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Le affinità elettive: consigli per lettori curiosi

I suggerimenti della redazione di Rebeccalibri

Falene, Eugenio Baroncelli, Sellerio 2012, 14.00 €, pp. 304

https://sellerio.it/it/catalogo/Falene-237-Vite-Quasi-Perfette/Baroncelli/5179

Le fulminanti biografie-in-una-pagina-sola (certe volte nemmeno quella) di personaggi noti, o meno ma sempre proverbiali, trovate da Baroncelli condividono una cifra comune. Non hanno nulla dei semplici e organizzati cataloghi di fatti e nemmeno sono esercizi di interpretazione o di critica. La tipicità è un’altra: si leggono come esempi o come svolgimenti a tema di massime appartenenti a una filosofia di vita (che verrebbe da dire vicina allo stoicismo). Si tratta quindi di biografie molto metafisiche e molto poco storiche.

Il tema di Falene, che funge da copione generale per 237 famose vite fallite attraverso i millenni, è nella frase: «Il solo stato di perfezione alla portata di un mortale è la morte». Di persone che hanno puntato vanamente a opere perfette, si mostra il vero coronamento della missione nella morte per lo più inusitata. Tanto che l’unico evento veramente razionale e coerentemente necessario di una vita sembra derivare dalla figura mitica del personaggio nel modo stesso in cui una conseguenza deriva da premesse logiche.

Baroncelli è suadente, e letto uno dei suoi schizzi viene voglia di passare all’altro abbandonandosi al loro essere allusivi, prestando pigro orecchio al ritmo che li governa che suona così vicino a quello che governò le sue» vite.

Questa raccolta di minibiografie è la terza dopo Libro di candele e Mosche d’inverno: di esse è piaciuto, come forse piacerà di questa, il capriccio che fa da presa alle diverse esistenze, il piccolo paradosso che stringe ciascuna e la sorpresa ironica che sanno suscitare. Quasi che la forma narrativa più adatta al dramma comico della vita sia quella più simile alle greguerías nello stile di Ramón Gómez de La Serna.

 

Disorientale, Négar Djavadi, edizioni e/o 2017, 17.50 €, pp. 336, trad. it. Alberto Bracci Testasecca

https://www.edizionieo.it/book/9788866328896/disorientale

«A Parigi mio padre, Darius Sadr, non prendeva mai la scala mobile. La prima volta che sono scesa con lui nella metropolitana, il 21 aprile 1981, gliene ho chiesto il motivo e mi ha risposto: «La scala mobile è per loro». Con “loro” intendeva evidentemente voi che in quel martedì mattina di aprile andavate al lavoro, voi cittadini di questo paese le cui tasse, i prelievi obbligatori e le imposte sugli immobili, ma anche l’istruzione, l’intransigenza, il senso critico, lo spirito di solidarietà, la fierezza, la cultura, il patriottismo, l’attaccamento alla Repubblica e la democrazia, avevano portato nei secoli a realizzare scale meccaniche installate vari metri sotto il livello del suolo. A dieci anni non ero consapevole di tutte queste nozioni, ma lo sguardo disarmato che era venuto a mio padre durante i mesi passati da solo in questa città, e che ancora non gli conoscevo, mi scosse talmente che ancora oggi penso a lui ogni volta che mi trovo davanti a una scala mobile. Sento il rumore dei suoi passi che salgono i gradini della scala normale. Vedo il suo corpo leggermente curvo in avanti per lo sforzo, ostinato, volitivo, determinato nel rifiuto di approfittare dell’effimera comodità dell’ascensione meccanica. Nella logica di Darius Sadr quel tipo di lussi andava meritato, altrimenti era un abuso, per non dire un furto. Il suo destino era scritto ormai nelle scale di questo mondo, nel tempo che scorre senza sorprese, nello sguardo indifferente dei passanti. Per capire la complessità del suo ragionamento bisogna entrare nella testa di mio padre, ma mio padre di quel tempo, Darius il Tumultuoso, Darius il Disincantato. Bisogna capire il percorso tortuoso e magistralmente assurdo del suo pensiero, e vedere sotto lo strato di sofferenza, oltre l’asprezza dell’insuccesso, le distese di delicatezza, eleganza, rispetto e ammirazione. Bisogna apprezzare la coerenza della sua decisione (non prendere la scala mobile) e l’abilità con cui, proprio lui che aveva passato la maggior parte della vita chino su una risma di carta, aveva concentrato in poche parole tutto ciò che era diventato e tutto ciò che voi rappresentavate. Ma, come sapete meglio di me, per pensare di entrare nella testa di un uomo bisogna innanzitutto conoscerlo, digerire le sue vite, le sue lotte, i suoi fantasmi, e credetemi, se comincio subito col giocarmi la carta “padre” non riuscirò più a raccontarvi quel che mi accingo a raccontarvi.»

In esilio a Parigi dall’età di dieci anni, Kimiâ, nata a Teheran, ha sempre cercato di tenere a distanza il suo paese, la sua cultura, la sua famiglia. Ma i jinn, i genii usciti dalla lampada (in questo caso il passato), la riacciuffano per far sfilare una strabiliante serie d’immagini di tre generazioni della sua storia familiare: le tribolazioni degli antenati, un decennio di rivoluzione politica, il passaggio burrascoso dell’adolescenza, la frenesia del rock, il sorriso malandrino di una bassista bionda…

Al suo romanzo d’esordio, Négar Djavadi dipinge un affresco fiammeggiante sulla memoria e l’identità; un romanzo sull’Iran di ieri e sull’Europa di oggi.

 

La ragazza con la Leica, Helena Janeczek, Guanda 2017, 18.00 €, pp. 320, illustrato

http://www.guanda.it/libri/helena-janeczek-la-ragazza-con-la-leica-9788823518353/

Helena Janeczek racconta la vita di una ragazza ribelle e seducente che si faceva chiamare Gerda Taro, il suo amore con Robert Capa, la scoperta della fotografia e del suo linguaggio sperimentale, la travolgente voglia di vivere e la sete di libertà e giustizia, sino alla morte sul fronte antifascista della guerra civile spagnola.

Una narrazione che svicola dall’ordine cronologico proprio del genere biografico: il flusso dei ricordi di tre amici di Gerda si intreccia e offre prospettive diverse e soggettive, mescolandosi con la riscoperta di fonti originali: il tutto si fonde in un romanzo storico anomalo e originalissimo. Ed è anche la biografia di una generazione di giovani che negli anni Trenta attraversano l’Europa, da Budapest a Lipsia, da Berlino sino a Parigi e alla Spagna in guerra civile. Giovani alle prese con il freddo, la fame e la crisi economica (vite sempre precarie si direbbe oggi), l’ascesa e il diffondersi del virus del nazismo in tutta l’Europa, il carcere per l’appartenenza rivoluzionaria, l’ostilità che la Francia, nonostante la vittoria del Front Populaire, riserva verso chi era rifugiato, ebreo e di sinistra, infine il coraggio coerente di non abbandonare il fronte con le Brigate Internazionali anche quando tutto appariva perduto. In tutto questo drammatico e documentato travaglio storico, Helena Janeczek ci squaderna anche la vita quotidiana, minuta, romanzesca di Gerda e dei suoi amici e ci regala il ritratto di una generazione che ha vissuto con entusiasmo la speranza fondata di poter cambiare il corso della storia.

«Particolarmente consigliato per i lettori che amano la storia della grande fotografia, ma anche per chi desidera conoscere dal vivo una donna unica del Novecento, che non ha esitato a perseguire i propri obiettivi e i propri ideali politici antifascisti e a testimoniare la storia, a qualunque costo».

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