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L’Italia divisa in biblioteca

di Matilde Quarti

Ha letto almeno un libro, nel 2017, appena il quaranta percento degli italiani (esclusi libri scolastici o letture professionali). E ogni anno, in generale, le statistiche sulla lettura fanno sprofondare i lavoratori dell’industria culturale nella disperazione. Non stupisce, dunque, che le statistiche sulle strutture bibliotecarie (nel loro complesso, civiche, accademiche, o di altri enti) siano anche peggio: di quel quaranta percento di italiani, solo l’undici percento si è procurato un libro in biblioteca.

Siamo sinceri: salvo virtuose eccezioni, buona parte delle biblioteche civiche non si presenta bene. Con arredi usurati e un’estetica desueta non tutte invogliano la frequentazione e, anche quando si parla di palazzi storici (quella di avere sistemazioni invidiabili, d’altronde, è una fortuna tutta italiana), spesso dietro la maschera si nascondono sale di lettura che, al di là degli splendidi soffitti stuccati che le sovrastano, non offrono al visitatore servizi basilari, come la possibilità di prendere un vero caffè, o un numero sufficiente di prese elettriche a cui collegare tablet e computer. Scendendo lungo lo Stivale, poi, le differenze si fanno sempre più marcate e lasciano presagire addirittura una sorta di questione meridionale: dal sistema lombardo, ramificato e con circa una struttura per comune, ai numeri sempre più ridotti di biblioteche per abitanti man mano che ci si muove verso sud. Rosa Maiello, presidentessa dell’Associazione italiana biblioteche, parla a questo proposito di una «disomogeneità della qualità dei servizi» e di una generale sottodotazione in termini finanziari, di spazi, di personale. Per Maiello il problema coincide con quello dei dati di lettura. «Le biblioteche sono uno strumento potente di promozione culturale» spiega. «Non è casuale che sugli indici di lettura ci sia un divario tra le regioni del Nord e quelle del Sud, e che questo sia connesso alla mancanza di un servizio bibliotecario efficace e rispondente alle aspettative sociali.» Le amministrazioni, continua, «non sono obbligate a istituire una biblioteca locale né di dotarla delle risorse necessarie per farla funzionare bene».

Le difficoltà sembrano riguardare tutto il paese, con le dovute proporzioni. Milano, ad esempio, che in media si distingue per l’ampia offerta culturale e un servizio efficiente, presenta varie disparità all’interno dello stesso tessuto cittadino. La biblioteca in via Valvassori Peroni, ad esempio, nel quartiere di Lambrate, ha spazi ampi e ariosi e un colorato bar nel cortile interno: è invasa dagli studenti. Al contrario, biblioteche anche centralissime come quella del parco Sempione sono scomode, hanno spazi ridotti e gestiti molto male. In realtà, spiega l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno, il comune di Milano sta investendo cospicue risorse nelle strutture bibliotecarie di zone periferiche, in accordo con il programma presentato dal sindaco Sala a fine 2016 (per quanto riguarda la ristrutturazione della biblioteca centrale Sormani, ormai in uno stato di degrado evidente, bisognerà invece attendere un finanziamento che ancora non c’è). L’assessore è molto fiero del sistema bibliotecario di Milano, «per la collaborazione reciproca tra le biblioteche, e perché il sistema milanese è diventato un attore di politiche di diffusione della lettura». Gli eventi culturali nel capoluogo lombardo non si esauriscono in un weekend, ma sono lo spunto per un lavoro di promozione culturale che le biblioteche continuano per il resto dell’anno.

Anche Bologna spicca per un modello virtuoso: organizzate in un’istituzione, le biblioteche cittadine sono anche il luogo dove si incontrano diverse professionalità, come professori che fanno doposcuola o che insegnano l’italiano agli stranieri. «Ci sono forme di collaborazione spontanea e mutualistica che dimostrano che Bologna mantiene un tessuto di impegno civico e coinvolgimento sociale» commenta la direttrice della rete bibliotecaria Anna Manfron. Una storia tipicamente bolognese è ad esempio quella della Casa di Khaoula, biblioteca istituita nel 2008 e dedicata a una studentessa di origini marocchine che, dieci anni prima, aveva scritto a «l’Unità» protestando per la mancanza di spazi in cui poter leggere. A due passi da piazza Maggiore, poi, si trova la Salaborsa, un vero e proprio centro culturale che, a fronte della vasta offerta di servizi, finisce col penalizzare quello di consultazione: lo spazio è aperto e benché siano previste postazioni di lettura, anche isolate, il silenzio è un’utopia. Per trovarlo basta però arrivare all’Archiginnasio, che conserva un vasto patrimonio di fonti antiche e ha una sala di lettura per il pubblico con tavoloni e panche di legno: qui la tranquillità è garantita. Inoltre, come avviene ormai in diversi comuni, il sistema di prestito bolognese non è riservato ai residenti della città e in tutte le biblioteche si può accedere al wi-fi gratuitamente e senza password.

Lo stesso, purtroppo, non si può dire di tutte le biblioteche italiane. Un esempio viene da Roma: nelle biblioteche civiche si può navigare in internet solo acquistando una tessera che garantisce servizi aggiuntivi a pagamento, come, oltre l’accesso al wifi, il prestito interbibliotecario e quello degli ebook. Certo, il prezzo è molto basso, sono dieci euro annui, ridotti a cinque per alcune categorie (gratis per i richiedenti asilo), e sicuramente i costi di mantenimento delle trentanove biblioteche romane sono alti. Tuttavia è un peccato, vista l’attenzione che le biblioteche capitoline hanno in altri ambiti: Roma, ci racconta il presidente delle biblioteche Paolo Fallai, è riuscita a realizzare il suo primo Patto per la lettura, e a farlo in una zona difficile, il municipio 6. «Siamo stati pionieri in Italia del progetto Nati per leggere» spiega Fallai. «Cioè facciamo avvicinare i bambini all’oggetto libro fin dalla primissima età.»

Sconfortante è invece la situazione al Sud, al netto di eccezioni eccellenti. Il maggior problema qui è il numero delle sedi, troppo esiguo rispetto a quello dei cittadini: le biblioteche civiche sono poche e non cooperano a sufficienza per garantire un’adeguata penetrazione sul territorio. Il problema si percepisce già facendo una semplice ricerca on line: di molte biblioteche è difficile reperire informazioni, anche sul web. In un’indagine Istat del 2015, ci spiega Rosa Maiello, è stato registrato un divario sulla frequentazione delle biblioteche da parte dei cittadini italiani che va da un trentacinque percento in Trentino al sei percento della Campania. Sempre più biblioteche, invece, distribuiscono ebook. Come? Su tutto il territorio nazionale sono presenti due piattaforme a cui le biblioteche possono appoggiarsi per offrire contenuti digitali: Mlol e Rete Indaco. In particolare è interessante il modello di Mlol, servizio sviluppato da Horizons Unlimited, azienda fondata nel 1993 da allievi di Umberto Eco, perché offre alle biblioteche diversi modelli di prestito di ebook, dal più tradizionale che prevede il semplice acquisto del titolo, al pay per loan, in cui la biblioteca paga in base al numero di prestiti effettuati, garantendo a più utenti contemporaneamente l’utilizzo di uno stesso libro. Mlol prevede anche un servizio a pagamento, Mlol Plus, i cui proventi non entrano nelle tasche dell’azienda ma servono a finanziare le biblioteche italiane. «Non è un sistema commerciale,» spiega il loro amministratore delegato Giulio Blasi «ma un supporto alle biblioteche per ampliare i loro servizi». Il prestito digitale, ci spiega Blasi, risolve due grandi problemi. Quello della presenza fisica delle strutture, perché consente di prendere in prestito un libro (o un file di altra natura) in qualunque momento del giorno e della notte senza doversi spostare da casa. E poi quello dell’età di chi frequenta le biblioteche: se infatti le sale di lettura sono visitate principalmente da studenti e pensionati, il prestito digitale si rivolge a quei trentacinquenni che non hanno tempo di andare in biblioteca in orario lavorativo.

È un peccato, però, che in un momento di crescita delle opportunità del digitale (secondo le statistiche di Mlol i prestiti di ebook nel 2017 sono aumentati del 36,3 percento), le biblioteche civiche non possono soddisfare appieno le esigenze dei cittadini. È davvero utopia immaginare, oggi, nell’epoca digitale, una vera rete nazionale di biblioteche interconnesse, che garantisca accesso ai libri, cartacei o elettronici, per tutti i cittadini senza disparità territoriali?

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