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Paul Ricoeur: la memoria, la storia, l’oblio

di Giovanni Balocco

Uno dei protagonisti più sensibili della coscienza filosofica del Novecento. Testimone prezioso per il suo collocarsi in un ideale crocevia delle molteplici e più vitali tendenze della ricerca filosofica odierna. L’originale snodarsi del cammino riflessivo di Ricoeur dalla fenomenologia all’ermeneutica e dalla metafìsica alla morale lo rende uno dei pensatori più autorevoli del secolo.

Suggestiva ed arricchente risulta la personalità filosofica di Paul Ricoeur, nato a Valence, in Francia, da famiglia ugonotta, il 25 febbraio del 19131 e formatosi nell’ambiente dall’Esistenzialismo e dall’Ermeneu-ica, ossia la corrente di pensiero che pone in primo piano il problema dell’interpretazione dei messaggi che la vita ci presenta.
Ricoeur sa coniugare una convinta fede religiosa con una forte autonomia, fornendo un pensiero con un taglio fortemente convincente e coinvolgente. Ricoeur va alla ricerca di una «filosofia della soggetti-vità» e di una «filosofia della Trascendenza» che con-vergano in una filosofia dei limiti dell’uomo. La filoso-fia non è la voce dell’essere, ma l’ermeneutica della vita, vita di esseri umani di carne e ossa, esseri di desiderio e di parola, plurali e fragili, capaci di agire e di patire, di interagire e di com-patire.

Le opere filosofiche principali di Ricoeur sono anzitutto La filosofia della volontà, composta di una prima parte, con il titolo Il volontario e l’involontario2, del 1950; e da una parte seconda La simbolica del male3, del 1960. Qui, Ricoeur dà anzitutto grande impor-tanza alla componente involontaria e condizionante dell’uomo (compreso l’inconscio freudiano, che egli apprezza molto), ad iniziare dai ritmi corporei, che sfug-gono in gran parte al controllo dell’uomo, quali la re-spirazione, la digestione e la circolazione del sangue. Ma nell’uomo è qualificante soprattutto la componente della volontà, fallibile, responsabile, anche se forte-mente inclinata al male morale, come prerogativa esclusiva dell’uomo.

L’uomo ha, prima, la possibilità di compiere il male e poi di sentirne una colpa. Questo fatto rivela che non è possibile comprendere l’uomo analizzando solo il fe-nomeno dei suoi comportamenti. È necessario ricerca-re un’altra strada, quella della spiegazione mediante simboli per comprendere ciò che l’uomo è. Il carattere oscuro ed opaco della colpa, infatti, fa sì che non si possa, come se la volontà fosse un fenomeno scientifi-co, ma si deve ricorrere all’aiuto di un mythos, un mi-to, cioè è necessario il ricorso al linguaggio mitico e simbolico che da sempre ha narrato la colpa. Le symbole donne à penser è la quasi intraducibile formula che Ricoeur usa per esprimere una via tra logos e mythos, una via che unisce l’ascolto della ricchezza sim-bolica con il comprendere, in un simile tentativo si congiungeranno l’immediatezza del simbolo con la mediazione del pensiero.

Poiché, il male è qualche cosa di insondabile, per com-prenderlo è indispensabile analizzarlo alla luce di miti contenuti in racconti che hanno un preciso messag-gio simbolico, tipo quello di Adamo ed Eva, nella prime potenti pagine bibliche, in cui Adamo ed Eva im-personano tutta l’umanità.

Così il simbolo suscita, promuove e alimenta la riflessione: il cogito, ossia, come io penso, io voglio, io sono, si muove sempre nella pienezza e nella «grazia» del linguaggio. Ma interpretare questo simbolo non è facile, perché la vita è complessa. Infatti, il dominio dell’interpretazione non è la terra serena nella quale il senso viene donato, ma la terra accidentata e violenta nella quale il senso viene messo in questione, le certezze apparenti vengono contestate, le illusioni smascherate e le interpretazioni si affrontano in una lotta senza fine. Ciò che viene pensato attraverso la mediazione della simbolica del male e della sua in-terpretazione è la condizione umana nella sua costituzione paradossale e antinomica: cioè la fragilità af-fettiva, la costitutiva sproporzione e l’essere conflittuale dell’uomo.

Emersa tutta la debolezza dell’uomo nel comprende-re se stesso, l’analisi critica di Ricoeur si rivolge quindi a quelli che egli giudica i maestri filosofici più in-fluenti del nostro tempo, vale a dire Marx, Freud e Nietzsche, che egli interpreta come maestri del sospetto, vale a dire come giustificatori di fondamenta-li e basilari sospetti. Marx comunica il sospetto che sotto tante nostre motivazioni, anche ideali, si na-scondano precisi interessi economici; Nietzsche avanza il sospetto che sotto tante nostre giustificazioni e scelte, si nasconda una precisa «volontà di potenza» o di autorealizzazione. Ed infine Freud comunica so-prattutto due sospetti di fondo: che sotto tanti nostri atteggiamenti e scelte, si nasconda un preciso moven-te sessuale, unitamente all’altro sospetto, che nella nostra vita l’inconscio abbia una parte molto più im-portante di quella che comunemente pensiamo. Nel 1965, Ricoeur condenserà queste sue riflessioni in Della interpretazione. Saggio su Freud4.

Tutta la ricerca di Ricoeur intende riesaminare l’uo-mo alla luce delle scoperte inquietanti fatte soprattutto da Marx, Nietzsche e Freud, per venire incontro all’uomo, dilaniato e tormentato dalla contrapposizione tra libertà e colpa, tra felicità e infelicità, smarrimento intellettuale e morale. In questo preciso senso la ricerca del filosofo francese rimane drammaticamente attuale anche oggi.

 


1 E morto il 20 maggio 2005, n.d.r.
2 Le volontarie et l’involontaire, trad. it, Il volontario e l’involontario, Genova, Marietti, 1990.
3 Finiture et culpabilité, trad. it. Finitudine e colpa II. La simbolica del male,Il Mulino, 1960.
De l’interprétation. Essai sur Freud, trad. it. Della interpretazione. Saggio su Freud, Milano, il Saggiatore 1966, poi Genova, Il Melangolo 1991

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