Rebecca libri

Sull’editoria di poesia contemporanea

Un progetto che indaga le possibilità di ampliamento del pubblico della poesia contemporanea in Italia

L’intervista che segue è parte di un progetto di tesi di laurea magistrale dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, nel quale si indagano le possibilità di ampliamento del pubblico della poesia contemporanea in Italia. Il campione dei professionisti intervistati è stato scelto di modo da coprire l’intera filiera culturale – da chi crea il testo, a chi lo produce e lo diffonde, per quanto a volte queste categorie vengano a coincidere. In ognuno di questi tre settori sono state ascoltate voci afferenti i diversi ambiti della cultura: di nicchia, medio e di massa. Le interviste sono state tutte effettuate di persona dall’autrice, Francesca Sante, che ha scelto di ridurre al minimo il suo intervento sui testi. I refusi tipici del parlato degli intervistati (anacoluti, ripetizioni, intercalari, omeoteleuti) sono da ritenersi intenzionali. Quella che segue è l’intervista realizzata con Guido Marzaioli di Benway.

Che cosa è Benway?

Benway è un’esperienza che nasce da EX.IT. Io, Mariangela, Michele e Marco Giovenale (gli stessi curatori di EX.IT) abbiamo creato questo festival che aveva lo scopo di dare atto di cosa stava succedendo in un particolare ambito di scritture, che per comodità viene detta di ricerca – definizione che a me non è mai piaciuta – ma diciamo di ricerca, fuori contesto, difficilmente collocabile. E lo scopo era proprio di vedere cosa si stava facendo in Italia, più ascoltare referenti di alcune culture straniere, in particolare americana e francese. Abbiamo fatto una prima edizione, da cui è venuta fuori un’antologia. La cosa ha portato abbastanza movimento, perché fino a quel momento questo tipo di scrittura e di area era abbastanza frastagliata. Ma allo stesso tempo si è creato una sorta di disguido sul fatto che questa fosse un’area organizzata – che non era il nostro intento. Ad un certo punto c’è stata la corsa ad Albinea, perché pareva che Albinea fosse chissà che e pareva che poi noi quattro fossimo gli alfieri della ricerca e che ce la tiravamo. In realtà l’intento era quello di monitorare, di fare atto e di confrontarci, senza creare nessun tipo di dogma. Ci sono state altre due edizioni: una di riscontro critico su questi materiali e l’ultima performativa. In teoria è sempre aperto il progetto, ma non abbiamo più la forza di organizzare nulla. Dopo la prima edizione è venuta fuori l’idea di Benway: perché ad un certo punto l’idea è stata di proseguire un altro tipo di progetto, ovvero… cosa si può dire? Benway non è un progetto editoriale; è un progetto culturale che poi si reifica sotto forma di libri.

Da dove arriva l’esigenza di riunirsi? Come ve ne siete accorti?

Noi avevamo e abbiamo tutti una possibilità e un percorso editoriale proprio. A un certo punto abbiamo sentito il bisogno che si verificassero due cose: 1) che i libri fossero pubblicati nel rispetto di tutta una serie di valori (uno era il libro come oggetto: i libri Benway sono costituiti da carta riciclata di un certo tipo, sono costituiti in un certo modo, c’è una cura editoriale particolare su ciascun libro, Michele si occupa di impaginare, Mariangela è stata, è artista, quindi ha una certa cura da questo punto di vista). Quindi una delle motivazioni era “Come vorremmo che fossero fatti i libri? Bene, facciamoli”. 2) Che i nostri stessi libri fossero fatti in un certo modo: quindi “come vorremmo fossero fatti anche i nostri libri”. Da questo punto di vista stiamo sfruttando il precedente storico, americano, della New Objectivist Press. Ci siamo auto pubblicati nell’ambito di questa collana perché, tra le altre cose, uno dei tabù che può assolutamente cadere –  così come non c’è più un tipo di considerazione comune rispetto alla poesia (i critici non sono più nelle case editrici) – è il falso tabù dell’autopubblicazione. Anzi, ne parlavo con Antonio Loreto che mi diceva che pubblicarsi all’interno del progetto editoriale che si cura ha una valenza critico-culturale, per denunciare che magari certi tipi di libri non potrebbero trovare una collocazione altrove. Se hai letto il mio, vedi: chi spende dei soldi per un progetto di quel tipo? In cui hai quel tipo di impostazione abbastanza invendibile?

Continua a leggere su minima et moralia:

Sull’editoria di poesia contemporanea – #5: Guido Mazzoni

Sull’editoria di poesia contemporanea – #4: Franco Buffoni

Sull’editoria di poesia contemporanea – #3: Franco Arminio

Sull’editoria di poesia contemporanea – #2: Alessandro Burbank

Sull’editoria di poesia contemporanea – #1: Benway Edizioni

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