Rebecca libri

Il manifesto del critico letterario. “In principio era il riassunto…”

di Cesare Cases
Fonte: L'indice

Ai recensori,

1. Si raccomanda di scrivere chiaramente, ciò che sembra ovvio ma sappiamo che non lo è affatto. Scrivere chiaramente significa più o meno:

a) Evitare viluppi sintattici poco perspicui (ciò che non significa non complessi, anzi un discorso sintatticamente complesso ma ben articolato può essere molto più chiaro di tante frasette asmatiche).

b) Evitare la falsa concettualità, l’uso di un lessico stereotipato che simula un pensiero che non c’è, come nel sinistrese, nel sindacalese e in altri gerghi, non ultimo il giornalese.

c) Evitare però anche una concettualizzazione corretta ma troppo specialistica, poiché il tipo di recensione che ci proponiamo è destinato di massima a un lettore generico, mentre lo specialista leggerà solo per vedere che giudizio si dà ed è importante che non si vergogni di averlo letto, non che si edifichi.

2. La recensione può avere un tono saggistico ma non è un saggio. Il saggio implica una connivenza del lettore che non è di tipo specialistico ma culturale, si rivolge agli “happy few” che sono culturalmente informati. Perciò il saggio si permette molte allusioni e ammiccamenti e ha il diritto di divagare per introdurre considerazioni soggettive che si suppone riscuotano l’interesse del lettore anche se non c’entrano molto con l’argomento. Tutto questo va benissimo nel saggio o nella recensione saggistica ma non in quella normale, in cui si può al massimo, per così dire, sentirne l’aroma in qualche battuta o in qualche riferimento a fatti esterni universalmente noti.

3. Tuttavia il recensore (a differenza dello schedatore) non può naturalmente ignorare quel che c’è dietro il libro e che in un’opera di carattere non creativo è generalmente già esplicitato nell’opera stessa, sicché viene d’obbligo riferirne. Il recensore può dissentire dall’autore e nel valutare il rapporto tra la sua opera e il contesto in cui si situa, p. es. ritenere che il materiale da lui offerto sia interessante ma che egli non sia stato in grado di trarne conseguenze atte a modificare sensibilmente l’immagine che del suo oggetto era stata presentata in precedenza, ovvero se ne serva per distorcere arbitrariamente tale immagine. Questo sfasamento tra intenzioni e risultati sta solitamente al centro della valutazione, tenendo peraltro presente che lo scopo del giornale essendo quello di operare una selezione nell’attuale sovrabbondante produzione libraria, almeno le recensioni, se non le schede, dovrebbero essere di regola positive e la critica una “critique des beautés”. Ciò non significa che quando si vuole statuire un esempio, cioè quando si ritiene un libro molto rappresentativo per una tendenza deteriore o per lo scadimento degli studi o per la mercificazione della scienza, non si possa eccezionalmente alzare la mannaia.

4. La disposizione di una recensione va lasciata beninteso all’arbitrio del recensore, che saprà lui se cominciare con l’esposizione del contenuto del libro o dello stato o della questione oppure con considerazioni sulla malignità dei tempi e l’impotenza della scienza (nel qual caso si cadrebbe nella recensione saggistica). L’essenziale è che il primo momento, cioè l’esposizione del contenuto, abbia la centralità che gli spetta. La connivenza con il lettore, non dovendo stabilirsi, come abbiamo visto, né attraverso l’interesse specialistico né attraverso lusinghe formali, è solo il contenuto a determinarla. In principio fu il riassunto. Anche qui i tipi di riassunto possibili, purché siano chiari, sono infiniti e non vogliamo precluderne nessuno. Ma l’essenziale è che attraverso l’esposizione il lettore acquisisca chiara idea di quel che il libro è e della ragione della sua importanza, ragione che hanno fatto sì che lo scegliessimo a differenza degli altri.

Fonte: L'indice
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