Piccola nei numeri, grande nel valore
Il Giubileo, la morte di papa Francesco e l’elezione di Leone XIV hanno dato impulso alle vendite di testi religiosi, ma restano debolezze strutturali: «Il sostegno dei vescovi e delle Chiese locali è cruciale per noi», sostiene il presidente dell’Uelci
Quali sono le dimensioni dell’editoria cattolica in Italia, quell’insieme di numerosissime ma spesso minuscole aziende che pubblicano libri di carattere religioso (ma non solo)? Quali problemi la affliggono e su quali risorse può puntare? Crispino Di Girolamo, 61 anni, editore di Il Pozzo di Giacobbe, dal 10 maggio 2024 è il presidente dell’Uelci (Unione editori e librai cattolici italiani), associazione che riunisce all’interno del mondo cattolico una cinquantina di marchi e oltre un centinaio di librerie. È la persona che meglio può introdurci in questo mondo.
«I dati Uelci dicono che l’editoria cattolica pesa per 42,5 milioni di fatturato nel mercato italiano e la sua incidenza è davvero modesta se ci fermiamo a ragionare solo in termini economici, ma l’impatto e la ricaduta del nostro lavoro hanno un valore che non è facilmente misurabile attraverso le statistiche di mercato. Le nostre case editrici hanno una risonanza e una presenza culturale che da decenni si declina in riviste, testi liturgici, di catechesi e pastorale».
In quali condizioni si trova l’editoria cattolica nel 2025?
«Mentre i dati dell’associazione editori segnano un calo sia nel 2024 sia nei primi mesi del 2025, l’editoria cattolica vive una fase di ripresa, sostenuta da tre fenomeni straordinari: il Giubileo della speranza, che ha generato un aumento della domanda di testi religiosi e sussidi liturgici; la morte di papa Francesco, che ha portato a una rinnovata attenzione ai testi legati al suo magistero; l’elezione di papa Leone XIV, che ha inaugurato un nuovo ciclo di interesse editoriale, stimolando nuove pubblicazioni e collane. Questi eventi hanno favorito un incremento delle vendite, ma sono piccoli segni positivi in un contesto davvero complesso e con debolezze croniche».
Quali sono?
«L’elenco è lungo. Intanto abbiamo un mercato di nicchia che fa fatica a rinnovarsi: i nostri lettori sono adulti maturi. La nostra struttura editoriale è frammentata e per lo più di piccola e media dimensione con risorse assai limitate per le sfide del mercato di oggi. Poi pesa anche un dato storico tutto italiano: la separazione delle università tra Pontificie e di Stato ha portato alla separazione anche culturale tra editoria cattolica e laica, con editori dedicati e librerie specializzate. Un fatto che non permette all’editoria religiosa l’accesso nella maggior parte delle librerie generaliste».
E i punti di forza?
«Una rete capillare che attraverso parrocchie, associazioni, librerie apre un canale diretto con i nostri lettori; contenuti unici e distintivi; brand storici che hanno grande autorevolezza; resilienza di segmenti particolari solo nostri come sussidi, testi per la liturgia e riviste».
La Chiesa italiana fa attualmente qualcosa per sostenere questa filiera produttiva?
«La Uelci è nata dall’intuizione dell’allora cardinale Montini e la Chiesa italiana sempre ha riconosciuto il ruolo culturale e pastorale del nostro lavoro. Poco dopo la mia elezione, sono stato ricevuto dal presidente dei vescovi, il cardinale Zuppi, con il quale abbiamo parlato di progetti. All’ultima Settimana sociale dei cattolici di Trieste avevo lanciato l’idea “Cento biblioteche per cento parrocchie” perché – come ho spiegato al presidente dei vescovi – c’è un grande assente nel nostro tessuto ecclesiale: il lettore. Senza lettori non ha senso pubblicare libri ed è un problema per tutta la Chiesa. C’è in gioco la formazione dell’essere umano, del credente e del cittadino».
Quali potrebbero essere gli interventi statali o della Chiesa italiana che, secondo lei, sarebbero opportuni oggi?
«Non mi piace scaricare “fuori” le responsabilità, ma il momento che stiamo attraversando è talmente fluido e complesso che è necessario chiedere aiuto. Come diceva papa Francesco, siamo in un cambiamento d’epoca e lo vediamo tutti i giorni. Al Salone del libro di Torino ho presentato al ministro Giuli il grido d’allarme degli editori cattolici. Abbiamo chiesto il ripristino e il rafforzamento di incentivi all’editoria per aiutare la transizione digitale e l’internazionalizzazione dei piccoli e medi editori; l’inserimento di opere di valore educativo e pedagogico dell’editoria cattolica nelle gare per testi scolastici e sussidi; infine, il sostegno a reti di distribuzione locali, perché altrimenti possono sopravvivere solo i grandi gruppi con un’enorme perdita di patrimonio culturale per il Paese».
E nel mondo religioso cosa si può fare?
«Il sostegno dei vescovi e delle Chiese locali è cruciale in tutte le fasi della filiera. Penso a iniziative culturali congiunte Cei-Uelci, magari creare una giornata del libro cattolico o un premio per l’autore cattolico dell’anno. Sono certo che su progetti concreti si potranno trovare i modi per un sostegno reale, ma sono altrettanto convinto che tutto deve partire da noi. Come editori cattolici facciamo parte del tavolo della filiera del libro e come minoranza attiva dobbiamo far sentire la nostra voce».
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