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Lewis Lettere di Berlicche

di Vincenzo Bonato

Nel romanzo Le lettere di Berlicche, C. S. Lewis (l’autore di Le cronache di Narnia) immagina che un demonio di nome Berlicche dia istruzioni ad un nipote (chiamato Malacoda)  per ottenere l’eterna dannazione d’un giovane convertito da poco alla fede cristiana, nella confessione anglicana.
È un’opera letteraria ma con spunti teologici di una certa profondità; rappresenta un esempio notevole di un’azione di discernimento degli spiriti. Le istruzioni, fornite in modo epistolare, sono disposte in 31 lettere. Seguiamo così le vicende di un giovane di questo mondo dalla conversione alla fede fino alla sua morte improvvisa, avvenuta nel corso di un bombardamento tedesco. L’opera è stata pubblicata nel 1942 dopo che gli inglesi avevano sostenuto la tragica battaglia d’Inghilterra (avvenuta nel 1940, con circa 40.000 morti).

Ho riassunto in modo sintetico il contenuto di ogni lettera. Il lavoro è ancora provvisorio.

Opera di riferimento: Clives Staples Lewis, Le lettere di Berlicche, Oscar Mondadori, Clasici moderni, a cura di Alberto Castelli, I edizione, Milano 1988. [Nelle citazioni, il primo numero corrisponde alla numerazione di ogni lettera e il secondo alla pagina].

Come impedire l’adesione alla fede? Chi è alla ricerca della verità, se si impegna in uno studio profondo e ragiona in modo spassionato, libero da pregiudizi, diventare facilmente un credente perché un retto uso della razionalità persuade della bontà della fede. Per impedire questo passo, secondo B. non è opportuno suscitare dibattiti e discussioni, perché la disputa stimola il ragionamento. È più opportuno, piuttosto, confondere, ubriacare, sottomettere alla mentalità dominante: «Il tuo giovanotto è stato abituato, fin da ragazzo, ad avere nella testa una dozzina di filosofie irriconciliabili fra di loro, che danzano insieme allegramente. Non considera le dottrine come, in primo luogo, “vere” o “false”, ma come “accademiche” o “pratiche”, “superate” o “contemporanee”, “convenzionali” o “audaci”. Il gergo corrente, non la discussione, è il tuo alleato migliore per tenerlo lontano dalla chiesa» (1,7). Deve essere indotto piuttosto a lasciarsi influenzare dal sentire comune e ad immergersi nella corrente delle esperienze sensibili immediate. «Il tuo lavoro dev’essere quello di fissare la sua attenzione su questa corrente. Insegnagli a chiamarla “la realtà della vita”, senza permettere che si chieda che cosa intende dire quando dice “realtà”» (1,8).

La seconda lettera presuppone che il giovane si sia fatto cristiano. Chi si è avvicinato alla fede da poco e non ha ancora salde radici, può essere allontanato, per mezzo delle prime difficoltà; se si sente amareggiato, soprattutto, da una certa disillusione. Probabilmente, s’aspettava che si sarebbe trovato in un ambiente più attraente, più solido, più vivace, ma la comunità cristiana è composta di persone normali, segnate anche da limiti irritanti.

La delusione è un fenomeno che si verifica in modo normale in svariati campi della vita: «Esso sorge quando un ragazzo, che da fanciullo s’era acceso d’entusiasmo per i racconti dell’Odissea, si mette seriamente a studiare il greco. Sorge quando i fidanzati si sono sposati e cominciano il compito serio di imparare a vivere insieme» (2,12). Il senso di amarezza viene sfruttata dal diavolo come un’ottima occasione: «Lavora indefessamente, dunque, sulla disillusione e il disappunto che sorprenderà senza dubbio il tuo paziente nelle primissime settimane che si recherà in chiesa» (2,12).

Il disappunto presuppone che la persona amareggiata covi dentro di sé un senso di superiorità sulle altre persone. Acquisire un vero sentimento di umiltà che consentirebbe un’accettazione serena delle debolezze dei membri della comunità, richiede tempo. Finché il cristiano non ha acquisito questa virtù, non si esprimerà in parole vere, quali sono quelle che scaturiscono da una profonda conversione del cuore: «Non è ancora stato a sufficienza con il Nemico [cioè con Dio] per possedere già una vera umiltà. Le parole che ripete, anche in ginocchio, sui suoi numerosi peccati, le ripete pappagallescamente» (2,14). Il neo convertito pensa facilmente di essere molto meglio degli altri. «In fondo crede ancora che lasciandosi convertire, ha fatto salire di molto un saldo attivo in suo favore nel libro mastro del Nemico, e crede di dimostrare grande umiltà e degnazione solo andando in chiesa con codesti compiaciuti vicini, gente comune. Mantienigli la mente in questo stato il più a lungo possibile» (2,14).

3 La mancanza di sopportazione, dovuta anche a scarsa umiltà, compare anche nelle relazioni familiari. Il consiglio di B. è quello di «imbastire in casa un’atmosfera costante di disturbo reciproco, di giornaliere trafitture di spillo» (4,15). Il giovane, convertito alla fede da poco, deve essere sollecitato ad evitare il contatto con la concretezza della vita: «Tiengli la mente lontano dai doveri più elementari, sospingendolo verso quelli più progrediti e più spirituali. Aggrava quella caratteristica umana che è utilissima: l’orrore e la negligenza delle cose ovvie» (4,15).

Nelle relazioni quotidiane, una persona può diventare insopportabile per l’altra. È sufficiente che ognuno si soffermi a considerare soltanto gli aspetti più negativi dell’altra; insinuare sospetti; far credere che noi siamo indenni da ogni difetto mentre dobbiamo sopportare quelli altrui. Anche in questo caso, viene alimentata una spiritualità che non vuole incarnarsi. Alludendo alla madre del giovane, suggerisce: «Assicurati che… egli si preoccupi sempre dello stato dell’anima di lei e mai dei suoi dolori reumatici» (2,16).

4 Quanto alla preghiera, la cosa migliore sarebbe quella tener lontano del tutto il giovane dall’intenzione di questa pratica, poiché la preghiera è la migliore arma di difesa contro le insidie demoniache. Dove c’è preghiera c’è il pericolo dell’azione immediata di Dio (4,21). Se non è possibile distoglierlo del tutto,il giovane, almeno, dev’essere persuaso a disistimare le modalità normali di culto e apprezzare soltanto le forme più elevate di elevazione a Dio, a lui del tutto inaccessibili. Sarà opportuno, quindi, insinuare che le preghiere vocali sono troppo infantili, ripetizione di formule fatte al modo di papagalli, e spingerlo ad imitare, anzitempo, i gradi d’orazione dei grandi santi (4,19). Convincerlo che la posizione del corpo non ha alcuna importanza. Dovrà aspirare a raggiungere una preghiera nobile e sofisticata, tutta tesa ad osservare l’insorgere dei suoi sentimenti interiori. Il trabocchetto consiste nell’indurlo a pensare a sé, alla sua interiorità, ai suoi stati psicologici piuttosto che a Dio. La sconfitta della trama demoniaca, al contrario, avviene quando l’orante pone la sua fiducia in «in quella Presenza perfettamente reale, esterna, invisibile, là nella stanza con lui, e che egli non conoscerà mai come invece viene conosciuta da essa» (4,22).

Lewis tratta ora l’argomento della guerra. Non dimentichiamo che l’opera è stata scritta nel 1942, in piena guerra, ma sviluppare questo argomento è un modo per affrontare il discorso sulla sofferenza e sugli impegni sociali. Pur essendo un fatto negativo, questa, come altre calamità, diventano spesso un’occasione per tante persone di tornare a Dio; per altri un’occasione per dare la vita a favore di ideali sociali [magari in buona fede nel caso in cui questi ideali fossero errati o ingannevoli ] (5,25). Inoltre, nel corso di un conflitto, la gente è costretta a pensare alla morte e, quindi, al senso della vita. Confessa B.: «Una delle nostre armi migliori, la mondanità soddisfatta, è resa inservibile. In tempo di guerra neppure uno degli uomini può pensare di vivere per sempre» (5,25). Quando sono costrette ad affrontare la sventura, per dare significato alla loro sofferenza, gli uomini si convincono più facilmente del valore redentivo del dolore.

6-7. Il giovane deve essere distolta dall’attenzione verso la sua vita reale; si deve impedire che si soffermi ad osservare i suoi atti e prestare attenzione alle passioni che stanno premendo in lui. È preferibile che si perda in un mondo interiore, fatto di fantasie e ragionamenti fatui. Alcuni esempi. Se un fedele si rende disponibile ad accogliere la sofferenza concreta che lo sta visitando e si mostra disponibile a fare la volontà di Dio, deve essere distolto da questo sentimento d’abbandono e oppresso da una paura angosciosa circa il suo futuro. Nessuno deve accorgersi delle tentazioni che sta incontrando, convinto di aver già acquisito una stabilità molto positiva: «Fa’ sì che un insulto o che il corpo di una donna attragga talmente la sua attenzione al di fuori che egli non abbia modo di far la riflessione: “Sto entrando nello stato che si chiama Ira – o nello stato che si chiama Lussuria”. Al contrario, fa’ in modo che la riflessione: “I miei sentimenti diventano ora più devoti, o più caritatevoli”, attragga la sua attenzione verso l’intimo, sì che egli non guardi più al di là di se» (6,28).

Un esempio viene tratto dal momento storico nel quale è stato scritto il racconto, quando divampava la guerra dell’Inghilterra contro la Germania. Il neo convertito si preoccupa del fatto che in lui affiorano sentimenti di ostilità nei confronti di un nemico lontano, al quale non infliggerà alcun male, mentre, al contrario, non s’accorge di provare risentimento verso alcune persone che incontra ogni giorno. Il diavolo cerca di farci detestare il prossimo reale che incontro e di desiderare d’essere solidali con persone lontane: «L’importante è di dirigere la malevolenza verso i suoi vicini immediati, verso coloro che incontra ogni giorno, e di cacciare la benevolenza lontano, nella circonferenza remota, verso gente che egli non conosce. La malevolenza diventerà così perfettamente reale, e la benevolenza in gran parte immaginaria. È completamente inutile eccitare il suo odio per i tedeschi se, nello stesso tempo, fra lui e sua madre, fra lui e il suo principale, e il signore che incontra in treno si sviluppa una perniciosa pratica abituale di carità» (6,29). I pensieri e le fantasie non determinano le scelte concrete della persona come lo fa la volontà. Afferma B. «Le virtù sono per noi veramente fatali solo in quanto possono raggiungere la volontà per poi lì concretarsi in abitudini» (6,29).

8 «Gli esseri umani sono anfibi – mezzo spirito e mezzo animale. Come spiriti essi appartengono al mondo dell’eternità, ma come animali sono abitatori del tempo. Ciò significa che, mentre il loro spirito può essere diretto verso un oggetto eterno, il loro corpo, le passioni e l’immaginazione sono in continuo divenire, poiché essere nel tempo significa mutare» (8,35). La duplicità conduce gli uomini a continue oscillazioni tra un sentire all’altro, tra stati di depressione ed esaltazione. Dio, però, fa maturare la persona utilizzando anche i suoi stati di depressione. All’inizio, per attrarre a sé gli uomini, infonde in loro delle consolazioni sensibili ma non le concede in continuità. Ben presto si ritira per lasciare che la creatura «stia in piedi sulle sue stesse gambe, a compiere puramente con la volontà doveri che hanno perso ogni gusto» (8,37). Le preghiere innalzate nell’aridità, gli sono ancora più gradite e così educa l’uomo ad essere grande come Egli vuole che sia. Quando il credente rimane fedele a Lui e compie il suo volere senza alcuna gratifica, sentendosi anzi abbandonato da Lui, raggiunge una maturità rilevante. «La nostra causa non è mai in maggior pericolo di quando un essere umano, senza più desiderio ma ancora con l’intenzione di fare la volontà del nostro Nemico, si guarda intorno e scorge un universo dal quale ogni traccia di Lui sembra essere svanita, e si chiede perché è stato abbandonato, e tuttavia continua a ubbidire» (8,37-38).

9. Il diavolo, a sua volta, cerca di utilizzare gli stati depressivi per raggiungere i suoi scopi. Dio ha creato i piaceri per il bene degli uomini, ma questi possono servirsene in modo errato. Negli stati di esaltazione, nella salute e nella serenità, gli uomini avvertono con più forza l’istinto sessuale ma, in quei momenti, sono dotati anche dell’energia necessaria per dominarsi. Nella depressione, invece, più facilmente si lasciano vincere dallo stimolo. In questi momenti, il diavolo mette in atto la sua tattica. «La formula è questa: una brama che aumenta continuamente per un piacere che continuamente diminuisce. È più sicuro; ed è stile migliore. Impossessarsi dell’anima dell’uomo e non dargli nulla in cambio – ecco ciò che riempie veramente di gioia il cuore di Nostro Padre. E i momenti di depressione sono i momenti nei quali cominciare il processo» (9,40). Per abbattere la debole resistenza dell’uomo tentato, il diavolo dovrà suggerirgli che, in ogni impegno, una certa moderazione è necessaria; dovrà insinuargli che la religione va bene, ma fino a un certo punto. Questa convinzione darà grandi risultati: «Per noi [diavoli] una religione moderata vale quanto una religione nulla» (9,41).

Inoltre il depresso facilmente si perde in un ragionamento errato: se sto perdendo interesse a questa cosa, significa che essa era falsa. Allora, considererà la sua adesione alla fede una semplice fase passeggera. Penserà che la vita è soltanto una successione di fasi e che non dobbiamo restare sempre nell’adolescenza. Non dovrà affatto mettersi alla ricerca della verità, ma piuttosto lasciarsi abbandonare ai suoi stati d’animo.

10. Talune amicizie, apparentemente soltanto piacevoli e desiderabili, possono affievolire la fede. Persone ritenute rispettabili e affermate socialmente, inducono con facilità a pensare come loro. Il diavolo chiede al suo collaboratore: «[Il giovane] si è compromesso molto? Non voglio dire a parole. V’è un gioco sottile di sguardi, di toni, di riso, con il quale un mortale può far sottintendere che egli appartiene allo stesso partito di coloro con i quali sta parlando. Questo è il genere di tradimento che dovresti incoraggiare, perché il tuo giovanotto non lo comprende proprio bene neppure lui» (10,43).

10-14 È possibile, quindi, appartenere a due mondi opposti: «Gli si può insegnare a godere di inginocchiarsi la domenica… e, al contrario, a godere quella conversazione pornografica e blasfema durante il caffé con i suoi amici con tanto maggior gusto in quanto consapevole di un mondo “più profondo”, “spirituale”, che c’è nel suo intimo, e che essi non comprendono» (10,45). È importante che l’ingenuo fedele non s’accorga che sta lasciando il calore del sole per inoltrarsi nella tenebra fredda (11,51). Dovrà essere allontanato da Dio a poco, a poco: «Aumenta la riluttanza del paziente a pensare al Nemico… In questo stato il tuo paziente non ometterà i suoi doveri religiosi, ma gli diverranno sempre più antipatici. Prima di compierli ci penserà il meno possibile, se lo potrà fare decentemente, e, terminati che li abbia, li dimenticherà al più presto» (12,52). Il maligno cerca di aumentare la distanza dell’uomo da Dio e di farlo cadere spesso nel peccato: «La piccolezza dei peccati non ha importanza, purché il loro effetto cumulativo scacci l’uomo lontano dalla luce…» (12,54).

Il giovane si troverà a vivere nell’inquietudine, lontano dalla vera felicità; sperimenterà che l’abitudine rende i piaceri… meno piacevoli e insieme più difficili a lasciarsi» (12,53). Il diavolo avrà vinto se il giovane, da lui traviato, alla fine della vita, dovrà confessare: «Ora mi rendo conto d’aver trascorso gran parte della mia vita senza fare né ciò che dovevo né ciò che mi piaceva» (12,53).

Egli, infatti, non avrebbe dovuto rinunciare ai piaceri sani né rinunciare alle sue inclinazioni. Anzi, il goderne sarebbe diventato un valido aiuto per conservare la sua integrità. Quando Dio ci chiede di perdere il nostro io, intende dire che dobbiamo abbandonare la nostra propria volontà ma non la nostra personalità. Al contrario, il diavolo desidera che ci stacchiamo da essa (13,56-57).

In questo campo, come in altri casi, le parole del Vangelo possono essere fraintese. Il rinnegamento di sé viene inteso, talora, come una rinuncia alla propria personalità. Anche l’umiltà può essere travisata. Molti pensano che debba essere considerata come un sentimento di disprezzo nei confronti delle proprie qualità o talenti, così che donne carine devono considerarsi brutte e persone intelligenti degli sciocchi (14,60). Al diavolo piace questo fraintendimento. Dio, invece, preferisce che l’uomo sappia godere delle sue qualità, sia indotto a ringraziarlo con gioia riconoscente, anche per le qualità del prossimo e per la bellezza delle creature.

15 Nella vita, decisivo è vivere il presente. «Gli esseri umani vivono nel tempo, ma il nostro Nemico li destina all’eternità. Perciò, credo, Egli desidera che essi si occupino principalmente di due cose: della eternità stessa, e di quel punto del tempo che essi chiamano il presente. Il presente è infatti il punto nel quale il tempo tocca l’eternità» (15, 63). Il diavolo invece vuole farci vivere nel futuro, che infiamma la speranza e il timore ma, dal momento che è sconosciuto, ci spinge ad interessarci di cose irreali.

La parrocchia è una unità di luogo, accoglie la diversità, persone di diverse classi e di diversa psicologia. I fedeli si uniscono spinti dall’ideale della carità, non da sentimenti di simpatia. Al contrario le congregazioni spontanee finiscono col ridursi a piccoli circoli, dominati da posizioni ideologiche; gradualmente si trasformano in un partito. «La ricerca di una chiesa che vada bene per luifa dell’uomo un critico là dove il Nemico lo vuole scolaro. Dal laico in chiesa Egli vuole un atteggiamento che può, sì, essere critico nel senso che rifiuta ciò che è falso o inutile, … ma si apre in una ricettività umile, priva di commento su qualsiasi nutrimento venga somministrato» (16,67). Il diavolo vorrebbe che il giovane cambiasse spesso parrocchia. Nelle chiesuole affettive è più facile sbandarsi. In qualcuna il ministro, sicuro di sé e privo di controllo che viene da una comunità stabile, tende ad annacquare la fede. «Egli ha minato il cristianesimo di più di un’anima. Anche il suo modo di comportarsi durante le funzioni è ammirevole. Al fine di risparmiare ai laici tutte le “difficoltà”, ha abbandonato il lezionario e i salmi d’obbligo, ed ora, senz’accorgersene, gira e rigira incessantemente intorno alla piccola macina dei suoi quindici salmi favoriti e delle sue venti lezioni favorite» (16,68). Eliminando i messaggi a lui sgraditi e ripetendo soltanto su quelli da lui ammessi, impedisce la conoscenza dell’intera verità. Il diavolo perciò suggerisce: «Mi pare di averti già avvisato prima che il tuo paziente,- se non lo si può tenere lontano dalla chiesa, dovrebbe almeno esser violentemente attaccato a qualche partito nel suo seno» (16,69).

Il vizio della golosità sembra del tutto superato ai nostri giorni. Certamente si presta maggior attenzione alla qualità dell’alimentazione e anche ad evitare ogni eccesso in quantità. L’attenzione è ora rivolta alla raffinatezza dell’alimentazione ma proprio questa ricerca diventa spesso un’occasione per infrangere la carità. «Che cosa importa la quantità, se riusciamo a usare della pancia di un uomo e del suo palato per produrre litigi, impazienza, mancanza di carità e preoccupazione per il proprio io?» (17). Ad esempio, la ricerca di cibi raffinati rende poco rispettosi verso le persone che, avendo preparato il pasto, non sono riuscite a raggiungere l’attesa dei commensali dal palato esigente. Il loro impegno e la loro fatica sono svalutati. «…il disappunto giornaliero produce ogni giorno cattivo sangue: le cuoche se ne vanno e le amiche si raffreddano».

18-19 Nelle relazioni tra le persone, la competizione diventa distruttrice. Il principio demoniaco è questo: «Il mio bene è mio bene, e il tuo è tuo. Ciò che uno guadagna un altro perde» (18,72). «”Essere” significa “essere in competizione”» (18,74). Presso Dio vale il contrario: «Le cose debbono essere molte, e tuttavia, in qualche modo, anche uno. Il bene di uno deve essere il bene di un altro. Egli chiama codesta impossibilità amore e questa stessa panacea può scoprirsi in tutto ciò che Egli fa, e perfino in tutto ciò che Egli è – o pretende di essere» (18,74).

La pratica della sessualità si muove seguendo l’uno o l’altro principio. Nel pensiero diabolico, la sessualità avrebbe potuto costituire un’altra maniera con la quale l’io più forte poteva depredare quello più debole (come avviene con i ragni, dove la sposa conclude le nozze mangiandosi lo sposo).

La verità è che, ogni volta che un uomo va con una donna (siano essi consapevoli o no), sorge fra loro una relazione superiore, che trascende la mera fisicità e che produce, se si vive con spirito d’obbedienza, l’affetto e la famiglia. Questo fatto contraddice la falsa credenza che soltanto l’innamoramento rende felice o santo il matrimonio.

Tale falsa opinione ha provocato due gravi conseguenze: convince le persone incapaci di continenza, ad allontanarsi dal matrimonio, anche se questo tipo di vita li farebbe maturare fino a raggiungere un pregevole dominio di sé e questo «perché non si sentono “innamorati” e l’idea di sposarsi per qualsiasi altro motivo appare loro bassa e cinica».

L’altra cattiva conseguenza appare in questo convincimento: qualsiasi infatuazione sessuale, dovrà essere considerata come amore, e si deve far credere che l’amore scusa l’uomo da ogni colpa.

Come pensa il diavolo, lo «stato di innamorarsi non è, in se stesso, necessariamente favorevole né a noi né all’altra parte [Dio]. È soltanto un’occasione che tanto noi quanto il nostro Nemico [Dio] tentiamo di sfruttare. Come la maggior parte delle altre cose intorno a cui gli uomini si eccitano, quali la salute e la malattia, la vecchiaia e la giovinezza, oppure la guerra e la pace, dal punto di vista della vita spirituale è soltanto materia prima» (19,80). L’innamoramento diventa un fatto negativo soltanto se si riesce a convincere ogni innamorato che «l’Amore è irresistibile e insieme in qualche modo intrinsecamente meritorio. Codesta credenza non è di grande aiuto, te lo concedo, nel produrre una mancanza di castità occasionale, ma è una ricetta incomparabile per adulteri prolungati, “nobili”, romantici, tragici, i quali terminano, se tutto va bene, in assassini e suicidi» (19,80).

Ogni principio pratico deriva una concezione etica più generale. L’uomo può divenire imitatore di Dio che agisce in base ad un amore assolutamente gratuito oppure negare che esiste una vera gratuità e rimanere chiuso nel mondo della competizione interessata. Il diavolo non crede che esista la gratuità e perciò vuole sempre alimentare sospetti sulle vere intenzioni di Dio: «Noi sappiamo che Egli non può veramente amare, nessuno lo può. Non ha senso. Se noi soltanto potessimo scoprire ciò che veramente è il suo scopo!» (19,79).

21 Gli uomini si lasciano dominare dal malumore fino a provare ostilità verso gli altri. «Non s’arrabbiano per la semplice sfortuna, ma per la sfortuna che viene concepita come un’ingiuria. E il senso dell’ingiuria dipende dalla sensazione che una richiesta legittima è stata negata. Quindi, più saranno le pretese sulla vita che riuscirai a far reclamare dal tuo paziente e più spesso si sentirà ingiuriato, e, di conseguenza, di cattivo umore» (21, 85). Un’occasione di malumore sorge quando ritengono che qualcuno rubi il loro tempo, e sono costretti a rinunciare ad un programma prefissato.

«Il senso del possesso deve in generale essere incoraggiato. Gli esseri umani t’inventano continuamente pretese di proprietà che suonano ugualmente ridicole in cielo e nell’inferno, e noi dobbiamo mantenerli su questa linea. Gran parte della resistenza moderna contro la castità deriva dalla credenza che gli uomini hanno di “possedere” i loro corpi» (21,87). Il senso del possesso impedisce di solito una relazione serena con gli altri e con le cose, perfino un rapporto di pace con Dio. Il pronome possessivo “mio” presuppone una varietà di significati perché un conto è dire le mie scarpe, un altro dire mio padre, la mia patria, il mio Dio. Il possessivo può indicare una relazione affettiva speciale che richiede una maggiore cura e un esercizio di responsabilità, ed è questo che vuole Dio. Tuttavia, già dall’età infantile, l’uomo viene orientato a considerare ciò che è proprio come un oggetto sul quale è possibile esercitare un potere assoluto: «Perfino nella stanza dei giochi si può insegnare al bambino di voler dire, quando dice il mio  orsacchiotto”, non quel caro oggetto sul quale egli immagina di riversare il suo affetto e con il quale sta in una relazione speciale (questo è infatti quanto il Nemico vuol insegnare loro a voler dire, se non stiamo attenti) ma “l’orso che posso fare a pezzi se ne ho voglia”» (21,87-88). Il diavolo insegna ad esercitare un dominio su Dio stesso: «Abbiamo insegnato agli uomini a dire “il mio Dio” in un senso non proprio molto diverso da “le mie scarpe”, cioè: “il Dio sul quale ho dei diritti per i miei segnalati servizi e che io sfrutto dal pulpito – il Dio che mi sono accaparrato”».

22-23 Il giovane preso di mira dal tentatore, continua a dichiararsi cristiano e si fidanza con una ragazza di solida fede cristiana. A questo punto, per il diavolo diventa ancora più difficile distoglierlo dalla scelta religiosa. Consapevole di ciò, anziché aggredire in modo diretto la sua fede, si propone di alterarla. Tra le modalità impiegate, compare anche l’interesse per un’immagine falsata del Cristo, sviluppata in modo erroneo da talune ricerche sul Cristo storico, e che propongono una figura di Gesù ben diversa da quella tratteggiata dal Vangelo e tramandata dalla Chiesa. «Nell’ultima generazione abbiamo promosso la costruzione di un tale “Gesù storico” sopra una falsariga liberale e umanitaria; ed ora stiamo mettendo innanzi un nuovo “Gesù storico” su una falsariga marxistica, catastrofica, e rivoluzionaria. I vantaggi di costruzioni come queste, che abbiamo intenzione di cambiare ogni trent’anni circa, sono molteplici. In primo luogo, tendono a dirigere la devozione degli uomini verso qualcosa che non esiste, poiché ogni “Gesù storico” non è storico» (23,94). «I primi convertiti si convertirono per un solo fatto storico (la Resurrezione) e una sola dottrina teologica (la Redenzione)». Soprattutto tale elemento costitutivo della fede deve essere accantonato. Ancora di più, il cristianesimo non dovrà essere abbracciato come la verità che libera, ma soltanto come mezzo per qualche altro scopo.

24-25. Un altro modo ancora per corrompere la fede del giovane sta nel suscitare in lui un certo orgoglio spirituale: «Mentre il Nemico, per mezzo dell’amore sessuale e di alcune persone molto simpatiche che sono assai progredite nel suo servizio, sta attirando il giovane barbaro ad altezze che egli non sarebbe mai stato capace di raggiungere, devi fargli sentire che è lui che si sta trovando la sua propria altezza – che codeste persone sono della sua specie, e che, capitando fra di loro, è venuto a casa sua (24,99).

L’attesa spasmodica del futuro accompagnata dalla persuasione che esso stravolgerà le norme vigenti nel presente diventa un’altra ottima opportunità per adulterare il messaggio della fede. «Gli esseri umani vivono nel tempo, ed esperimentano la realtà per gradi successivi. Perciò, al fine di farne molta esperienza, devono sperimentare molte cose diverse; in altre parole devono sperimentare il cambiamento» (25,). Dal momento che hanno bisogno di mutamento, Dio ha equilibrato in essi l’amore a ciò che cambia con l’amore a ciò che permane: «Offre loro le stagioni ciascuna diversa, e tuttavia uguale ogni anno, così che la primavera è sempre sentita come una novità e tuttavia sempre come la ricorrenza di un tema immemorabile. Offre loro nella sua chiesa un anno spirituale; si muta dal digiuno alla festa, ma la festa è la stessa di prima». Mentre Dio ha prestabilito questo ritmo di saggezza, che prevede il cambiamento nella regolarità, il diavolo suggerisce l’orrore per ciò che fa apparire come vecchio, desueto. Così, mentre Dio desidera che gli uomini, riguardo alle questioni morali, si facciano domande molto semplici e chiedano a se stessi: è giusto? È prudente? È possibile? Il diavolo, invece, vuole che gli uomini si fissino in questi altri interrogativi: «Questa convinzione etica si accorda con la tendenza generale del nostro tempo? È progressista o reazionaria? È la strada per la quale è incamminata la Storia?».In realtà il futuro dipende delle scelte attuali; lo costruiamo noi a partire dal presente e non ha caratteri di una fatalità a cui è necessario adeguarsi. «Una volta essi sapevano che alcuni mutamenti erano per il meglio, altri per il peggio, altri indifferenti. Noi abbiamo in gran parte rimosso una tale conoscenza. All’aggettivo descrittivo “immutato” abbiamo sostituito l’aggettivo emotivo “stagnante”. Li abbiamo educati a pensare al Futuro come a una terra promessa che eroi favoriti riescono a raggiungere — non come qualcosa che ciascuno raggiunge alla velocità di sessanta minuti all’ora, qualunque cosa faccia, chiunque egli sia» (25,104).

26 Ogni stato di vita subisce un proprio genere di tentazione e un’occasione propizia viene data dal perido di fidanzamento. Conviene che i fidanzati sopravvalutino la forza dell’innamoramento: «Sfrutta l’ambiguità della parola “amore”: fa’ in modo che credano di aver risolto, per mezzo dell’Amore, problemi che di fatto hanno soltanto abbandonato o rimandato sotto l’influsso del fascino» (26, 105).

L’innamoramento, infatti, produce uno stato d’animo fatto di compiacenza nel quale ciascuno si sente veramente contento di cedere ai desideri dell’altro. Il diavolo dovrà fare in modo che i due fidanzati «stabiliscano come legge della loro vita coniugale quel grado di reciproco spirito di sacrificio, che al presente spunta naturalmente dal fascino, ma che, una volta che il fascino se ne sia andato, non avranno la carità sufficiente che li renda capaci di metterlo in pratica. Non scorgeranno la trappola, perché sono sotto la duplice cecità che li fa sbagliare nel considerare carità l’eccitazione sessuale e nel pensare che quell’eccitazione continuerà» (26,105).

In realtà l’amore erotico non è sufficiente, la carità è necessaria e nessuna qualità sostitutiva, come l’idea del disinteresse, può prenderne il posto. Il proposito di vivere nel semplice disinteresse farà sorgere gravi equivoci poiché ognuna delle parti crederà di aver usato maggior disinteresse dell’altra e così si sentirà maltratta da essa, mentre continuerà a credersi esente da ogni biasimo (26,108). «Spesso è impossibile stabilire i veri desideri dell’una o dell’altra parte; con un po’ di fortuna, finiscono col fare qualcosa che nessuno dei due vuole, mentre ciascuno sente una vampa di compiacimento di sé e custodisce un segreto pretesto a un trattamento di preferenza per il disinteresse dimostrato, e un segreto rancore contro l’altra parte per la facilità con la quale è stato accettato il sacrificio» (26,107).

La preghiera subisce un nuovo attacco: l’orante dovrà pregare in modo disincarnato, rimuovendo da essa ogni limite legato alla sua umanità. Se cade in frequente distrazioni, anziché chiedere l’aiuto di Dio, cercherà di lottare con le sue sole forze. Il Pater invita a chiedere a Dio il soccorso anche per i bisogni materiali della vita mentre ma il diavolo insinuerà che bisogna orientarsi a chiedere doni spiriruali e cercherà di incoraggiare una falsa spiritualità, insegnerà a coarta i desideri di felicità terrena che accompagnano necessariamente un fidanzamento.

27 Il diavolo lavorerà il cuore dell’orante suscitando dubbi sull’efficacia della preghiera fino a considerla una pratica assurda: «Se ciò per cui prega non avviene si avrà una nuova prova che le preghiere di petizione non raggiungono lo scopo; se avviene sarà naturalmente capace di vedere alcune delle cause fisiche che hanno condotto a quell’effetto che perciò sarebbe capitato in un modo o nell’altro» (27,110). Il tentatore suscita, poi, altri dubbi di carattere più teologico: come rapportare l’esaudimento delle nostre richieste con il piano eterno di Dio? Il giovane magari cercherà di trovare una risposta nelle riflessioni di uomini dotti del passato che hanno già affrontato queste questioni. Questo, tuttavia, non accadrà, a motivo di un modo di pensare che si sta imponendo: «Considerare l’antico scrittore come una possibile fonte di conoscenza – anticipare che ciòche egli disse potrebbe possibilmente modificare i tuoi  pensieri o il tuo modo di comportarti – sarebbe rigettato  come segno di un’indicibile semplicità di mente. E dal momento che noi non possiamo imbrogliare l’intera razza umana per tutta la lunghezza del tempo, ci è  di suprema importanza tagliare ogni generazione fuori  da tutte le altre» (27,112).

28-29.  Il diavolo sta perdendo terreno perché il giovane è riuscito a superare varie tentazioni (quelle descritte nei capitoli precedenti) ed ora ha acquisito una certa robustezza spirituale. Se morisse al presente (in seguito agli effetti dei bombardamenti nazisti), andrebbe in cielo e questo sarebbe la dura sconfitta del tentatore. A questo punto è preferibile fare affidamento sul logoramento che avviene nel tempo, dal momento che agli uomini è difficile perseverare.

«Se, d’altra parte, gli anni dell’età matura si presenteranno prosperi, la nostra posizione sarà ancora più forte. La prosperità  intreccia l’uomo col mondo. Sente che vi trova un posto  per lui, mentre in realtà è il mondo che trova un  posto nell’uomo» (28,116).

«Questa è la ragione per la quale dobbiamo  spesso desiderare che i nostri pazienti vivano a lungo;  settant’anni non sono troppo per il difficile compito di  districare le loro anime dal cielo e di stabilire un tenace  attaccamento alla terra».

«Quanto il tempo sia prezioso per noi si può giudicare dal fatto che il Nemico ne mette pochissimo a nostra disposizione. La più gran parte della razza umana muore nell’infanzia; e di coloro che sopravvivono moltissimi muoiono giovani. È evidente che per Lui la nascita umana è importante principalmente come qualifica per la morte umana, e la morte unicamente come porta all’altro genere di vita. A noi è permesso di lavorare soltanto su una minoranza selezionata della razza, poiché ciò che gli esseri umani chiamano “vita normale” è un’eccezione. Forse Egli desidera che alcuni – ma solo pochissimi – animali umani, con i quali sta popolando il cielo, facciano l’esperienza di resistere contro di noi durante una vita eterna di sessanta o settant’anni. Ecco, questa è la nostra opportunità».

Ritorna l’argomento della guerra, in modo particolare quello dei bombardamenti tedeschi sopra le città inglesi. Che cosa è più opportuno pe il diavolo? Favorire la viltà, oppure il coraggio con l’orgoglio che ne segue, oppure l’odio per i tedeschi? (29,118)

L’opportunità maggiore per il diavolo è costituita dall’odio che nasce nel cuore degli uomini. «Fagli dire che sente odio non per amore di sé, ma per le donne e per i bambini, e che al cristiano si dice di perdonare ai suoi, ma non ai nemici degli altri» (29,119).

L’odio viene incrementato dalla paura.«La viltà unica fra tutti i vizi, è puramente dolorosa – orribile quando la si prevede, orribile se la si prova, orribile a ricordarsi; l’odio ha i suoi piaceri. Esso è quindi, di frequente, il compenso con il quale un uomo spaventato si rifà per le sofferenze della paura. Maggior paura avrà, e maggiormente odierà. E l’odio è altresì un grande anodino della vergogna. Al fine di ferire profondamente la sua carità, dovresti in primo luogo sconfiggere il suo coraggio» (29,119).

A questo punto, però, il dilemma del diavolo s’infittisce. Deve incrementare la viltà negli uomini, visto che essa consolida l’odio? Egli qui corre un altro rischio: Se si diffonde la viltà, la società s’accorgerà della propria miseria morale e questa scoperta potrebbe indurla ad agire in senso contrario; il problema inevitabile della viltà e del coraggio sveglierà migliaia di uomini dall’abulia morale. Dio «vede, con la stessa chiarezza con la quale lo vedi tu, che il coraggio, non è semplicemente una delle virtù, ma la forma di ogni virtù quando giunge alla prova, vale a dire, nel punto della più alta realtà» (19,120). Questo è il vantaggio di vivere in un mondo pericoloso.

La soluzione possibile, dal punto di vista demoniaco, consisterebbe allora  nel coniugare la viltà con la disperazione (soffocando così la possibilità che la vergogna della propria viltà risvegli la moralità).Gli uomini tuttavia, quando provano un senso di disperazione, s’accorgono facilmente d’essere tentati e quindi reagiscono con forza. Rimane solo una soluzione di ripiego: confondere la deliberazione suscitata dal coraggio annebbiando la mente nel momento delle decisioni: «ciò che era voluto come totale dedizione al dovere viene riempito come un’arnia da piccole riserve inconsce» (29,121).

30 Gli eventi che sono seguiti, dopo la formulazione di questo piano d’assalto, hanno frantumato le aspettative del diavolo. Messo alla prova, il giovane si è comportato in modo inaspettato: «S’è spaventato terribilmente e crede di essere un vile e quindi non prova superbia; ma ha fatto tutto quanto il suo dovere richiedeva e forse un pochino di più» (30,123). Ora, per tentare il giovane, il diavolo ha la possibilità di frantumare la sua pazienza ma dovrà fare attenzione alla tattica efficace da usare: «Non è la fatica in quanto tale che produce l’ira, ma richieste inaspettate che si esigono da un uomo già stanco» (30,124). Quel che si deve evitare è la dedizione totale. «Qualunque cosa egli dica, fa’ in modo che la sua intima risoluzione non sia di sopportare qualunque cosa gli capiti, ma di sopportarla per un periodo di tempo ragionevole – e fa’ in modo che il periodo ragionevole sia più breve di quanto è probabile che la prova possa durare» (30,124).
suggerisce di far leva sulle emozioni del giovane più che sui suoi ragionamenti. Quale stato d’animo suscitare? «… fargli sentire, quando vedrà per la prima volta brandelli d’uomo appiccicati al muro, che questo è « ciò che il mondo è in realtà » e che tutta la sua religione non è che fantasia». ».Gli uomini, che sono stati completamente annebbiati sul significato della parola “realtà”, tendono a considerare realtà gli eventi negativi, mentre confinano quelli positivi nel regno dei sentimenti soggettivi. Il giovane volonteroso, di conseguenza, «non avrà difficoltà alcuna a considerare la sua emozione alla vista delle viscere umane come una rivelazione di “realtà”, e la sua emozione alla vista di bambini felici o del bel tempo come puro sentimento» (30,126).

Nell’ultima lettera (31) il giovane muore in maniera improvvisa sotto le bombe. Lewis descrive, in modo emoziante, il passaggio improvviso da questo mondo a quello della vita eterna. La disperazione del diavolo è molto forte quando descrive la visione di Dio ottenuta dal giovane morto di recente: «vide anche Lui. Questo animale, questa cosa generata in un letto, potè posare il suo sguardo su di Lui. Ciò che per noi è fuoco accecante, soffocante, è per lui luce rinfrescante, è la stessa chiarità, e porta le forme d’un Uomo [Cristo Risorto]» (31,129-130)

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