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La rosa bianca di Sophie (Giuseppe Assandri, San Paolo, 2020)

di Giuseppe Assandri

Capitolo 1

IL TRENO PER MONACO

Il treno si sta avvicinando lentamente alla stazione centrale di Monaco di Baviera. Dai finestrini scorrono staccionate e magazzini e, più lontano, una fila di case popolari. Sui muri di mattoni scuri, croci uncinate e scritte inneggianti al Führer. Per un attimo, dal finestrino si scorgono gli alberi di tiglio che costeggiano le rive del fiume Isar. È arrivata presto la primavera quest’anno e l’aria è davvero tiepida, per i primi di maggio.
Una giovane donna è affacciata al finestrino. Ha un viso delicato e ancora un po’ infantile, per la sua età. I capelli bruni, lunghi e lisci, con la riga a destra. Appuntata sulla tempia, porta una margherita gialla raccolta in giardino prima di partire. Indossa un soprabito, una gonna a pieghe e un maglione rosa. I grandi occhi scuri si guardano intorno, seri e curiosi. Non vede l’ora di arrivare.
Tra pochi giorni festeggerà il suo ventunesimo compleanno. Ha atteso a lungo questo momento, che sembrava non arrivare mai, dopo tanti rinvii e fatiche.
Ora finalmente il suo sogno sta per avverarsi: frequentare l’università a Monaco. È stata ammessa al corso di laurea in biologia e filosofia, nel semestre estivo. Ma c’è un motivo in più che la rende felice. Ritrovare Hans, suo fratello maggiore. Con lui potrà cominciare una nuova vita, libera e piena di attrattive. Anche se c’è la guerra (sono quasi tre anni, ormai) Monaco con i suoi viali, le chiese, i negozi illuminati e i giardini è ancora una città affascinante e vivace. E poi ci sono teatri, sale da concerto e locali per studenti in cui bere una birra o un bicchiere di vino.
Ora il treno si è fermato, sbuffando, con gran stridore di freni. Lei afferra la maniglia della valigia e si mette in spalla lo zaino, pieno di cose buone portate da casa. Ecco, ha visto Hans che la saluta con la mano e le va incontro. Il cuore le batte forte mentre l’abbraccia, di slancio. Accanto a lui c’è un giovane, che non conosce.
«Ben arrivata! Ti presento il mio amico Alexander Schmorell» dice Hans, con un largo sorriso.
«Benvenuta a Monaco, Sophie».
«Piacere di conoscerti, Alexander».
«Ma fai attenzione, Alex è russo!»
Sophie sgrana gli occhi.
«Mia madre era russa» spiega Alex, «ma vivo a Monaco dall’età di quattro anni. Io e Hans siamo commilitoni, colleghi all’università e in ospedale».
«Presto conoscerai gli altri amici, Sophie. E, fra pochi giorni, festeggeremo il tuo compleanno».
Gli occhi di Sophie brillano per la trepidazione ma anche per la tensione accumulata, che ora si scioglie. Hans le ha preso la valigia. Cammina alto e sicuro di sé e si fa strada tra la gente che affolla l’atrio della stazione, con il soffitto ad arcate. Persone dall’aria frettolosa e dimessa, famiglie con bambini e pesanti valigie, uomini in uniforme. Soldati in divisa grigia e membri dei tanti corpi di polizia che sorvegliano la stazione e chiedono i documenti con piglio deciso e un tono secco e sbrigativo.
Sophie si guarda intorno trasognata, quasi non le sembra vero di essere lì.
«Come sta papà?»
«Meglio, Hans, grazie a Dio. Ma sappiamo che la nostra famiglia è sempre sotto sorveglianza. La Gestapo non dimentica».
Un’ombra passa sul viso di Sophie, mentre incrocia lo sguardo di Alex.
«Stai tranquilla, Sophie. Ti puoi fidare di Alex… e parlare liberamente».
Giunti alla fermata del tram, i due fratelli salutano l’amico, con la promessa di rivedersi presto. Camminano ancora per le strade, affollate di gente, non manca molto.
Ecco, è qui che abita Hans. Per la prima notte, Sophie potrà dormire sul divano. L’indomani, il fratello l’accompagnerà nell’alloggio che le ha trovato, almeno per i primi tempi. Le racconta del Giardino Inglese, il parco più bello della città non è lontano da lì.
«Ci andremo domani. O magari già stasera, se non sei troppo stanca».
«Stanca, io? No, no! Sono così felice di essere qui! E tu mi farai da guida, vero?»
«Sì, certo, ci sono tante cose da scoprire e cominceremo subito».
La stanza di Hans appare piuttosto disordinata. In giro, ci sono libri e spartiti musicali, ma anche bicchieri non lavati e una scatola di dolcetti al marzapane, vuota.
«Nella credenza ci sono due panini al sesamo, comprati dal fornaio all’angolo. E un avanzo di torta di cipolle».
«Va benissimo, Hans, grazie. C’è del caffè? Lo preparo io, se vuoi».
Sophie, mentre sistema le sue cose e sorseggia il caffè caldo, aggiorna il fratello sulla situazione. Gli racconta di Werner, il fratello più giovane ma già arruolato, delle preoccupazioni per la salute della mamma e soprattutto per la sorte del padre.
Hans annuisce, serio. Ma poi le mette una mano sulla spalla e sorride.
«Tranquilla, Sophie, andrà tutto bene, vedrai. Non c’è motivo di preoccuparsi troppo. E anche se siamo in guerra, non devi aver paura, i nazisti hanno altro a cui pensare».
«Tu credi, Hans?»
«Ma certo, ora sei qui. Per studiare, ma non solo. Ci sarà tempo anche per divertirsi. E stare con gli amici».

La sera, per il benvenuto improvvisato a Sophie, la stanza si anima di voci. Con Hans e Alex, ci sono Christoph, Traute e altri amici. La torta che ha portato da Ulm (la specialità della mamma, fatta con le mele del contadino), piace a tutti. Sophie non sta più nella pelle, riempie i bicchieri, stringe mani, sorridente, ascolta e fa domande. Qualcuno ha l’idea di leggere delle poesie. Bisogna indovinare l’autore, facendo a gara. Non è facile, ma chi ci riesce è accolto da un applauso. Intorno, c’è un po’ di allegra confusione, con scoppi di risa e battute spiritose.
Sophie si ricorda della bottiglia di vino che la sorella maggiore Inge le ha messo in valigia, salutandola sulla porta di casa.
«Perché non andiamo a metterla in fresco al Giardino Inglese? Guardate che luna magnifica è spuntata!»
La proposta di Hans è accolta con entusiasmo. La bottiglia, legata a una cordicella, viene immersa nell’acqua fredda del ruscello. Alex ha portato con sé la balalaika e Hans la chitarra. Quando qualcuno intona la canzone della Hitlerjugend che parla della vittoria finale, si sentono risa e grida di scherno e inviti beffardi a dedicarla al Führer.
«Noi siamo qui a brindare e ridere, mentre lo Stato manda ogni giorno tanti giovani come noi a morire al fronte».
«Hai ragione, Alex» dice Christoph.
«Bisognerebbe fare qualcosa, prima o poi» aggiunge Hans.
La voce di Hans è coperta dalla balalaika di Alex che invita a qualche passo di danza, sull’erba. Sophie si toglie le scarpe. Anche Traute fa la stessa cosa, ridendo. C’è chi vorrebbe bere ancora, ma la bottiglia è ormai vuota.
A un tratto qualcuno pronuncia la parola “resistenza”, ma quando Sophie, prima di addormentarsi ripensa a quella giornata, non ricorda più chi sia stato.

La rosa bianca di Sophie | Giuseppe Assandri | San Paolo | 2020 | 15€

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