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Malinconico addio: “Belfagor” chiude dopo 66 anni e 400 numeri

Una rivista da sempre «eretica» fondata nel 1946 da Luigi Russo e Adolfo Omodeo

La «rassegna di varia umanità», fondata a Firenze il 15 gennaio 1946 da Luigi Russo e Adolfo Omodeo, e poi diretta dal 1961 (alla morte del padre) sino a oggi dal figlio Carlo Ferdinando Russo, ha annunciato la chiusura con il fascicolo in uscita il 30 novembre 2012. Una conclusione, dopo 400 numeri, che non giunge inaspettata: Russo, che ha compiuto novant’anni, si ritira dopo mezzo secolo senza che ci sia nessun esponente della famiglia pronto a prendere il timone. “Belfagor” è una straordinaria “impresa di famiglia” che non ha mai previsto né prevede comitati o gestioni collegiali. «La casa editrice, con i due responsabili, Daniele Olschki e Costanza Olschki – spiega il segretario di redazione Raffaele Ruggiero – ha insistito con ogni mezzo perché il professor Russo continuasse la rivista: e dunque non ci sono ragioni né economiche né di tiratura». Eppure la rivista gode di ottima salute economica, fatto rarissimo di questi tempi. Ha una tiratura di circa duemila copie, di cui 1.300 in abbonamento; è una delle poche riviste “in pari”, cioè si sostiene con il solo introito degli abbonamenti e delle vendite. Onorata da studiosi e accademici, aperta al tempo stesso sul mondo e sempre pronta a difficili battaglie, ha saputo durare nel segno delle compresenze culturali. “Belfagor” è stata rivista letteraria, accademica e politica insieme, coniugando rigore e militanza, erudizione filologica e pungente saggismo, ha ospitato Gianfranco Contini e Norberto Bobbio, Cesare Musatti e Sebastiano Timpanaro, Walter Binni e Giulio Ferroni, Cesare Segre e Mario Isnenghi, per citare solo alcuni nomi di un vero pantheon letterario.

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