Rebecca libri

I “giornalini” cattolici, apoteosi e… declino?Dall’età d’oro del “Vittorioso” a oggi

di Maurizio Pasquero

Diffondere la “buona stampa”, diceva un pioniere della comunicazione come il beato Giacomo Alberione (1884-1971), è apostolato vero. Soprattutto tra i ragazzi, in quei giorni privi di buoni amici quali possono rivelarsi libri e giornali. Alla fine del XIX secolo, in Italia, erano comparsi dei fogli “figurati” per fanciulli, ma il primo “giornalino” loro dedicato, il “Corriere dei Piccoli”, uscì nel Natal del 1908. La sua formula – un mix di fumetti umoristici americani e italiani, racconti illustrati, notizie, giochi e rubriche ideato da Paola Lombroso, figlia del noto antropologo – ebbe un grande successo.
Una decade più tardi nacque “Italia Missionaria”, «mensile illustrato per la diffusione dello spirito missionario nella gioventù» del P.I.M.E. di Milano (1919) e poi, uno via l’altro, “Voci d’Oltremare” (1921) dei Saveriani di Parma, “S. Antonio e i fanciulli” (1922) dei Francescani della Basilica del Santo di Padova, “Il Giornalino” dei Paolini di Alba (1924), il “Piccolo Missionario” dei Comboniani di Verona (1927).
Negli Stati Uniti, patria dei comics, questi ultimi subivano intanto cambiamenti profondi, aprendosi all’esotismo, alla fantascienza e al poliziesco: sui quotidiani, dal 1929, esordirono le strips di Tarzan, Buck Rogers, Mickey Mouse e Dick Tracy, seguite da molte altre. Si giunse così al 14 ottobre 1934, quando nelle edicole italiane sbarcò “L’Avventuroso”, «settimanale di grandi avventure» che giunse a sfiorare le 500.000 copie a numero. Il suo editore, il fiorentino Nerbini, pubblicava anche “Topolino”, ma il nuovo giornale presentava storie più “toste”. Se il regime inizialmente le tollerò, dure critiche contro quel “giornalaccio” fioccarono invece da autorità scolastiche e religiose.

L’iniziativa della GIAC

Ma “L’Avventuroso” aveva stregato i ragazzi. A Roma, alla Gioventù Italiana di Azione Cattolica (GIAC), al cui vertice era appena stato nominato Luigi Gedda, la questione venne esaminata con attenzione, senza pregiudizi. Alla metà del 1936 fu annunciata la decisione di creare un settimanale a fumetti ispirato ai valori cristiani. Il 27 dicembre 1936 l’Anonima Veritas Editrice (AVE) presentava il primo numero de “Il Vittorioso”, il cui motto «forte, lieto, leale, generoso» ne esplicitava assai bene la mission.
Nonostante l’entusiasmo, l’esito fu deludente, dilettantesco. Si corse ai ripari e Lotario Vecchi, storico editore milanese, mise l’Azione Cattolica in contatto con Gianluigi Bonelli, il futuro creatore di Tex, che aggiustò le cose trovando i disegnatori e gli sceneggiatori giusti, una squadra di talenti che contribuirà fortemente alla creazione di una scuola italiana del fumetto: tra gli autori della prima ondata, Sebastiano Craveri, Kurt Caesar, Franco Caprioli, Franco Chiletto, Raffaele Paparella e Benito Jacovitti, ancora liceale!
“Il Vittorioso” – non diversamente da altre testate coeve – dovette sottostare alle direttive del regime per i contenuti, con l’esaltazione dell’italianità in primissimo piano: Caesar creò così il personaggio di Romano, un aviatore che tra il 1938 e il 1943 conquistò i giovani con le sue avventure belliche. Alcuni esegeti del fumetto lo etichettarono fascista tout court, ma una lettura attenta, non ideologizzata, lo mostra simile ad altri famosi characters del tempo, un moderno cavaliere al servizio della patria di turno: come Flash Gordon e Capitain America che dopo Pearl Harbour si “arruolarono” nell’esercito americano. Entrati in guerra, anche il bonario Jacovitti nella sua prima storia, Pippo e gli Inglesi, sbeffeggiò la perfida Albione, ma quando il “breve” conflitto assunse i tratti di un’immane tragedia, il settimanale prese la via del disimpegno: già nel 1941 la retorica bellica vi appariva ai minimi termini. Interrotto dopo l’8 settembre 1943, “Il Vittorioso” riapparve con l’arrivo degli Alleati a Roma, nel giugno del 1944: una ripartenza povera, ma già a metà del 1945 tornava il colore e una nuova redazione, capitanata dal 1948 da Domenico Volpi, portò in un decennio le pagine da 8 a 24 con tirature da 150.000 copie settimanali, rinnovando a fondo la testata, aprendola alla divulgazione scientifica coi famosi “paginoni”, promuovendo concorsi a premi per i lettori e dialogando con essi.
Ritornò l’umorismo garbato di Craveri e quello pazzerello di Jacovitti, affiancati da Landolfi, e una legione di new entries – Giorgio Bellavitis, Ruggero Giovannini, Nevio Zeccara, Gianni De Luca, Renato Polese, Carlo Boscarato, Alberto Tosi, Dino Battaglia, Gino D’Antonio e Antonio Sciotti tra i disegnatori, Raoul Traverso, Renata Gelardini, Enrico Basari, Danilo Forina, Sandro Cassone, Eros Belloni e Claudio Nizzi tra i soggettisti, solo a citarne alcuni – mostrerà in decine di “cineromanzi” la propria capacità di rappresentare epoche, società e ambienti a misura di ragazzo, senza pedanteria. Per il suo valore educativo, la sua dedizione ai giovani, la sua freschezza, “Il Vittorioso” costituirà alla fine uno degli esiti più preziosi della cultura cattolica italiana del Novecento.
Lo “sdoganamento” dei fumetti, in ambito ecclesiale, favorì la nascita di nuovi settimanali e il restyling di altri già esistenti. Tra i primi ricordiamo “Vera Vita” dei Gesuiti di Napoli (1944-1967) ed “Esploriamo” (1956-1968) dell’Editrice La Scuola di Brescia, tra i secondi i nuovi corsi del romano “Corrierino” (1946-1962) e del genovese “Lo Scolaro” (1951-1972). Nel 1950 nacque infine l’UISPER (Unione Italiana della Stampa Periodica Educativa per Ragazzi) che raggruppava le pubblicazioni di ispirazione cristiana.

Le migrazioni dei “fumettari”

Se gli anni Cinquanta marcarono l’apoteosi del “Vittorioso”, il decennio successivo ne registrò il declino. «The times they are a-changin’» cantava Bob Dylan nel 1964 e l’anno dopo nasceva la rivista “Linus”, mentre “Il Vittorioso” interessava sempre meno i giovani, subendo anche le critiche (ingenerose) di don Lorenzo Milani. Le vendite calarono e i “fumettari” più famosi se ne andarono. Si arrivò faticosamente al 1966, quando l’Azione Cattolica decise il reset della testata, che dal gennaio 1967 si sarebbe poi chiamata “Vitt”.
Poco prima, sul “Vittorioso”, Volpi aveva salutato tutti con struggente malinconia, malcelata amarezza e qualche dubbio. Legittimo: dopo due cambi di ragione sociale, il “rotocalco dei giovani” cessò le pubblicazioni il 29 ottobre 1970. Sentendosi traditi, molti “vittoriosi” erano intanto passati al “Giornalino”. Di strada, il settimanale della San Paolo ne aveva fatta molta, portando nel 1969 la foliazione a 56 pagine, passate a 96 sotto la lunga e innovativa direzione (1974-1999) di don Tommaso Mastrandrea. Se qualche autore del “Vittorioso”, in passato, già vi aveva collaborato (Caesar, Craveri, De Luca, Traverso), col default della testata romana vi fu un travaso: Caprioli e Landolfi, gli acquisti più strepitosi. Altri “assi” vennero reclutati: ricordiamo Battaglia, Sergio Toppi, Attilio Micheluzzi, Sergio Zaniboni, Ivo Milazzo, Giancarlo Alessandrini e Rodolfo Torti tra i disegnatori, Alfredo Castelli, Giancarlo Berardi, François Corteggiani e Gianluigi Gonano tra gli sceneggiatori. In ambito umoristico, dopo Luciano Bottaro, Jacovitti e nuovi astri nascenti come Massimo Mattioli e Giorgio Cavazzano, giunsero i Puffi, Astérix e Lucky Luke e i cartoons di Hanna & Barbera e della Warner Brothers.

Nuove sfide editoriali

Negli anni Novanta, a fronte dell’eclissi dei “giornali-contenitori” (il “Corriere dei ragazzi” aveva chiuso rovinosamente nel 1984), la testata dei Paolini viaggiava ancora sulle 200.000 copie settimanali. Ma il trend non durò, i gusti dei giovani, attratti da Marvel, Dylan Dog, manga e quant’altro, erano sensibilmente mutati. Non a caso nel 2013 fu attuato un riposizionamento della testata – non più rivolta agli adolescenti ma ai bambini tra i sette e i dodici anni – che proprio in questi giorni, per le sue cento primavere, affronta altri importanti cambiamenti.
Ultracentenario è il “Messaggero dei ragazzi”, fondato due anni prima del “Giornalino” col nome di “S. Antonio e i fanciulli”. I comics vi furono introdotti nel 1949, mentre il cambio di testata data al 1963, contestuale al restyling del quindicinale che, a fine decennio, superava le 200.000 copie a numero. Padre Giovanni Colasanti, suo direttore tra il 1967 e il 1982, lo rivitalizzò ricorrendo in primis agli artisti di casa – Piero Mancini, Pinù Intini, Landolfi – e introducendone altri, “mostri sacri” del calibro di Battaglia, Toppi, Micheluzzi, Milazzo, Cavazzano e Giorgio Trevisan. Il laico Battaglia, toccato dallo spirito francescano, realizzò storie di inarrivabile raffinatezza tra cui primeggia Frate Francesco e i suoi fioretti. Poi, con gli anni, la “squadra” si esaurì. Anche sul “Messaggero dei ragazzi” hanno a lungo prosperato i fumetti franco-belgi – tra i tanti, gli originali Yoko Tsuno e Valérian – in un fil rouge che ancora continua con Dargaud-Lombard, Soleil e altre case editrici transalpine.
Un settore oggi di nicchia nella stampa cattolica giovanile, infine, è quello missionario, le cui testate, negli anni Settanta, toccavano medie di 100.000 copie a numero. Su “Italia Missionaria”, cessata nel 2009, i fumetti fecero capolino nel 1941 con Ferdinando Carcupino, diventando una costante dal 1947 con i fratelli Renzo e Filippo Maggi, «educatori con la matita» che per un cinquantennio viaggiarono (idealmente) nei lontani luoghi di missione, facendo scoprire ai giovani il valore della diversità tra i popoli.
L’idea del “Piccolo Missionario”, oggi “PM”, ai Comboniani venne alla Prima Giornata Missionaria Mondiale del 1926. La loro vocazione africana si rispecchia anche nei fumetti, inseriti dal 1948: tenerissime le storielle che Jacovitti, tra il 1951 e il 1959, popolò di figurine etniche e animaletti esotici. Oggi, col politically correct imperante, il suo “moretto” Chicchirì non verrebbe pubblicato e forse neanche il Nerofumo di Perogatt (Carlo Peroni), del 1963. Altri bravi cartoonists – ricordiamo Alberto Simioni e i fratelli Franco e Fausto Oneta – lavorarono per “PM”, che finì però per ridurre i fumetti e dal 1993 adottò un format più orientato su rubriche, giochi e reportage, familiare anche ai millennials del mensile “Il Ponte d’Oro” della Fondazione Missio-CEI: ultimo nato, nel 1969, tra i “giornalini dei preti”.

Il Pensare i/n Libri raccoglie testi di natura letteraria a scopi culturali e senza fine di lucro. La proprietà intellettuale è riconducibile all'autore specificato in testa alla pagina, immediatamente sotto il titolo, e in calce all'articolo insieme alla fonte di provenienza e alla data originaria di pubblicazione.
Le immagini che corredano gli articoli del Pensare i/n Libri sono immagini già pubblicate su internet. Qualora si riscontrasse l'utilizzo di immagini protette da copyright o aventi diritti di proprietà vi invitiamo a comunicarlo a info@rebeccalibri.it, provvederemo immediatamente alla rimozione.
Prossimi eventi
Newsletter
Iscriviti alla nostra newsletter
Accesso utente