Pubblicare non è un diritto
In quasi sette anni di consulenze legali per il blog Scrittori in causa, lo scoglio più difficile con cui mi sono scontrata non sono gli editori cialtroni o mascalzoni. Con loro è abbastanza facile destreggiarsi: i primi non sanno neanche stilare contratti a norma di legge e mi regalano spesso chicche di rara idiozia grazie alle quali metterli con le spalle al muro; i secondi invece sono guidati da una presunzione e da una spocchia tali da renderli del tutto impreparati di fronte a un autore che ha alle spalle qualcuno che conosce bene la legge sul diritto d’autore e il Codice Civile in materia di contratti.
No. La principale difficoltà che incontro nell’assistere gli autori sono gli autori stessi. Ecco solo alcuni dei motivi.
1 – Desiderano far parte del mondo dell’editoria ma non lo conoscono né hanno interesse a conoscerlo: non passa loro neanche per la testa l’idea di studiarsi le linee editoriali delle case editrici, di seguire i blog letterari, di leggere altri autori per imparare a scrivere meglio. No, restano lì a compiangersi nel loro microcosmo e finiscono col firmare contratti ignobili e/o pubblicare a pagamento solo per vedere il proprio nome sulla copertina di un libro.
2 – Vogliono tutto e subito, pretendono di fare “il colpo gobbo”, come lo chiama Ermanno Cavazzoni ne Il limbo delle fantasticazioni (consigliatissimo agli aspiranti scrittori), e cioè la loro unica ambizione è ottenere senza la minima fatica soldi e gloria grazie alla scrittura e elevarsi così su tutti gli altri poveracci che annaspano nella mediocrità. Finiscono quasi sempre col firmare contratti ignobili e/o pubblicare a pagamento salvo poi scoprire che non solo non è servito a niente, ma che così sono caduti ancora più in basso.
3 – Sono convinti che l’unico motivo per cui non riescono a pubblicare con un editore decente è perché “tanto quelli pubblicano solo i raccomandati”; coltivano (invece della propria scrittura) questo vittimismo astioso contro tutto e tutti e finiscono per firmare contratti ignobili e/o pubblicare a pagamento convinti che i loro aguzzini siano dei benefattori illuminati, pure se non si è mai visto un mecenate che si fa pagare.
4 – Non mettono mai e poi mai in dubbio la qualità della loro scrittura e quindi vedono la pubblicazione, la fama, il denaro come diritti negati. Non leggono ma denigrano tutti gli altri scrittori perché “oggi viene pubblicata solo immondizia”, senza rendersi conto dell’evidente paradosso: pretendere la pubblicazione come diritto inalienabile e al tempo stesso criticare la pubblicazione indiscriminata e di bassa qualità. Finiscono quasi sempre per firmare contratti ignobili e/o pubblicare a pagamento, difendendo i loro pseudo-editori perché secondo loro sono gli unici ad aver capito il loro valore.
Potrei continuare, ma mi fermo qui. Ricordando che pubblicare un libro non è un diritto, che i diritti degli autori sono ben altri, e che se gli autori spendessero il loro tempo a cercare di capire quali sono invece di sprecarlo dando corda alla vanagloria, gli editori cialtroni e mascalzoni si estinguerebbero come dinosauri nell’era glaciale.