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Riscoprire il fascino della vita spirituale

di Matteo Andolfo

La meditazione è un’attività insieme conoscitiva, per il suo procedere riflessivamente, pratica, poiché l’ordine meditato e contemplato chiede di plasmare anche il proprio agire morale, e comporta un coinvolgimento affettivo1. Far meditare, additando un percorso che vale la pena intraprendere personalmente, è l’intento del saggio di Marco Panero, sacerdote salesiano, docente di Filosofia morale all’Università Pontificia Salesiana di Roma e prelato consigliere della Penitenzieria apostolica. S’intitola Nella tenda del convegno. Meditazioni di vita spirituale (Ancora, Milano 2023, pp. 142, € 15).

Queste pagine […] sono in realtà destinate a tutti coloro che, nel proprio stato di vita, aspirano a prendere sul serio la vita spirituale e desiderano progredire in essa, nutrendosi alla scuola sicura della Parola e della migliore tradizione della Chiesa (pp. 9-10).

Per riscoprire il fascino della vita spirituale, prosegue Panero, è sufficiente coglierne con rinnovato stupore l’essenziale, qui esposto servendosi dell’immagine della tenda del convegno, che ospitava l’arca dell’alleanza, descritta con abbondanza di particolari in Es 25-31 e 35-40. Spesso lo spunto per meditare è tratto dalla realtà esterna che si percepisce, che si memorizza e che si elabora con la fantasia, e dalla passionalità psichica il meditare attinge forza e vitalità, ma da Panero l’immagine è intesa come metafora dell’anima in grazia, in cui si realizza la comunione con Cristo. La metafora ha una forza particolare: è un’idea intravista nell’esperienza e traspone ciò che vale nell’ordine sensibile in un ordine non sensibile condensando in un solo termine la complessità del reticolato dell’analogia2 dispiegato da Panero nei nove capitoli del libro.
La tenda è già, come tipologia di dimora, simbolo del nostro limite: riconoscerlo e accettarlo «vuol dire abitare con serenità quella vasta zona grigia […] dove anche i momenti migliori restano venati da qualche preoccupazione» (p. 27). Il fatto che sia protetta da un recinto realizzato con tendaggi di bisso, una fibra tessile preziosa e resistente, e abbia quale copertura esteriore spesse pelli di capra, impermeabili all’acqua, precisa che la presenza di Dio nell’anima resta talora nascosta all’anima stessa, come se Dio se ne fosse andato, lasciandoci disorientati, in preda a un’angosciante solitudine del cuore, permessa da Dio allo scopo di portare la nostra fede a maturazione, poiché solo quando è tutto centrato su Dio il cuore è maturo per condividere questa pienezza con i fratelli.
All’interno del recinto sacro che circonda la tenda vi sono la tavola dei pani, l’altare dell’incenso e quello degli olocausti. Quest’ultimo si presta a simboleggiare la dimensione sacrificale costitutiva della vita cristiana:

Quando ci troviamo risentiti, amareggiati, scontenti e arrabbiati, proviamo a guardare con onestà in noi stessi: quasi certamente, scopriremo che era attivo quel modo di guardare alla vita come “pretesa da soddisfare” e “diritto da rivendicare”, che è l’esatto contrario dell’offerta a fondo perduto, della consacrazione3. Ora, la grande e mai compiuta conversione consiste proprio nel passare da un’impostazione all’altra: dall’attendere al donare, dall’esigere all’offrire […]. È una conversione che esige di essere riconfermata ogni mattina e, forse, anche più volte nell’arco della stessa giornata (p. 52).

Mentre ti chiede di offrirti con Lui ogni mattina, Dio si è già offerto per te e continua a offrirsi insieme a te.
L’altare degli olocausti è laminato in bronzo, invece quello dell’incenso è rivestito di oro puro, a segnalare un’importanza decisamente maggiore. Nel sacrario dell’anima siamo chiamati a essere sacerdoti di noi stessi mediante le diverse forme di preghiera, che danno senso, profondità e costanza a ogni progetto apostolico e caritatevole:
– la lode è l’espressione di un cuore che ama Dio e soffre per l’indifferenza di molti verso di Lui;
– il rendimento di grazie è, innanzitutto, per essere stati chiamati da Dio alla vita quando nulla in questo cosmo necessitava della nostra presenza, e per quanto di buono e santo Egli opera in chi ci sta accanto;
– con la supplica presentiamo a Dio le nostre necessità e quelle dei nostri cari; quando apparentemente non viene esaudita, ci ricorda che, al di sopra di tutte le urgenze e le preoccupazioni, ciò che è davvero decisivo è non perdere Dio;
– l’intercessione a beneficio di altre persone – non di rado sconosciute e che, con ogni probabilità, non verranno mai a sapere della costosa mediazione che ha reso possibile quella grazia – è una delle forme più alte di carità, perché offre all’altro il bene più prezioso: la benevolenza divina che viene invocata apposta per lui;
– il Rosario è un dolce colloquio con la Madre celeste sui misteri della vita di Gesù;
– l’implorazione di perdono;
– l’adorazione è la contemplazione del mistero sommamente amato, il Corpo di Gesù, che nella Comunione si rende a noi con-corporeo, per raggiungere la nostra anima e abitarla per l’eternità. Proprio nel mistero dell’Eucaristia, il cui simbolo è la tavola dei pani dell’offerta, si realizza al massimo grado la reciproca inabitazione che è il culmine dell’amore tra Dio e noi.
Di fronte alla tavola dei pani v’è la Menorah, il candelabro ebraico a sette bracci, ciascuno dei quali terminante in un calice a forma di fiore di mandorlo, che ospita al suo interno la lampada che arde ininterrottamente al cospetto del Signore, stabilmente presente in mezzo al suo popolo. Lo si può considerare metafora sia della fede teologale sia della vocazione specifica ricevuta in dono, due realtà che per sussistere vanno alimentate quotidianamente mediante la “formazione”, intesa come la risposta positiva alla nostra vocazione, «una risposta che per natura sua si dispiega nel tempo e mobilita integralmente le risorse del singolo» (p. 91)4.

Verso il Sancta Sanctorum

Prima di varcare metaforicamente la cortina che introduce nel Santo dei Santi della tenda, dice Panero, restano da compiere due atti fondamentali: la purificazione del peccato che è in noi e ci separa da Dio, simboleggiata dalla vasca per le abluzioni (il metodo più efficace è la pratica fedele dell’esame di coscienza, per giungere a sperimentare la contrizione, anche se si tratta delle solite mancanze, percependo meglio l’amore ferito e non corrisposto del Signore), e la consacrazione: il testo di Esodo prescrive che la tenda del convegno e ogni sua suppellettile, nonché le persone che vi opereranno debbano venire unte per essere consacrate per sempre, mostrando sorprendenti analogie con il Battesimo, la Cresima e l’Ordine; l’aspetto simbolico di tale atto è esemplificato, per l’autore, da san Paolo, che gradualmente depone le proprie resistenze interiori, cosicché il Signore possa prendere sempre più possesso di tutta la sua persona, trasformandolo nell’Apostolo delle genti. Il “profumo” della consacrazione si sprigiona dalla persona consacrata impregnando coloro che incontra, rappresentando il volto prossimo della Chiesa che li sta raggiungendo, attirandoli all’origine divina di quella misteriosa fragranza. Il Santo dei Santi è una piccola celletta, separata dall’ambiente più grande della tenda da una preziosa cortina di porpora, scarlatto e bisso, decorata con cherubini ricamati; vi era custodita l’arca dell’alleanza con le tavole della Legge. La santità del luogo deriva dalla presenza di Dio. Per questo nel Secondo Tempio, persa con l’esilio babilonese l’arca, la celletta rimane vuota: Ecco la grandiosa rivoluzione del monoteismo giudaico: è Dio che sceglie di abitare nella dimora, non è l’uomo che lo vincola a uno spazio sacro. […] Quando Israele vorrà andare da Dio, saprà dove trovarlo, ma Dio sfuggirà sempre alla sottile tentazione di controllarlo, di servirsi di Lui (pp. 127-128).
Ciò è metafora della presenza reale di Dio nel fondo della nostra anima, una presenza di ordine spirituale, dovuta alla grazia santificante, diversa dalla presenza d’immensità, per cui Dio partecipa l’essere a tutte le creature.
Accetto di perseverare in quella vocazione particolare a cui Dio mi ha destinato, anche se non vedo a lunga distanza, persino se i riscontri immediati appaiono scoraggianti, perché Egli è degno di fede, resta saldamente fedele. Ogni prova, per grande che sia, non sarà mai più grande di Dio, né sfuggirà al suo governo infallibile.
Riepilogando, il compito fondamentale della vita e della preghiera cristiana consiste nel restare uniti a Dio che ci inabita; l’Eucaristia è la base sacramentale che consolida e rinnova questa unione di volontà (volere ciò che Lui vuole e detestare ciò che Lui detesta), che, a sua volta, è la chiave della vita apostolica e la sorgente della pace del cuore, della vera fraternità e dell’amicizia.
Nella prefazione il card. Mauro Piacenza rileva il “taglio esperienziale” delle meditazioni di Panero, ossia lo sforzo di superare il piano della dottrina astratta per porsi su quello concreto della pratica spirituale, ed evidenzia come la Bibbia stessa concepisca la vita come un cammino, che la tenda come tipo di dimora evoca, un protendersi in avanti, in un continuo superamento delle tappe già percorse.
È l’epéktasis dei Padri greci e non solo5, che è la rielaborazione cristiana di una delle eredità più preziose per me, come neoplatonista, della filosofia di Plotino: l’ascesa spirituale a Dio, culminante nell’e(k)-stasi(s) mistica, esige la conversione alla propria interiorità, è anche un’enstasi, poiché, come ha magnificamente detto sant’Agostino, che tra i Padri latini ha massimamente ripreso questa tesi neoplatonica, Dio è nel contempo interior intimo meo et superior summo meo6. Uno dei pregi del saggio di Panero è di attualizzare questa profonda concezione attraverso la forza della metafora della tenda, che s’imprime più facilmente di una trattazione metafisica senza perdere nulla della densità del contenuto grazie alla ricchezza della metafora, dispiegata nelle pagine del libro.


1 Cfr G. Barzaghi, La meditazione, Esd, Bologna 1992.
2 Cfr Id., La geografia dell’anima. Lo scenario dell’agone cristiano, Esd, Bologna 2008, pp. 139 ss.
3 Quanto viene sacrificato può considerarsi consacrato, data la comune etimologia dei due termini che poggia sul medesimo riferimento al sacro.
4 Ci si forma solo passando attraverso il confronto con un’alterità positiva: altre persone, libri, altri punti di vista, altre esperienze di vita, ma soprattutto grazie allo Spirito Santo, che ci guida alla verità tutt’intera gradualmente, pur senza annacquarla, come un medico sapiente che dosa un potente medicinale alle forze del suo paziente.
5 M. Fattal, Conversion et spiritualités dans l’Antiquité et au Moyen Âge, L’Harmattan, Parigi 2017, studia la conversione all’interiorità per elevarsi a Dio in Platone e Plotino, nella Bibbia, in san Paolo, Agostino, lo ps.-Macario, al-Farâbî, al-Ghazâlî.
6 Agostino, Confessioni, III 6, 11. Ho esaminato come questa concezione si articoli in Plotino, in Agostino e in Cusano in M. Andolfo, La moderna logica aletica tra realismo tomistico e interiorità neoplatonica, Leonardo da Vinci, Roma 2018.


Nella tenda del convegno | Marco Panero| Ancora | 2023 | pagine 142 | euro 15

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