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Le affinità elettive: consigli per lettori curiosi

I suggerimenti della redazione di Rebeccalibri

copertinaCAROTENULTINAVinicio Sparafuoco detto Toccacielo, Vincenzo Gambardella, Ad Est dell’Equatore 2014, 12.00 €, pp. 188

http://www.adestdellequatore.com/2014/07/vinicio-sparafuoco-detto-toccacielo-vincenzo-gambardella/

“Ve lo dico io chi era Vinicio Pierro, ’o sparafuoco, Toccacielo, quello che con un cartoccio, uno spago e della polvere nera ti faceva una stella colorata, buona per comparire davanti a nu re o nu santo, e con la carta che gli era rimasta la firmava pure quella bomba, caricata a una o due manciate di polvere, e dentro ci metteva il nitro, il clorato, il potassio, per fare il bianco, il celeste e il viola.”

Così esordisce Vincenzo Gambardella (Napoli 1955) nel raccontare la storia di un gruppo di fuochisti (“equilibristi dei fuochi d’artificio”) che si forma attorno a Vinicio Perro, e che comprende don Blandino (uno che si è inventato “nu pupazzo meccanico che rappresenta Gesù sulla croce che spara fuochi, e quando si distrugge risorge”), il suo chierichetto e Michele. Insieme a questa allegra brigata, andremo dal golfo di Pozzuoli in Lombardia e poi fino all’algida Germania, per tornare infine a Sud, in Costiera amalfitana.

Alternando il visionario al drammatico, il realistico al picaresco, Gambardella ha scritto una storia di personalità ricorrendo a un linguaggio denso e impreziosito da rare gemme dialettali. Densi sono anche i personaggi, attraversati da un calore palpabile grazie al quale riescono ad affrontare la vita travolgendola nell’impeto di un fuoco d’artificio, una forza naturale che viene dalla terra e si trasfigura in cielo, quasi come una lettera d’amore mandata a Dio e all’umanità.

 

0715 COP_9066_Yasushi_falsario_SKIRAVita di un falsario, Yasushi Inoue, Skira 2013, 12.00 €, pp. 88

http://www.skira.net/en/books/vita-di-un-falsario

“Sono già  passati quasi dieci anni, da quando accettai di scrivere la biografia del pittore di scuola giapponese Onuki Keigaku, su richiesta della sua famiglia. Ancor oggi però non ho tenuto fede al mio impegno. La primavera scorsa, quella stessa famiglia mi ha mandato da Kyoto un formale biglietto d’invito alla cerimonia del tredicesimo anniversario della morte dell’artista, cerimonia che si sarebbe celebrata in un tempio zen della città; all’invito era accluso un cartoncino di risposta per confermare o meno la mia presenza.”

Incaricato di scrivere la biografia di un pittore giapponese affermato, il narratore trasferisce piano piano il proprio interesse sulla figura del falsario Hara Hosen, compagno di gioventù dell’artista, che nonostante le grandi potenzialità  iniziali aveva poi condotto una vita oscura e sfortunata. Hosen ha copiato alcune opere di Keigaku, vendendole come vere, ma il ritrovamento di un suo quadro originale rivela che era a sua volta un pittore formidabile. Che cosa lo ha spinto alla copia sistematica e ossessiva delle opere dell’amico?

Con il solito acume compassato, Inoue Yasushi imbastisce una storia all’apparenza scarna, che rivela tutta la sua profondità dispiegandosi in poche epifanie. La scrittura attenta, analitica e nonostante tutto aperta all’insondabile della psiche, rivela un’empatia in bilico tra razionalità e slancio onirico, in un universo pulsante fatto di desideri, sogni e speranze sempre nascosti, inconoscibili nella loro totalità. Ciò che interessa a Inoue non è tanto chiudere il cerchio, rassicurare sulla natura esplicabile di azioni e sentimenti, trovare una sorpresa sufficientemente intensa che spieghi in retrospettiva quanto narrato, ma sprofondare nel subbuglio emotivo dei suoi protagonisti.

Con uno stile particolare, pacato, apparentemente divagante, ma che sfocia in improvvise rivelazioni, Inoue ci avvicina con solidarietà  e compassione all’essere umano nel suo momento più amaro, della disillusione e della sconfitta.

 

Cartoline dalla fossa, Emir Suljagić, Beit 2010, 20.00 €, pp. 256, trad. Alice Parmeggianicartolinadallafossa

http://www.beitcasaeditrice.it/memoria.html

Emir Suljagić è uno dei (pochi) bosniaco musulmani sopravvissuti all’assedio e caduta di Srebrenica. Rifugiatosi nella cittadina della Bosnia orientale all’inizio della guerra, era diventato interprete dei caschi blu grazie al fatto di parlare inglese.

Su Srebrenica e sull’assedio, ha scritto pagine di grandissima umanità, tant’è che Cartolina della fossa non è attraversato da una scrittura furibonda. Emir non odia, non cerca vendetta, non insulta, non urla; il suo è il resoconto su come sopravvivere. “Ho notato che la fame aveva completamente alterato la mia personalità. Dal ragazzo, che prima della guerra era timido e riservato, ero diventato aggressivo e senza scrupoli. Questo mi ha spaventato, ma ho capito subito che si trattava di una mera questione di sopravvivenza”.

L’autore parla sì della ferocia dell’assedio, dei crimini commessi dall’esercito serbo bosniaco, del genocidio. Ma non tace i crimini commessi dai “suoi”, descrive lo sfruttamento, le malversazioni e la corruzione che regnavano in una città sottoposta all’arbitrio dei suoi capi militari e, soprattutto, racconta le angherie commesse dalle forze di pace, i caschi blu.

Alla fine della lettura si rende necessaria una pausa di riflessione su ciò che è accaduto a quelle migliaia di innocenti. Si guardano, con orrore, le immagini che chiudono il volume e che descrivono la realtà del massacro: sono un pugno nello stomaco. Non solo per il lettore, ma per tutti coloro che in quei tre anni hanno guardato Srebrenica e hanno voltato lo sguardo altrove.

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