Rebecca libri

Una favola di Osvaldo Soriano

di Gianni Montieri

«Fu come se all’improvviso fossimo diventati due gatti e una sola paura.»

Ieri sera ho passato una splendida ora tra le pagine del racconto Nero, il gatto di Parigi, di Osvaldo Soriano, una favola, una storia per ragazzi, pubblicata per la prima volta in Italia da Liberaria editrice, con la traduzione (sempre perfetta) di Ilide Carmignani e le illustrazioni meravigliose di Vincenza Peschechera.

Quando ami un autore non lo consideri mai morto, anche se lo è o, prima o poi, lo sarà. Lo scrittore amato, il grande scrittore, rimane sempre vivo per i capolavori che ci ha lasciato. Romanzi, racconti, poesie che stanno sui nostri scaffali in bella mostra, nell’ordine che per loro abbiamo scelto, pronti a essere riletti qualche volta, a distanza di qualche anno tra una lettura e un’altra. Ogni volta troveremo una cosa nuova, ogni volta ci stupiremo e diremo cose come “Che bellezza”; e ci appunteremo un passaggio nuovo, e troveremo un nuovo (o diverso) significato.

L’estate scorsa ho riletto Triste, solitario y final (Einaudi), deve essere stata la terza o quarta volta. Ero in spiaggia quando sono arrivato in fondo e temo di essermi commosso in preda a una sorta di malinconia. Per Soriano provo una profonda nostalgia, sentimento che ha sempre maneggiato, il sentimento fondante della sua scrittura, me ne dà una nuova conferma Marco Ciriello che nella prefazione a Nero, il gatto di Parigi scrive: «[…] è un’ode alla nostalgia, che poi era la squadra nella quale Osvaldo Soriano ha giocato meglio.»

La storia è quella dell’amicizia tra un bambino e un gatto, è una faccenda d’affetto e di fantasia; su come si accorcino le distanze e in che modo si sciolgano le malinconie. La storia non è mai una sola e qui sta il grande insegnamento (un altro) di Soriano. Abbiamo un bambino che con la sua famiglia lascia Buenos Aires per Parigi, sono gli anni della dittatura di Videla. È una favola e Soriano lascia immaginare ciò che non è troppo necessario scrivere. Il bambino ha lasciato presso uno zio in Argentina la gatta cui era legatissimo, la sua amica fidata, sogna di tornare da lei.

Nero usciva la notte e a volte tornava debole e malconcio, coi baffi spettinati e qualche graffio beccato in una zuffa. Aveva amori passeggeri e tempestosi […].

A Parigi accadranno molte cose, per prima cosa accadrà Parigi, narrata e disegnata dall’alto e dal basso, una città in cui è difficile orientarsi, una città lontana da Buenos Aires. Le cose che accadranno saranno il ponte che unirà le distanze tra la Francia e l’Argentina. Il primo ponte lo costruiranno i genitori del piccolo che gli prenderanno un altro gatto, un randagio scostante, Nero. La sera, il padre, mappa alla mano racconterà al figlio il loro paese d’origine, mettendo l’immaginazione al servizio della storia. Si può dire la dittatura e il suo orrore senza nominarla, si può viaggiare sui tetti e immaginare una lunga strada che tenga insieme due luoghi e due malinconie.

A poco a poco, papà mi raccontò una lunga storia di scoraggiamenti e di utopie e mi diceva che io dovevo ereditare, soprattutto, la speranza.

Il gatto e il ragazzino si somigliano. Il ragazzino capisce subito il carattere scostante del gatto e asseconda quella diffidenza, la accompagna, diventano inseparabili. Non parla  al gatto, Nero non risponde, ma comunicano. Parigi è il loro terreno d’avventura. Nero conosce la storia del ragazzo e una notte, sui tetti incantati di Parigi, si guarderanno negli occhi e dentro gli occhi di Nero il ragazzino vedrà.

Vedrà Buenos Aires, la casa dove tornare, i colori del Sudamerica, la gatta che ha lasciato laggiù. In una strada di stelle vedrà annullata la malinconia e alimentata la speranza, la sua e di Nero, perché comunque andrà i due sono ormai legati per sempre.

Si comportava come se tutto fosse semplice, come se la capacità di trasformare il mondo rientrasse nelle sue doti naturali.

Con un passo molto vicino a quello evocativo della poesia, Soriano scrive pagine di una dolcezza infinita, ci racconta di quanto possa mancare un luogo quando si è costretti all’esilio, di quanto possano essere brillanti, avventurose e infinite le strade che gli uomini si inventano per poter tornare. Soriano i gatti li ha sempre adorati e qui ne sceglie uno e lo fa re del racconto, un piccolo Virgilio nero che guida un ragazzino tra i comignoli e il freddo insegnandogli a guardare.

Il libro esce grazie alla lungimiranza di Liberaria e di Alessandro Raveggi che cura la collana Phileas Fogg, in cui il testo compare; ed è per impaginazione, illustrazioni, traduzione e scelte grafiche un piccolo gioiello.

La risposta migliore è la fantasia come quella che hanno i fuoriclasse del Boca Juniors, stadio che si scorge fin dalla Torre Eiffel, come quella che hanno i bambini.

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