo in mare se ritarda” a compiere il prodigio.

Lo colpisce il mondo che vive sotto il Vesuvio: “Anche i ladri hanno i loro santi e con i miei occhi ho visto un ex voto che raffigura il santo nell’atto di liberare l’autore del voto dalle mani dei gendarmi”.

Le pagine sono gremite di giudizi: “Chi non ha visto Assisi non ha visto l’Italia”; “Le primitive costruzioni di Venezia equivalgono per poesia e armonia a quanto di più puro c’è nelle origini della civiltà greca”; “A Milano l’arte non è che decorazione, scena convenzionale, come da noi”.

Dei venti giorni trascorsi in Sicilia nel 1875 Renan lascia pagine con spunti da meditare. Magnifica l’osservazione che scrive come risposta al desiderio di uno straniero che, considerando inutili le riforme, avrebbe auspicato “un’inondazione fino alla cima dell’Etna per sbarazzare la Sicilia dai siciliani”. Replica Renan: “Il severo critico non svelava però i suoi segreti pensieri, che la Sicilia cioè dovesse essere poi ripopolata da gente della sua nazione. Errore. La specie umana è un insieme ben più complicato di quanto si creda. Le doti più diverse sono necessarie. La razza che dice: ‘La civiltà è opera mia, lo spirito umano sono io’, bestemmia conto l’umanità”.

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