Rebecca libri

Fidati della vita! (Anselm Grun, EMP – Edizioni Messaggero Padova, 2025)

di Anselm Grun

1. Trovare fiducia nella vita

Stiamo vivendo un tempo di insicurezza e di an-goscia a causa delle notizie che ogni giorno ci som-mergono, generando paura di guerre, di esodi umani forzati, di povertà, di catastrofi, preoccupazione per il nostro futuro e per quello del nostro mondo. A volte siamo come sopraffatti dalle preoccupazioni e non sappiamo più come affrontarle, come continuare a gestire la nostra vita in maniera tale che abbia un senso. E così, a causa di tutto questo, rischiamo di perdere persino la voglia di vivere.

I sondaggi d’opinione condotti dagli istituti di ricerca e dalle testate giornalistiche ci mostrano quanto sia crollata la fiducia delle persone nel futu-ro. Sono in molti a ritenere che la pandemia abbia ridotto il livello di fiducia nella propria salute e abbia incupito le previsioni sul futuro. Il cambiamento climatico spaventa molte persone, facendo perdere fiducia nella terra e nella sua fecondità. Lo scoppio della guerra in Ucraina ha scosso profondamente la nostra fiducia in un mondo pacifico. Sentiamo dolorosamente di dipendere da fattori esterni che non riusciamo a controllare. Una catastrofe o una guerra possono irrompere su di noi dall’esterno e farci sentire impotenti, paralizzandoci e privandoci della gioia di vivere. Sappiamo quanto l’autodeter-minazione sia una condizione di base importante per una vita soddisfacente. Tuttavia, sentiamo di avere un controllo sempre meno reale sulla nostra vita.

In questo libro vorrei cambiare la prospettiva e guardare non a ciò che appare difficile e forse irrisol-vibile, ma alle risorse che abbiamo a disposizione e che potrebbero riportarci a una condizione di equilibrio. Perché tutti abbiamo sperimentato e vissuto momenti difficili e li abbiamo superati. Ognuno di noi ha punti di forza e capacità che rendono possibile cambiare le cose in meglio. Bisogna solo riscoprirle ogni volta di nuovo. Questo cambiamento di prospettiva implica di guardare non solo a tutto ciò che va male o che non funziona, ma anche di potersi concentrare su ciò che di buono sta già accadendo e sui segnali di quel cambiamento positivo che è già in corso in un mondo dove ci sono anche belle notizie da annunciare.

C’è un esempio che ci dimostra come un cambio di prospettiva possa riuscire anche in tempi difficili: è quello dello schiavo romano Publilio Siro. Questi proveniva dalla Siria e fu deportato a Roma come schiavo nel I secolo a.C. Grazie alla sua intelligen-za e arguzia, venne liberato e continuò a scrivere numerose commedie teatrali. Particolarmente noti divennero i suoi brevi aforismi, che trovarono po-sto nelle scuole di formazione umanistica. Le sue massime menzionano ripetutamente la fiducia, come per esempio questa: «Chi perde la fiducia, non può perdere nulla di più».

Nella sua esperienza di schiavitù, Publilio Siro ha evidentemente imparato che colui che perde la fi-ducia in se stesso e nella vita non ha più nulla a cui aggrapparsi. In definitiva, è come aver rinunciato a se stessi. E solo chi non rinuncia alla fiducia è in grado di trovarla nelle persone e, quindi, di liberarsi dalla propria situazione. Quest’esperienza viene espres-sa anche in altri due detti che ruotano attorno alla fiducia: «A chi perde la fiducia, cos’altro può ancora servire?». E ancora: «La fiducia di solito se ne va per sempre una volta che ti ha lasciato».

Attraverso i suoi aforismi Publilio Siro dà voce alla propria esperienza. Essendo schiavo, non avrebbe avuto alcuna possibilità di fare qualcosa nella sua vita se non avesse mantenuto la fiducia nelle proprie capacità. Ma gli aforismi, da soli, non ci indicano ancora come trovare questa fiducia. Descrivono solo quanto sia importante non rinunciarvi. Solo se leg-giamo le parole di Publilio Siro sullo sfondo della sua vita possiamo riconoscere una via per mantenere la fiducia, anche quando la situazione esterna sembra essere senza speranza.

A Roma uno schiavo non aveva alcun diritto ed era totalmente alla mercé del proprio padrone. Il destino di questo schiavo romano che ha ottenuto la libertà ci dimostra quanto sia importante mante-nere la fiducia anche quando la situazione esteriore è così opprimente da lasciare ben poche speranze di cambiamento. Ognuno di noi si è fatto un’idea di cosa significhi riuscire a fidarsi e in ciascuno c’è la capacità di farlo. Questa capacità, però, è spesso messa in secondo piano da altre esperienze e sen-timenti. Ecco allora che guardare a questo schiavo che non si è arreso diventa un invito anche per noi a guardarci dentro e a scoprire le fondamenta su cui possiamo costruire la nostra fiducia.

Publilio Siro fonda la fiducia in modo puramente filosofico, mentre noi cristiani la giustifichiamo teo-logicamente. Per noi è Dio la ragione della nostra fiducia. Tuttavia, essa non sempre si rivolge a Dio come a un Tu, come a quel padre o a quella madre in cui confidiamo. In questo ambito, parliamo anche di una fiducia incondizionata che noi cristiani chia-miamo fede. Si esprime come una fiducia globale nella vita. Senza di essa non potremmo nemmeno uscire in strada, perché potrebbe comunque sempre capitarci qualcosa. Non appena usciamo di casa non abbiamo più la situazione sotto controllo. Ma anche in casa potremmo scivolare e inciampare, romperci una gamba o il collo. Quando ci concentriamo ansio-samente su tutte le possibilità negative che potrebbe-ro concretizzarsi, ci complichiamo la vita. Per questo abbiamo bisogno di una fiducia di base per la vita di tutti i giorni, senza la quale non potremmo farcela. Questa fondamentale fiducia generale ci rimanda infine a Dio come suo fondamento. Relativamente a questa fiducia di base, il teologo Gerd Theissen afferma che, in ultima analisi, essa ha il suo fonda-mento in Dio:

Nelle crisi, la fiducia religiosa ha lo stesso effetto della fiducia in se stessi, solo che in esse l’uomo cerca un sostegno incondizionato fuori di sé. La fiducia in tutte le sue forme è in ogni caso uno dei fondamenti della religione, a condizione che la fiducia non sia rivolta solo verso questo o quell’oggetto nel mondo, ma a tutta la realtà (THEISSEN, p. 12).

Tuttavia la fiducia nella vita non si basa solo sulla nostra fiducia in Dio, ma anche sulle esperienze che 
abbiamo fatto da bambini. Ci sono due tipi di fiducia: quella che deriva dal sentirci accolti in questo mon-do e quella che deriva dall’essere sostenuti e amati. Potremmo definire il primo tipo “fiducia materna”. La madre trasmette al bambino la fiducia origina-ria di sentirsi considerato, mentre il padre un altro tipo di fiducia, ossia quella che consente il rischio di uscire nel mondo e di esplorarlo. Naturalmente, molte madri hanno anche tratti paterni e molti padri hanno anche tratti materni. Ma fondamentalmente possiamo parlare di energia materna e paterna, en-trambe necessarie affinché impariamo a fidarci: nel mondo in cui sentirci al sicuro e in quello da esplorare e plasmare.

C’è un esempio, tratto dai tempi moderni, che ci mostra come possiamo ancora oggi imparare ad avere fiducia. Albert Schweitzer, teologo protestan-te e organista di talento, voleva aiutare le persone che vivevano dimenticate ai margini della società e di cui nessuno voleva occuparsi. Così si recò in Gabon, nell’Africa centrale, e vi fondò un ospedale a Lambaréné. Schweitzer parlava di «rispetto per la vita». Tutta la sua filosofia si basa su una profonda accettazione del mondo. Fu lui a pronunicare la frase: «Preservare la vita è l’unica felicità». Il rispetto per la vita porta anche alla fiducia nella vita. Schweitzer parte dal presupposto che dobbiamo mostrare ri-spetto per ogni forma di vita, comprese le piante e gli animali, il che significa affermare la vita in tutte le sue sfaccettature. La nostra esistenza umana è «vita che vuole vivere in mezzo ad altre vite che vogliono vivere». La visione positiva di Schweitzer sull’umanità potrebbe rafforzare la nostra fiducia nelle forze della natura, soprattutto oggi di fronte alla catastrofe ecologica, ma anche quella in noi stessi, nella vita che Dio ci ha dato. Lo psichiatra americano George Eman Vaillant definisce il rispetto «la più spirituale di tutte le emozioni positive» (BUCHER, p. 115). Esso crea una connessione con qualcosa di più grande del quotidiano, nel quale invece spesso ci perdiamo, e promuove la fiducia nelle persone e un atteggiamen-to socievole nei loro confronti.

In questo libro vorrei allora indicare i diversi modi in cui possiamo acquisire fiducia nella vita nono-stante tutte le crisi e i pericoli che ci sono. Non mi interessano le grandi soluzioni, ma i piccoli passi che possiamo compiere per organizzare la nostra vita in modo da poter vivere con fiducia in questo mondo vulnerabile e insicuro.

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