Rebecca libri

Un neoumanesimo cinese conquisterà il mondo

di Severino Cagnin

Un nuovo cammino politico
a 60 anni dalla Revolucion

a Mo Yan il Premio Nobel per la Letteratura 2012
Scrittore complesso e avvincente : ricerca delle radici di un popolo, realismo allucinatorio da Sorgo rosso a L’uomo che allevava i gatti, a Il supplizio del legno di sandalo, all’avventura tragicomica di mezzo secolo Le sei reincarnazioni di Ximen Nao, a Cambiamenti del 2011.

11 ottobre 2012 a sorpresa il Nobel per la letteratura viene assegnato a Mo Yan, cinese di 57 anni, con la motivazione che lo scrittore “forgia racconti popolari di storia e contemporanei”. Era arrivato alla fama internazionale nel 1988 con Sorgo rosso, ambientato nella Cina rurale degli anni 30 e viene conosciuto nel mondo, grazie al successo della versione cinematografica del regista Zhang Yimou, protagonista femminile Gong Li, premiata con l’Orso d’Oro al Festival Internazionale di Berlino 1988, alla cui sceneggiatura collabora anche lo scrittore.
Si scopre ora con l’assegnazione del Nobel che Sorgo rosso, un capolavoro della letteratura cinese contemporanea, è il punto di partenza del giovane scrittore di 28 anni, ma con i suoi sette romanzi e raccolte di racconti, ha maturato successive convinzioni e linguaggi personali imprevisti.

Da Sorgo rosso al Nobel
Sorgo rosso, nelle avventure e negli amori del bandito Yu Zhan’ao, presenta l’affresco di un intero popolo: un Paese dalle campagne brulicanti di anime sperdute – contadini, soldati, monaci buddisti, maghi taoisti – in cui “ il vento maschio spazza una terra femmina” e il sangue versato è “morbido e liscio come piume d’uccelli”.
La storia epica e grandiosa viene ambientata nello Shalong, regione natale dello scrittore, nota per i suoi sconfinati aridi campi di sorgo rosso, il cibo dei poveri, “che in autunno scintillano come un mare di sangue”.
«Sorgo rosso è il grande armadio della nostra infanzia. È lì che troviamo tutte le parole e i giochi e le cose spaventose della vita», scrive Acheng.
Il racconto inizia con ricordi d’infanzia, persone conosciute, paesaggi e visioni della puerile fantasia, certezze e dubbi, incubo della morte e giorni di festa, come quella di Metà autunno, in cui secondo la tradizione tutti andavano all’aperto ad ammirare la luna e mangiavano dolci a forma di luna. “Era l’anno 1939, il nono giorno dell’ottavo mese del calendario lunare, quando arrivarono i nemici giapponesi, che uccidevano con un colpo di pistola alla testa i capifamiglia cinesi”. Da violenza nasce violenza e la Cina di Mo Yan divenne un lago di sangue.
Alla fine di flash autobiografici ritornano intrecciate le suggestioni sviluppate nelle cinque sezioni, dal titolo: Libro primo, Sorgo rosso – Libro secondo, Vino di sorgo – Libro terzo, Le vie dei cani – Libro quarto, Il funerale del sorgo – Libro quinto, Pelli di cane.
Scrive a 28 anni che il sorgo, che cresce intorno alla tomba della seconda nonna, è una specie prodotta dall’innesto con piante dell’isola di Hainan. “Il sorgo rosso come un mare di sangue, da me tante volte cantato, è stato sommerso dall’onda rivoluzionaria, non esiste più, lo ha rimpiazzato questo ibrido dai fusti bassi e tozzi, dal fogliame fitto e coperto di polvere bianca, le cime lunghe come code di cani…Ha un sapore allappante e amaro e provoca la costipazione, fa venire a tutti il viso di colore ruggine. Odio il sorgo ibrido”.

Alla fine della tragica rievocazione, lo scrittore comunica anche a noi la strada che gli spettri della sua famiglia gli indicano per uscire da questo labirinto di morte: “Misero fratello, fragile, sospettoso, ostinato ragazzo dell’anima, stregato da vino avvelenato, immergiti nel fiume Moshui per tre giorni e per tre notti, purifica il tuo corpo e il tuo animo e potrai tornare nel tuo mondo”. L’invito ne spiega il motivo: a sud del monte Haima, a nord del fiume Moshui cresce ancora un fusto di sorgo rosso puro. Lo si deve cercare a ogni costo e tenerlo alto quando si corre verso il mondo sognato, anche se invaso da rovi e percorso da tigri e lupi, perché è il talismano della felicità.

All’inizio l’esergo di Mo Yan: “Con questo libro invoco rispettosamente gli spiriti eroici e oltraggiati che vagano negli sconfinati campi di sorgo rosso del mio paese natale. Sono un vostro indegno discendente, pronto a cavarmi il cuore, a marinarlo in salsa di soia e a deporlo in un campo di sorgo, dopo averlo tagliato a pezzi e diviso in tre tazze. Mi inchino offrendovelo in sacrificio”.
Un’avventura di mezzo secolo
Nei cinquanta anni che trascorre sulla terra, reincarnandosi di volta in volta in asino, toro, maiale, cane, scimmia e infine di nuovo in essere umano, il proprietario terriero Ximen Nao viene coinvolto nelle vicende più drammatiche della Cina moderna: dalla riforma agraria al Grande Balzo in Avanti, dalle Comuni alla Rivoluzione Culturale fino alla morte di Mao Zedong e alle innovazioni del recente passato.
“Condannato a crudeli torture denuncio alla corte di Re Yama il torto subito. Vittima dell’inganno, mi reincarno in un asino dalle zampe bianche come la neve” inizia così la confessione – creazione fantastica – drammi personali e sociali – del piantagrane Ximen Nao.
Nell’arco di tempo di mezzo secolo, dal primo gennaio del 1950 al 31 dicembre del 2000, lo scrittore, identificandosi con il protagonista Ximen Nao si libererà di ogni rancore e diverrà partecipe degli eventi piccoli e grandi, che hanno contribuito a trasformare la Cina. Nella notte del nuovo millennio verrà al mondo un bambino di nome Lan Qiansui, ossia Lan Mille anni, sarà lui che ha un “corpo piccolo e magro e la testa insolitamente grande, una memoria eccellente e una parlantina sciolta” a iniziare, il giorno del suo quinto compleanno, il racconto della propria storia: lo scrittore da Mo Yan – l’uomo che non parla attraverso Ximen Nao – il piantagrane diviene Lian Quiansui – Lan Mille Anni, che parla con coraggio e senza pericoli.
Citazione di Budda apre Le sei reincarnazioni di Ximen Nao di Mo Yan : “La fatica di vivere nasce dall’avidità e dal desiderio. La rinuncia e la non-azione pacificano l’anima e il corpo”.

Mo Yan uomo contraddittorio?
Esperienze e pagine del Nobel cinese lasciano perplessi perché sembrano contraddittorie. Solamente le loro conoscenza e comprensione ce ne rivelano il segreto. Lo afferma l’Accademia di Svezia il 12 ottobre 2012 “per essere autore di Sorgo rosso, Grande seno fianchi larghi, Ravanello trasparente il suo realismo allucinatorio mescola racconti popolari, storia e contemporaneità”.
La sentenza ha sorpreso molti, ma nei giorni seguenti, con l’aumento delle informazioni, lo scrittore viene sempre più compreso, fino a Cambiamenti, diario autobiografico, edito nel 2011.
57 anni, è nato nella zona rurale dello Xhandong, nel nordest della Cina, nota per le enormi aride distese di sorgo rosso, il cibo dei poveri. Nei suoi libri fa trapelare tutte le contraddizioni del Paese, lanciato nel ruolo di nuova superpotenza mondiale e nuovo antagonista degli Usa, ma ancora ingabbiata in un sistema autoritario e anacronistico. Emblematico in questo senso Rane, nel quale mette sotto accusa la politica del figlio unico, in vigore da oltre trenta anni.

Forse ha ragione Claudio Magris: “Mo Yan è uno dei più grandi scrittori contemporanei, capace di assolvere con assoluta originalità al compito del narratore, che è quello di raccontare vicende individuali in cui prende volto la storia universale”.
Attendiamo la prossima opera del Nobel con un balzo oltre la Cina, i suoi cani e gatti, il sorgo e il colore rosso, notando come mi informa la sinologa Cristina Ferraro che cane indica persona stupida, oggetto frivolo e frutto del capitalismo, vietati da Mao, e sorgo rosso è un cereale coltivato da millenni, termine che fa riferimento alla figura del povero contadino, onesto, ma pedante, che non si adatta ai cambiamenti e al progresso e che rimane ignorante. Inoltre il gatto è un essere malizioso, sospetto e porta sfortuna.
Infine, il colore rosso rappresenta forza ed energia e per questo appare al centro della bandiera nazionale, rosso il libretto rivoluzionario di Mao e rosso il colore dell’imperatore assieme all’oro a significare predominanza.
Si è fatto notare lo stile del linguaggio vivace e coinvolgente di Mo Yan, richiamando anche grandi modelli del Novecento, come Faulkner e Garcia Marquez: la sua scrittura è densa, potente, evocativa; le parole vivono della propria fisicità, creano la realtà stessa che descrivono. Ed è una realtà che valica i limiti della storia, per parlare con forza in ogni tempo, per raccontare dei demoni che nidificano nel cuore umano e della poesia e dell’amore che, fronteggiandoli, curano e salvano.

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