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Intervista a Chiara Libonati e Natale Benazzi di Il Pellegrino

di Rebeccalibri

Nel variegato panorama editoriale s’inserisce dal 13 febbraio 2024, un nuovo marchio che colma un’assenza: quella del dialogosu temi di attualità e spiritualità tra mondo laico e mondo cattolico. Il nuovo progetto editoriale infatti si occuperà di saggistica d’attualità, temi sociali, spirituali e ambientali.

Il Pellegrino Edizioni nasce per volontà della Provincia Euro-mediterranea della Compagnia di Gesù e vede la direzione editoriale e la gestione del progetto affidati a Chiara Libonati e Natale Benazzi. A loro abbiamo posto alcune domande sul significato e gli obiettivi di di questa impresa che vuole essere un ponte tra autori e lettori dell’ambito cattolico, con autori e lettori di altre religioni e dell’intero mondo laico; uno spazio culturale aperto al dibattito e al confronto.

INTERVISTA A IL PELLEGRINO

L’aspetto più importante – e quasi obbligato – quando si incontra un editore, è collocarne il catalogo: linea editoriale, pubblico di riferimento e ipotesi per l’immediato futuro. Come presentereste, per linee essenziali, la vostra mission e la vostra esperienza editoriale ai lettori di «Pensare i/n Libri»?

Possiamo dire che la risposta è abbastanza semplice: l’idea è quella di fare libri che alimentino la riflessione su temi “sensibili” in ambito etico, politico, religioso… Libri che affrontino anche e soprattutto le sfide culturali che oggi si stanno moltiplicando a livello globale e a cui le risposte frettolose di altri media che non siano l’editoria cartacea non possono bastare.

Da dove nasce il nome della casa editrice e come si colloca la vostra attività editoriale nel panorama editoriale attuale? A quale “famiglia” culturale ritenete di appartenere?

Il nome nasce proprio dalla “famiglia” di origine e appartenenza, che è quella gesuitica. È lo stesso Ignazio di Loyola a definirsi “pellegrino” nella sua autobiografia. Ma proprio l’origine gesuitica detta anche una seconda e più ampia appartenenza, che è quella del dialogo fra culture. Da questo punto di vista, la scelta di fare, pur con origini ben radicate nella tradizione cristiana, un’editoria che vuole parlare e dialogare col mondo laico detta anche la caratteristica precipua del posizionamento del nostro editore: al “confine” tra credenti e non credenti, ma ben dentro l’ambito dei “pensanti”, per declinare una frase cara al cardinale Martini.

La data di nascita è il 13 febbraio 2023. Pensando al percorso fatto in questi pochissime settimane di vita, è possibile trarre qualche prima indicazione sul futuro? Quali le maggiori difficoltà incontrate?

Il tempo della nostra presenza sul mercato editoriale è davvero ancora breve anche per prime sintesi. Certamente non è semplice ricavare spazi di ascolto, ma occorre anche dire che la reazione dei media (soprattutto quotidiani e televisivi) è per ora davvero promettente. L’impressione è che ci sia fame di contenuti. Speriamo che sia una fame non effimera, ma durevole.

Riferendoci alla vostra mission, come pensate di intercettare i lettori laici e religiosi al di là della presenza in libreria?

Su questo è estremamente importante il lavoro degli autori stessi sul campo: il prodotto libro ha bisogno di autori che siano anche testimonial del loro messaggio. Per questo i loro incontri coi lettori, le loro competenze social, la loro volontà di incontrare anche le scuole è determinante. Proprio sulle scuole e sul rapporto con esse stiamo studiando un percorso, perché crediamo che i lettori (e pensatori) di domani vadano incontrati e formati oggi. Il lavoro con il mondo della scuola sarà per noi, nei prossimi mesi, decisivo.

Come nasce un libro de Il Pellegrino? Avete editor interni o una rete di consulenti che vi segnalano i titoli oppure altro?

Innanzitutto leggiamo molto e intercettiamo titoli italiani ed esteri anche grazie a un rapporto con le agenzie letterarie che abbiamo frequentato e coinvolto nei mesi precedenti; molte proposte vengono anche dall’interno del mondo della Compagnia di Gesù (anche a livello internazionale), che come ben si sa coltiva la cultura e il dialogo con le culture da sempre. 

Quali saranno le vostre collane e come si caratterizzeranno? 

Per ora non parliamo propriamente di collane, ma di tre ambiti significativi di presenza: quello della narrative non fiction, con storie vere, importanti, piene di senso e scritte bene; quello dell’analisi dei grandi temi del nostro tempo; quello del recupero di alcuni classici del pensiero. Per ora non abbiamo la narrativa in progetto, ma ci stiamo ragionando.

Quante novità pubblicherete ogni anno?

Il primo anno, il 2024, ci vedrà in libreria con 25 titoli novità; il 2025 dovremmo uscire con 35 titoli e nel 2026 pensiamo di raggiungere il numero di 40, che sarà anche quello delle uscite per gli anni seguenti.

Qual è il motivo per cui avete scelto una rete promozionale laica anziché i tradizionali promotori/distributori religiosi?

Proprio quello che già dicevamo, ossia la volontà di cercare una presenza dialogica con il mondo laico fin dal momento della distribuzione stessa. Valuteremo, naturalmente, nei primi tre anni quanto questa ipotesi di lavoro sia funzionale al motivo per cui è stata fatta.

L’Italia è ormai da tempo molto in basso nelle classifiche della lettura in Europa. Quali ricette suggerireste per invertire la rotta e far risalire il gusto per la lettura?

Abbiamo parlato prima e ho anche più volte scritto in precedenza (anche su “Avvenire”) dell’importanza della presenza degli editori nella scuola. Questa è per noi la ricetta: una nuova alleanza da costruire (rapidamente e necessariamente) proprio con la scuola. Lettori non si nasce, si diventa e la rialfabetizzazione è necessaria oggi. La scuola deve tornare a formare anche i lettori e l’editoria deve rifiutare di abbassare il livello della proposta pur di avere qualche lettore debole in più. Ma è un discorso lungo, che magari varrà la pena affrontare in futuro.

Per un osservatore esterno vi è quasi sempre la tendenza a soffermarsi sulle affinità anziché sulle differenze, e quindi immaginare il pubblico dell’editoria religiosa come omogeneo. Quale è la vostra opinione in proposito? 

Qui vorrei parlare solo del pubblico dell’editoria religiosa di ispirazione cattolica (se no, il discorso si farebbe troppo ampio). Ora, in questo ambito, il pubblico dell’editoria religiosa è certamente molto vario: va da chi cerca di consolidare la propria fede a chi ricerca percorsi nuovi. Il rischio dell’editoria religiosa è quello di moltiplicare i titoli pur di conservare il fatturato: questo è normale per l’editoria laica, ma qui dovrebbe trattarsi di altro, ossia del “nutrimento” umano e cristiano che si offre al lettore. La questione di fondo dell’editoria a carattere religioso sta tutta nel capire quanto agli editori stia a cuore l’annuncio del Vangelo e, con esso, la formazione umana e cristiana dei credenti. Naturalmente, questo a volte cozza con le questioni di sostenibilità del prodotto. Ma una riflessione radicale in questo senso è necessario farla. Ancora una volta, spero ci siano occasioni per soffermarsi in futuro. Dico solo, qui, che queste due ultime domande aprono alle vere questioni per il futuro, che non possiamo ancora a lungo rimandare. In entrambe, infatti, è in gioco la sensatezza stessa di una editoria di ispirazione cristiana.

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