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Le affinità elettive: consigli per lettori curiosi

Ogni mese su Rebeccalibri cinque libri suggeriti da lettori forti

Forse impropriamente, definiamo questi libri di “viaggio”, un viaggio fisico che si dipana passo dopo passo per monasteri, dal Vermont a New Orleans o in fuga negli Stati Uniti post 11 settembre, e un viaggio metafisico, di vita in vita (che sia in un cella sotterranea a Instabul o nella Torino del 1974 poco importa).

Viaggi in cui i protagonisti hanno tutti uno sguardo lucidamente tragico, capace di straziare la realtà, di sondarne i più nascosti anfratti alla ricerca della salvezza, della felicità, del proprio posto nel mondo.

 

In un momento in cui la Turchia è quotidianamente alla ribalta della cronaca per le carcerazioni “selvagge”, vorrei segnalare un libro decisamente attuale.

In questo romanzo corale Sönmez – che ha sperimentato sulla propria pelle la violenza delle forze di sicurezza turche – mette insieme dentro una cella sotterranea quattro uomini: un dottore, un barbiere, uno studente e un vecchio rivoluzionario che emergono dalla segregazione cui sono inchiodati raccontandosi le loro storie e scoprendo così il valore salvifico della parola.

Fanno da cornice ai loro racconti le due Istanbul del titolo, la Istanbul disordinata e caotica, brulicante di vita e fulgente dei colori delle spezie e dei tramonti sul Bosforo, e la Istanbul dilaniata dal dolore patito dai carcerati sottoposti a torture sistematiche.

Istanbul, Istanbul, Burhan Sönmez, Nottetempo 2016, 17.00 €, pp. 320, trad. it. Anna Valerio

 

L’ambizione di questo romanzo è raccontare tutto: la vita, la chimica, la biologia, l’anima, attraverso la musica. E infatti il protagonista è un compositore – una celebrità tra gli esperti musicali per le sue sofisticate ricerche scientifiche sul mondo dei suoni – e la sua ricerca dell’armonia del mondo, punteggiata da riflessioni e osservazioni sul nostro tempo e sulle paure che lo caratterizzano.

Né semplice, né leggero per via dei salti temporali, marcati da aforismi che interrompono i paragrafi e si pongono come veri e propri intarsi in una grande composizione, il libro inizia ad un concerto di Cage e si chiude con una versione biotech della sua canzone del silenzio.

L’Orfeo del titolo è l’allegoria di qualsiasi processo creativo, un Orfeo che non perde, ma abbandona, la propria Euridice proprio mentre guarda sempre e solo in avanti.

Orfeo, Richard Powers, Mondadori 2014, 19.00 €, pp. 348, trad. it. Giovanna Granato

 

Da Montecassino a Bose, da Camaldoli a Subiaco, dall’abbazia di Noci – nella Murgia pugliese – ai contrafforti di Serra San Bruno in Calabria, da Praglia sino alla badia del Goleto –  sui crinali dell’Irpinia orientale –, Giorgio Boatti ha vagato per eremi  e cenobi non alla ricerca del «monastero giusto», ma per carpire da questi luoghi quel «solido orientamento», quell’attitudine nascosta in grado di cambiare il mondo.

Impresa piuttosto complicata, che inizia con il cambiare se stessi, partendo dalle cose più semplici e concrete, per esempio governando in modo diverso faccende quotidiane e basilari come il dormire e il mangiare, il bisogno di riconoscimenti, il silenzio con se stessi e l’incontro con gli altri.

Una sfida di vertiginosa difficoltà, che questo libro aiuta a perseguire.

Sulle strade del silenzio, Giorgio Boatti, Laterza 2012, 18.00 €, pp. 330

 

Siamo a Torino, nei mesi che precedono il referendum sul divorzio. Chi racconta è un ragazzino di undici anni, Paolo, un “giovane Holden” che aspetta ansiosamente di crescere, e intanto parla il gergo politico dei fratelli maggiori e dei loro amici, azzarda qualche parolaccia, fa suoi slogan e battute colte al volo, ma conserva intatto il candore che lo rende cronista feroce della realtà.

Lungi dal farsi travolgere dal mondo dei grandi, spesso assurdo, Paolo riesce a coglierne gli aspetti comici, grotteschi e patetici in virtù della sua serafica disponibilità a gridare che “il re è nudo”.

Il terreno dell’osservazione di Marina Jarre sono le grandi e piccole trasformazioni della mentalità e del costume, il rapporto padri e figli, i nuovi assetti familiari: insomma quell’impercettibile quotidiano che alimenta rivolgimenti anche profondi.

La principessa della luna vecchia, Marina Jarre, Einaudi 1977 – Bollati Boringhieri 1996, fuori catalogo

 

Le cose che restano è una storia delicata, filtrata tutta dallo sguardo innocente della piccola Grace.

Il padre di Grace crede nella scienza e costruisce per la figlia una casa di bambole con luci che si accendono davvero. La madre di Grace le racconta leggende africane e trascrive la storia dell’universo in una stanza dalle pareti dipinte di nero. Grace ha otto anni e la sua vita è come un labirinto da cui si diramano sentieri per altri mondi, fatti di numeri e fiabe, assurdità e meraviglie: ma poco alla volta anche quei mondi sbiadiscono, e la sua famiglia si disgrega.

Grace è costretta a scegliere tra i propri genitori vulnerabili, diversissimi, pieni di difetti, e per farlo deve lasciare la sua casa nel Vermont e spingersi fino alle strade allagate di New Orleans, al deserto del Nevada, in un viaggio drammatico e fiabesco.

Le cose che restano, Jenny Offill, NN Editore 2016, 17.00 €, pp. 240, trad. it. Gioia Guerzoni

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