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Il denaro come esperienza religiosa

di Gianluigi Ricuperati

È uscito da poco un libro straordinario, frutto del lavoro di due menti straordinarie, dedicato al più urgente dei temi, ordinario e insieme straordinario: Il dio visibile. Peter Sloterdijk e Thomas Macho hanno infatti pubblicato nel 2014 in Germania e quest’estate in Italia (dalle edizioni Dehoniane, un gioiello di qualità). Si tratta di una conversazione, e niente è più contemporaneo dell’apprendimento attraverso le conversazioni.

L’occasione di questo dialogo è stata ovviamente fornita dalle epiche disavventure finanziarie e metafisiche dell’Unione europea, la crisi cominciata nel 2008. Sloterdijk però, fedele al suo motto secondo cui le «idee vanno prese da lontano», rifiuta di associare il proprio ragionamento alla mera attualità, citando Nietzsche e la sua splendida espressione “legionari del momento”.

Nel Trecento l’Europa si è trasformata in un gigantesco campo di allenamenti, una grande potenza dell’esercizio, al centro della quale non stavano i politici ma i maestri, quelli che oggi chiameremmo “professori”. (…) Questa attività di esercizio, nel Trecento e nel Quattrocento, si collega ad altre spirali di sviluppo. Da allora, per esempio, viviamo in una giuridicizzazione permanente delle nostre vite. Avviene così che l’Arte produca altra Arte, il Diritto produca altro Diritto, le operazioni finanziarie altre operazioni finanziarie. Questa terza spirale è stata scoperta dagli istituti bancari italiani e per questo quando parliamo di operazioni del genere usiamo ancora l’italiano. Il Monte dei Paschi di Siena risale a quel periodo, ed esiste ancora oggi. (…) C’è inoltre una spirale delle macchine, che producono altre macchine, e la quinta spirale è quella dello Stato moderno: una volta che è stato formato, esso tende a diventare sempre più Stato. Abbiamo dunque cinque processi ciclici, collegati tra loro, caratterizzati da un feedback positivo. (…) Ciascuno di questi sistemi, il sistema artistico religioso finanziario ingegneristico e statale, è strutturato in modo tale che chiunque vi partecipi è assoggettato alla legge del feedback positivo. Quando inizia ad operare con queste cose, ognuno deve imparare come imparare sempre di più nel proprio settore di competenza. Questa spirale riguarda anche il nostro presente. Sostanzialmente all’interno del sistema finanziario, appare nel XX secolo, anche qui grazie a un feedback positivo, un meta-sistema, che però non conosciamo ancora molto bene: si tratta di un fenomeno che riusciamo a descrivere solo in maniera approssimativa.

Il dialogo tra Sloterdijk e Macho, ben stimolato dalle domande di Manfred Ostend, si diparte così sfuggendo, e insieme riannodandosi, a queste intuizioni e scoperte iniziali: le radici religiose del rapporto con il denaro hanno a che fare con un’idea di miglioramento di sé che attraversa i secoli e gli ambienti culturali: si parla della novella di Fortunato, apparsa in varie forme dal Cinquecento in avanti, nel quale un comune umano riceve da Madonna Fortuna la possibilità di avvalersi di ogni possibile virtù e dono, ma alla fine sceglie la ricchezza, che appare sotto la forma di una borsa che produce sempre oro. Mentre leggevo le spericolate, densissime produzioni di pensiero che s’intrecciano intorno ai motivi della «insolita religiosità del Capitalismo», mi sono ricordato di una fantastica variazione narrativa su questo tema, che appare nella fiaba italiana Il granchio dalle uova d’oro, nel quale un povero contadino scopre un granchio che deposita uova d’oro ogni mattina che il Signore manda in terra. Da lì in avanti ogni genere di avventure, grazie e disgrazie colpiscono lui, i suoi figli e coloro che per avidità o curiosità vengono in contatto con il granchio, persino mangiandolo, come in un’eucarestia. Come sostengono i due autori, il destino di chi incontra la fortuna economica estrema o la possibilità di cambiare il mondo (il proprio mondo) per mezzo della magia del potere assoluto (spesso associata al denaro moltiplicato ad libitum) finisce per rintanarsi in convento, come il Fortunato della novella succitata, o all’Inferno, come Faust.

I riferimenti e le tensioni esterne – cioè che portano il lettore ad alzare gli occhi verso l’orizzonte di ulteriori libri – sono talmente tanti che non sarebbe delicato riassumerli in maniera costipata in poche righe. Si va dal “non-morto” marxiano al rapporto fra colpa e debiti, alle inevitabili differenze tra denaro cattolico e denaro riformatore. Il ritorno del religioso è una delle numerose spie luminose che s’incontrano nello spazio concettuale generato da Macho e Sloterdjik: a tal proposito vorrei citare  ancora: «Fra i teologi del XX secolo, con l’eccezione di Teilhard de Chardin, ha totalmente dominato la linea della conditio humana, nella quale l’uomo viene realmente descritto come un povero maiale con una croce appesa al collo. Tuttavia questo non ha nulla a che fare con l’esuberanza della tradizione cristiana secondo cui nell’uomo stesso esiste una differenza antropologica. L’uomo è sempre due cose insieme: è se stesso e il potenziale del santo che è in lui e che deve giungere a pienezza».

Perché all’inizio ho parlato di “denaro di Dio”? Perché i soldi sono quanto di più vicino a una divinità tangibile l’uomo abbia davvero costruito. Il nodo che unisce l’esperienza di essere umani al denaro è così intricato, così ben legato, che è difficile persino distinguerli. Se l’uomo ha disegnato Dio a propria somiglianza ha composto un immenso, cunicolare, labirintico, millenario autoritratto della parte più astratta, violenta e dolce della propria essenza: il denaro. Il meccanismo stesso degli interessi, cioè la creazione di denaro da altro denaro, è un procedimento alchemico basato sull’assenza: sulla compensazione monetaria che ripaga della momentanea assenza di una certa cifra da una sacca all’altra, da un’anima all’altra.

Nell’epoca finanziaria,  della vittoria storica e definitiva del Denaro su tutte le altre astrazioni, è bene fare alcuni passi indietro e incidere di nuovo i punti fondamentali di una relazione-corteccia, ma una corteccia recisa, tagliata di netto dalla nostra paura nei confronti di ciò che ci supera, sorpassando le nostre vite, restando lì fisso, a moltiplicarsi, generazione dopo generazione, più forte delle cattedrali che un terremoto può sempre sgretolare: i corpi, le architetture, la terra stessa, mutano: ma il «Graal dell’Oro», come scrive Karl Marx in una delle sue assai frequenti metafore mistiche, tende ad accumularsi all’infinito, nutrendosi della propria invisibilità e della propria universalità. Chi non ha provato un brivido metafisico autentico leggendo quelle tabelle che indicano quanto varrebbe oggi un milione di dollari del 1959? E chi può onestamente ignorare il grande Enzo Mari quando ci insegna che la banconota del Dollaro è il più persistente progetto di design della storia umana, sempre uguale a se stesso, mai fuori corso, proprio come la scorza visibile di una Potenza che non si riesce più a immaginare?

Questa meditazione a due voci ci impone dunque di tornare a pensare che anche il Denaro, come l’Uomo, porti con sé una differenza antropologica: è sempre se stesso e il plusvalore di santità che è potenziale nel suo uso: la ri-circolazione, il dono folle, le estreme conseguenze dell’amore come metafora del denaro, sono il prossimo esercizio che aspetta chi vive e chi scrive intorno a chi vive.

 

Il Dio visibile. Le radici religiose del nostro rapporto con il denaro. Conversazione con Manfred Osten | Sloterdijk, Peter; Macho, Thomas | EDB | 2016 | Pagine 144 | Euro 14.00
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