Rebecca libri

I libri per ragazzi in versione disinfettata

di Lara Crinò
Fonte: «il venerdì» di «la Repubblica», 9 marzo 2018

Una copertina con il disegno di una piccola infagottata in abiti scuri e un titolo inequivocabile: Refugiada. Un pop-up sulla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Un albo firmato da Dave Eggers, Her Right Foot, sulla Statua della libertà come simbolo dell’America multirazziale. E un diluvio di biografie femminili, altro che Storie della buonanotte per bambine ribelli. Prima della Children’s Book Fair, la più importante fiera internazionale dell’editoria per l’infanzia, gli editori di tutto il mondo hanno inviato alla selezione dei Bologna Ragazzi Award i loro titoli di punta. E a sfogliare i libri esaminati quest’anno dalla giuria la tendenza è chiara: accanto alle favole e alle opere divulgative, le case editrici di Europa e Stati Uniti puntano sulla realtà.

Raccontare i mutamenti sociali è diventato un imperativo morale ma anche il modo per intercettare il desiderio adulto di spiegare la complessità ai piccoli, trasformandolo in copie vendute. Come farlo, però, è questione tutt’altro che pacifica. Anzi, muove un bel dibattito al di qua e al di là dell’oceano. Di una letteratura infantile che tenga conto del punto di vista delle minoranze etniche o religiose, dei differenti orientamenti sessuali, della disabilità, in realtà si discetta da tempo. Digitando su Google «diverse books» si scopre quanti blog e gruppi di lettura siano nati per promuoverla. E del resto l’afroamericana Angie Thomas, autrice del best seller The Hate U Give, spiega che da bambina il suo modello era Oprah Winfrey: a Jackson, Mississippi, libri con piccoli eroi neri semplicemente non ce n’erano. La vera novità è che, per non rischiare, ora i grandi editori americani come Scholastic e HarperCollins si affidano, oltre che ai tradizionali lettori che selezionano i manoscritti per la pubblicazione, a sensitivity reader che garantiscano che ciò che arriva in libreria non offenda nessuno, non trasmetta stereotipi razziali o di genere e sia insomma politically correct. Come ha pragmaticamente spiegato il vicepresidente di Scholastic, David Levithan, a «The New York Times»: «Quando un autore scrive di ciò che è al di fuori della sua esperienza, vogliamo essere sicuri che abbia fatto i compiti».

Negli Usa qualche levata di scudi contro il pericolo che ciò porti a «disinfettare» la letteratura c’è stata. «Smetteremo di leggere Otello perché Shakespeare non era nero?» si è chiesta Francine Prose su «The New York Review of Books». Ma sono soprattutto europei e italiani ad avere perplessità. La spagnola Estrella Borrego, a capo dei Libros del Zorro Rojo, è tranchant: «Censurare i libri è vacuo e ingenuo. La letteratura infantile non è esistita in quanto tale fino al Diciannovesimo secolo: i bambini si sono appropriati di storie che non erano state scritte per loro, o che non erano ritenute adatte come Pippi Calzelunghe». La pensa così anche Céline Ottenwaelter di Seuil Jeunesse: «Non commissioniamo testi in funzione dell’attualità, non facciamo proselitismo o militanza. A conquistarci è la forza della proposta artistica».

E da noi in Italia qual è l’opinione prevalente? Giorgia Grilli, che insegna letteratura per l’infanzia all’università, non ha dubbi: «Per piacere a un bambino una storia dev’essere evocativa e poetica, non può avere un messaggio esplicito o retorico. Vogliamo educare i piccoli a diventare lettori appassionati o usare le parole come medicine? Per questo credo che classici e fiabe non vadano epurati. La stratificazione semantica è profonda, gli stereotipi apparenti». Mentre Grazia Gotti, fondatrice della libreria Giannino Stoppani di Bologna, mette in guardia dal marketing editoriale: «Mi spaventa la revisione a monte di ciò che non fa parte dell’esperienza diretta dell’autore. Il racconto deve rimanere libero, non essere scritto per intercettare una tendenza». Di un mercato polarizzato sui filoni di moda parla anche Beatrice Masini, alla guida di Bompiani: «Non mi sono mai affidata a “lettori sensibili” ma mi aspetto che chi scrive, soprattutto non fiction, si documenti in modo approfondito. E mi fido della sensibilità dell’editor». Giordano Aterini, che editor lo è per Rizzoli, trova interessante quando la diversità è un elemento che innova il genere, ad esempio il fantasy: «Romanzi come Half Bad di Sally Green, dove il protagonista è gay, o Children of Blood and Bone di Tomi Adeyemi, in cui è nero». E per Marta Mazza di Mondadori sono importanti le storie che diventano specchio in cui riconoscersi, al di là delle differenze. Come Prestami le ali. Storia di Clara la Rinoceronte, esordio nella scrittura per l’infanzia dell’italosomala Igiaba Scego, parabola lieve sulla diversità e la libertà: si ispira alla storia vera di un rinoceronte che nel Settecento fu trascinato per tutta Europa come fenomeno da baraccone. «La nostra editoria è pronta per storie meticce e nuove» ci dice Igiaba. Il segreto è uno: «Ascoltare i bambini, come ho fatto io, e quasi scrivere insieme a loro. Solo così si trova il tono giusto».

Fonte: «il venerdì» di «la Repubblica», 9 marzo 2018
Il Pensare i/n Libri raccoglie testi di natura letteraria a scopi culturali e senza fine di lucro. La proprietà intellettuale è riconducibile all'autore specificato in testa alla pagina, immediatamente sotto il titolo, e in calce all'articolo insieme alla fonte di provenienza e alla data originaria di pubblicazione.
Le immagini che corredano gli articoli del Pensare i/n Libri sono immagini già pubblicate su internet. Qualora si riscontrasse l'utilizzo di immagini protette da copyright o aventi diritti di proprietà vi invitiamo a comunicarlo a info@rebeccalibri.it, provvederemo immediatamente alla rimozione.
Prossimi eventi
Newsletter
Iscriviti alla nostra newsletter
Accesso utente