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Lo spregio (Alessandro Zaccuri, Marsilio 2016)

Un consiglio di lettura al giorno dalla nostra rubrica "Affinità elettive"

La storia è semplice, lineare: siamo negli anni Novanta, tra i monti al confine con la Svizzera. Franco Morelli detto il Moro ha ereditato dal padre la Trattoria dell’Angelo, e la fa fruttare come si deve: ma i soldi, quelli veri, li guadagna trafficando con prostitute e spalloni – e forse grazie ad altri affari ancora più oscuri e pericolosi. È un uomo chiuso, determinato: del tutto amorale. Ha un figlio – in realtà un trovatello, ma nessuno lo sa – che lo adora come un dio e una moglie timida e servile – la cuoca – che gli serve solo per giustificare al mondo l’esistenza del piccolo Angelo. Ma Angelo, crescendo, scopre che cos’è in realtà suo padre e anziché ripudiarlo decide di voler essere come lui, più di lui. Si lega d’amicizia con Salvo, rampollo spendaccione – ma non sciocco – di una famiglia del Sud in soggiorno obbligato. Ben presto però anche questa amicizia diventa competizione e Angelo commette l’errore fatale: vuole essere come il suo amico Salvo, di più del suo amico Salvo. La punizione dello “spregio” sarà terribile; e terribili le conseguenze.

Le letture critiche di questo romanzo, in cui Zaccuri riprende un tema a lui caro come quello del confronto multiplo tra coetanei, padri e figli, hanno chiamato in causa i riferimenti più vari. L’apologo morale che mescola gli echi di una religione biblica brutalmente arcaica – e la superstizione della religiosità popolare – con una messa in scena dei conflitti tipici del teatro greco; il conflitto interiore di un padre impotente che vede il figlio cadere nel male e morire senza potersi opporre, un padre che però è immagine di Dio e quindi mette in causa teologicamente l’ineluttabilità del fato e il libero arbitrio degli uomini, il rifiuto dei propri limiti e del proprio destino; l’incomunicabilità tra le generazioni e le persone e il ruolo subalterno e ancillare delle figure femminili; la parabola che riduce le grande questioni al loro nocciolo e rischia di svelare subito i meccanismi e gli ingranaggi narrativi, le corrispondenze (ripetizioni, accostamenti, simmetrie) e le letture metaforiche.

È un libro intenso nella sua brevità e linearità; in un tempo in cui la narrativa nostrana spesso va alla ricerca di vicende eccezionali, Zaccuri lavora per sottrazione e punta a concentrarsi sul nocciolo delle grandi questioni. Una prosa asciutta dove ogni elemento è indispensabile e i registri si mischiano (il comico, il drammatico, il lirico); insomma un libro da leggere.

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