Lev Tolstoj
115 anni dalla morte dello scrittore russo
Il 20 novembre 1910 moriva Lev Tolstoj.
Nato nel1828, rimase orfano di entrambi i genitori a 9 anni.
Frequentò la facoltà di orientalistica e poi quella di giurisprudenza senza portare a termine gli studi.
All’inquietudine degli anni giovanili cercò risposte nei libri, come la la Bibbia e Rousseau.
Desideroso di apparire irreprensibile, assetato di sincerità, incline alla vita dissipata ma dotato di un forte senso morale, si diede rigide regole di comportamento che non rispetta, ricorre presto a quella forma di autocontrollo che è il diario.
La partecipazione ad alcuni fatti d’arme, la dimestichezza con la gente del luogo lo misero in contatto con quella pienezza di sentimenti e d’istinti, cui l’uomo di cultura anela senza poterla raggiungere.
L’opposizione tra natura e cultura e la preferenza accordata alla prima accompagnarono Tolstoj in tutto il cammino, motivando le sue scelte letterarie, pedagogiche, di vita.
Durante la guerra di Crimea partecipò all’assedio di Sebastopoli dando a sé stesso quella prova di valore di cui aveva bisogno. Poco dopo la caduta di Sebastopoli lasciò l’esercito, compì un viaggio a Parigi e in Svizzera, seguito, qualche anno più tardi, da un lungo soggiorno in Germania, Svizzera, Francia, Belgio, Inghilterra, Italia.
Nel 1859 aprì a Jasnaja Poljana una scuola per i figli dei contadini, fondata sulla piena libertà degli allievi, e favorì l’apertura di altre scuole analoghe; mosso dal bisogno di coerenza, tentò di liberare dalla servitù della gleba i suoi contadini, che si mostrarono però diffidenti.
Dopo l’abolizione della servitù della gleba nel 1861 divenne arbitro di pace nelle controversie tra proprietari e contadini, guadagnandosi l’odio dei possidenti e una denuncia come sovversivo.
Si sposò nel 1862 con la diciassettenne Sofija Andreevna Bers, da cui avrà tredici figli e diede un ordine più stabile alla sua vita.
All’estenuante lavoro su Guerra e pace segue un lungo periodo di stanchezza creativa e di depressione, durante il quale si dedicò al lavoro dei campi, allo studio del greco. Sono anni di lutti familiari: muoiono due dei suoi figli, in tenerissima età, e altri parenti.
A inizio 1900 era divenuto lo scrittore più noto del suo tempo, ma non si era acquietato: avvertiva, più intollerabile che mai, il divario tra la sua vita di ricco nobile e la sua predicazione, il senso d’impotenza di fronte alla sofferenza dei più, il peso dei dissidî domestici. Vecchio e malato, compie l’atto che aveva meditato per anni, e che ha ormai un valore soltanto simbolico: fugge, abbandonando famiglia e proprietà, in un supremo sforzo di coerenza.
Morì l’11 novembre 1910, dieci giorni dopo la fuga.
“Fais ce que dois” (“fa ciò che devi”) sono le ultime parole da lui scritte.
Riscopriamo questo autore con libri suoi e su di lui

