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E i festival cattolici?

L'opinione di Lorenzo Fazzini sui festival culturali

Se guardiamo gli indizi sulla situazione dei “festival” culturali, non è facile trovare o frequentare eventi “cattolici” fuori dal mondo ecclesiale. Per laici e cattolici è più facile erigere muri d’ignoranza e diffidenza, piuttosto che incontrarsi in piazza.

Passata la sbornia a fine estate di festival e kermesse culturali, un dubbio sorge: aveva ragione la regina del giallo, Agatha Christie? Ovvero: che tre indizi facciano una prova anche in campo culturale?

Festival e cattolici. Primo indizio: mesi e mesi fa un’inchiesta del Venerdì di Repubblica menzionava e mappava decine di festival culturali in Italia. Nessuna presenza cattolica. Secondo: il sito trovafestival “buca” gli eventi di piazza di marca cattolica ormai assodati, il Meeting di Rimini per fare un esempio, il più partecipato evento estivo in Italia (e si vanta di monitorare oltre 800 festival). Terzo, nella guida di Altraeconomia ai festival italiani non c’è traccia degli appuntamenti di provenienza cattolica, ad esempio il Festival Biblico di Vicenza (ormai esteso a rete in varie città del Nordest, oltre 40mila presenze) oppure il Festival Francescano, giunto quest’anno alla decima occasione. Dove sono passati nomi quali Francesco De Gregori e il compianto Lucio Dalla, dove Massimo Cacciari va sempre volentieri.

Insomma, qualche domanda viene spontanea. Che esista anche nei festival culturali ormai disseminati in tutta la Penisola una qualche specie di anticlericalismo permanente, per cui tutto quello che è “made in cattolico” non è da prendere in considerazione? Oppure c’è un’inefficacia comunicativa di tali realtà verso i media mainstream? Chissà. Ok, il Meeting per l’amicizia dei popoli di Rimini, area Cl, ha dovuto scontare l’abbraccio soffocante con la politica – che ne ha favorito la visibilità mediatica. Però dai padiglioni della fiera riminese sono passati Eugene Ionesco, madre Teresa di Calcutta, Chaim Potok, tutta gente che in altri Festival meriterebbe la copertina. E che dire del Festival Biblico, il primo dei raduni culturali inventato da cattolici che si rifà alla tipologia festival? Snobbato (spesso) anch’esso. Pur nel suo tratto locale una rassegna quale Molte fedi sotto lo stesso cielo, a Bergamo, su regia delle locali Acli, raduna 50mila persone (a pagamento!) tra settembre e inizio dicembre. E i media mainstream? Silenzio. Eppure i nomi che sono transitati da lì nell’ultimo valgono un Festival di Mantova: Shirin Ebadi, Enzo Bianchi, Luis Sepulveda, Daniel Pennac, Mario Calabresi, Ezio Mauro, Gianfranco Ravasi. Niente, è roba cattolica, quindi la cassiamo. Un tentativo che a suo tempo (parliamo di una decina di anni fa) sembrava felice – il Festival della teologia a Piacenza, da lì era passato un mostro sacro come Jürgen Moltmann – è naufragato nel nulla. All’afasia del pensiero teologico nello spazio accademico italiano si è aggiunto (definitivamente?) anche quello pop di una rassegna pubblica ad hoc. Un peccato.

La questione non è indifferente, perché oggi molta della cultura passa da questi incontri di piazza. E lo si vede anche curiosando in libreria. Al recente Pordenonelegge – che, beninteso, da rassegna generalista ha sempre avuto un’apertura intelligente all’elemento spirituale: quest’anno il cardinale Scola e il vescovo Hinder dall’Arabia -, ebbene, nell’enorme libreria Coop di Pordenone allestita in piazza durante la kermesse, i libri religiosi si contavano sulle dite di una mano. A fronte di migliaia di altre proposte, dalla letteratura alla saggistica iper specializzata. Censura? No. Ignoranza? Parecchia. Diffidenza? Molta.

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