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Vinicio Sparafuoco detto Toccacielo (Vincenzo Gambardella, Ad Est dell’Equatore 2014)

Un consiglio di lettura al giorno dalla nostra rubrica "Affinità elettive"

“Ve lo dico io chi era Vinicio Pierro, ’o sparafuoco, Toccacielo, quello che con un cartoccio, uno spago e della polvere nera ti faceva una stella colorata, buona per comparire davanti a nu re o nu santo, e con la carta che gli era rimasta la firmava pure quella bomba, caricata a una o due manciate di polvere, e dentro ci metteva il nitro, il clorato, il potassio, per fare il bianco, il celeste e il viola.”

Così esordisce Vincenzo Gambardella (Napoli 1955) nel raccontare la storia di un gruppo di fuochisti (“equilibristi dei fuochi d’artificio”) che si forma attorno a Vinicio Perro, e che comprende don Blandino (uno che si è inventato “nu pupazzo meccanico che rappresenta Gesù sulla croce che spara fuochi, e quando si distrugge risorge”), il suo chierichetto e Michele. Insieme a questa allegra brigata, andremo dal golfo di Pozzuoli in Lombardia e poi fino all’algida Germania, per tornare infine a Sud, in Costiera amalfitana.

Alternando il visionario al drammatico, il realistico al picaresco, Gambardella ha scritto una storia di personalità ricorrendo a un linguaggio denso e impreziosito da rare gemme dialettali. Densi sono anche i personaggi, attraversati da un calore palpabile grazie al quale riescono ad affrontare la vita travolgendola nell’impeto di un fuoco d’artificio, una forza naturale che viene dalla terra e si trasfigura in cielo, quasi come una lettera d’amore mandata a Dio e all’umanità.

 

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