Rebecca libri

Piccola cara…, Simone Weil, Marietti 1820, 2021

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Piccola cara,
risponderle è molto difficile: nessuno sa quel che ai nostri giorni potrà accadere in politica estera. Una sola cosa è certa: la guerra è sempre possibile, in qualsiasi istante. Il fatto che gli Stati non abbiano denaro non vuol dire niente; essi hanno un potere illimitato di fabbricarne grazie ai biglietti di banca (l’inflazione monetaria è un’imposta mascherata; è con questa che lo Stato incrementa i propri fondi a spese dei privati cittadini). [ … ]
Detto questo, non credo nell’imminenza di una guerra, sebbene al riguardo io non abbia alcuna certezza. La classe dirigente francese ne ha paura, perché è convinta che la Germania è la più forte. Sulla questione della Saar, la Francia sembra disposta a cedere. E in gran parte ha già ceduto, dal momento che consente a bande terroriste inviate da Hitler di seminare il panico tra la popolazione di quella regione. La libertà di voto non vi sarà rispettata. La questione della Saar è una di quelle questioni per le quali non si dà soluzione che non sia nefasta: l’annessione alla Francia vorrebbe dire il trionfo dell’imperialismo francese e la guerra; l’annessione alla Germania significherebbe abbandonare una popolazione operaia a un orribile regime di terrore e di oppressione.
La seconda soluzione è sin da ora quasi certa e siamo costretti, ahimè, a rallegrarcene, giacché questo eviterà momentaneamente gli orrori ancor più crudeli della guerra.
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Un consiglio in generale: diffidi in ugual misura di tutti i giornali. In particolare, «L’Humanité» è menzognero quanto «L’Ami du peuple» di Coty – il che non è poco. Com’è possibile? Dipende da quello che succede in Russia.
La rivoluzione russa ha avuto un’evoluzione in qualche modo simile a quella francese: la necessità di lottare con le armi contro il nemico interno e esterno (in Russia c’è stata guerra pressappoco dal 1918 al 1923) ha causato la morte dei migliori e ha costretto il paese a consegnarsi a una dittatura burocratica, militare e poliziesca che di socialista e comunista non ha altro che il nome. [ … ] In nessun paese, nemmeno in Giappone, le masse lavoratrici sono più miserabili, più oppresse, più svilite che in Russia. Se lo affermo in modo così perentorio, è perché lo so, come può immaginare. Le mie fonti d’informazione sono, in primo luogo, quanti hanno vissuto lì per anni, le cui testimonianze sono concordi, e che non possono essere sospettati di malanimo sistematico (alcuni sono andati in Russia entusiasti della Rivoluzione e hanno avuto incarichi di responsabilità nell’Internazionale comunista; altri sono operai senza partito ma di tendenze rivoluzionarie); poi, i documenti ufficiali russi, la stampa russa; e anche su «L’Humanité», se la si legge con spirito critico, si trovano prove della barbarie e dell’oppressione che si fregiano del nome di regime sovietico. Questo vuol dire che tutte le opere della letteratura russa di questi ultimi anni sono piene di menzogne (era ben diverso ai tempi di Lenin). Gli scrittori che lì si rifiutano di mentire sono mandati in Siberia dove – mi ascolti bene – sono lasciati, loro e le loro famiglie, senza alcuna risorsa per vivere. Nel libro di Il’ja Erenburg, l’unica cosa vera è la descrizione della gioventù entusiasta e avida di costruire, ma un simile entusiasmo, alimentato dall’ignoranza e dal fanatismo, fortemente intriso di nazionalismo, non differisce essenzialmente da quello dei giovani fascisti italiani o dei giovani hitleriani. [ … ]
La corruzione del regime russo ha comportato la corruzione dei partiti comunisti, che sono interamente nelle mani di Mosca. Il partito comunista tedesco ha grandi responsabilità nella vittoria di Hitler. Quello francese ricomincia con le stesse idiozie criminali. [ … ]
Quanto ai socialisti, essi sono, a loro volta, per più di tre quarti imborghesiti.
Mi stringe il cuore non aver altro da dirle che cose tristi. Ma devo dirle la verità. Su tutta la superficie della Terra trionfano l’oppressione e il nazionalismo. Questa non è una ragione per rinunciare alle proprie idee: è già qualcosa non lasciarsi riempire la testa. È per questo che, in fondo, sono molto contenta che tutte voi abbiate uno «spirito critico». [ … ]
E tuttavia ho quasi paura delle responsabilità che mi sono assunta inconsapevolmente (inconsapevolmente, perché non avrei mai immaginato di aver esercitato in modo indiretto una simile influenza sulla classe); infatti, la società attuale non ha in serbo altro che sventure e delusioni per coloro che si rifiutano di adattarsi all’oppressione e alla menzogna. Lo sappia fin da ora. Noi non siamo in una di quelle epoche in cui il renitente possa trovare conforto e sostegno in grandi correnti di opinione. Il renitente è moralmente e materialmente solo e lo sarà in misura sempre maggiore – parlo del vero renitente; non do questo appellativo, per esempio, ai capi comunisti che fingono di lottare contro una forma di oppressione, ma di fatto ne accettano una di gran lunga peggiore, quella di Stalin; né lo do ai socialisti, sempre pronti a genuflettersi dinanzi alla forza. Soltanto coloro che sono veramente forti, veramente coraggiosi, veramente generosi reggeranno ai colpi. Sebbene a sedici anni si abbia diritto a qualche illusione, è meglio che lei sappia tutta la verità e subito. Non ho il tempo di fornirle le prove di tutto ciò che ho detto, ma saprà bene, immagino, che io non vorrei mentire né a lei né a me stessa. È mio malgrado, in modo particolare sulla Russia, che sono stata costretta ad ammettere la triste realtà. [ … ]

Con affetto.

 

[Lettera indirizzata a Simone Giberr, scritta forse da Roanne nel maggio del 1934].