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La traduzione collaborativa

di Dori Agrosì
Fonte: N.d.T.

La raccolta Il principe felice e altre storie, di Oscar Wilde, continua a conoscere numerose edizioni e traduzioni da circa vent’anni. L’edizione 2019 è uscita per i Tascabili Bompiani, in una nuova traduzione a dodici mani come progetto di traduzione collaborativa.
Sappiamo che per tradurre un testo non esiste una sola modalità, ma almeno due: la traduzione di un solo traduttore e la traduzione a più mani. Naturalmente anche qui, nel secondo caso, non esiste una sola modalità, ma almeno due: la suddivisione del testo in più parti, dove ciascuno dei traduttori ne traduce una parte ‒ senza tuttavia dare per scontato che ci sia un confronto tra loro ‒ in autonomia, e questo rende il metodo di nuovo autoriale. Spesso l’obiettivo è di ottenere voci diverse, se i capitoli sono scritti da autori diversi, oppure se lo stesso autore alterna voci diverse. Comunque sia, questa suddivisione delle parti è frequente e i motivi sono infiniti.
Una seconda modalità tra le altre possibili, è la traduzione collaborativa, una tecnica affascinante, certamente non nuova e tuttavia ancora poco diffusa in Italia. Un esempio  piuttosto noto e recente è il duo Enrico Terrinoni e Fabio Pedone per la loro ritraduzione a quattro mani di Finnegan’s Wake di Joyce (Mondadori).
Al contrario di quanto si potrebbe immaginare, l’obiettivo della traduzione collaborativa è di ottenere una voce omogenea e nel rispetto dell’originale. Qui ciascuno è traduttore e revisore a vicenda e a rotazione, fino a uniformare la voce di tutto il testo, di tutto il libro, da cima a fondo.
Ma come funziona?
I traduttori si dividono in coppie e tra loro viene scelto un coordinatore (e può anche esserci un traduttore madrelingua); prevede riunioni e riunioni, diventa un’esperienza condivisa che va oltre la professionalità, è divertente; certo, è necessaria la sintonia, se non addirittura l’amicizia, il rispetto.
L’esempio che vi raccontiamo si riferisce a un progetto editoriale di sei ex allieve della Civica Scuola per Interpreti e Traduttori Altiero Spinelli di Fondazione Milano. Su proposta della loro ex docente Franca Cavagnoli ‒ che in Civica da alcuni anni affronta l’aspetto della traduzione collaborativa ‒ hanno formato un gruppo di lavoro.
Il progetto le ha viste impegnate sulla ritraduzione della raccolta di Oscar Wilde, Il Principe felice e altre storie. Il lavoro a dodici mani è riuscito molto bene e il libro è stato pubblicato da Bompiani.
Il gruppo si è suddiviso il lavoro per coppie, con una coordinatrice e una (quasi)madrelingua, in questo modo:
Maria Laura Capobianco (coordinatrice) e Claudia Corrao; Giada D’Elia e Erica Maggioni; Bojana Murišić (traduttrice madrelingua serba, seconda lingua inglese, USA) e Giorgia Stefani.
Qui di seguito l’intervista.
Buona lettura,
Dori Agrosì

Giorgia Stefani, come si è svolto il vostro progetto di traduzione collaborativa?
Leggere, analizzare, passare al microscopio e poi tradurre, revisionare e rivedere le fiabe di Oscar Wilde con dodici occhi anziché due, ci ha permesso di portare nel lavoro una ricchezza di prospettive che soltanto dei traduttori esperti, abituati a raccogliere le tante voci del testo, sanno trasmettere.
Per noi, alle prime armi come professioniste, ma appassionate e nel vivo del nostro allenamento, questo primo progetto è stata un’occasione preziosa, utile, di condivisione. Abbiamo beneficiato l’una delle doti dell’altra, ma siamo anche intervenute con agilità l’una sulle debolezze dell’altra, compensandoci quindi e mettendoci in discussione, in un rapporto di parità che, sebbene ancora assistito da Franca Cavagnoli, è stato e – va detto anche questo – molto divertente.

È stato laborioso, ma anche divertente?
Divertente perché pieno di sfide interessanti, divertente perché tra noi siamo sempre andate molto d’accordo, e divertente perché quella dose di gioco, di scoperta che rende così bello il lavoro del traduttore e che spesso – e nel caso di testi come quello di Wilde – porta anche chi traduce da solo a farsi delle sonore risate davanti al pc, e in una traduzione di gruppo si colora di sfumature ancora più belle.

Quali sono i rischi di questa tecnica a più mani sullo stesso testo?
Naturalmente l’unione non fa sempre la forza e all’inizio tutte noi avevamo diverse perplessità. In particolare, dal minuto zero ci è stato chiaro un rischio: che la traduzione a più mani potesse compromettere l’unità e la coerenza del testo a livello di stile, di ritmo, di registro. Un rischio che ci ha accompagnato come uno spauracchio per i tanti mesi passati con Oscar, ma che siamo convinte di avere in buona parte sventato, grazie alle mille revisioni a catena che abbiamo fatto l’un l’altra: due giri per ogni fiaba, le revisioni complete e finali di Maria Laura, infine la revisione della Bompiani.
Guardare lo stesso paragrafo o la stessa parola con più occhi, investire quindi il doppio delle sensibilità, ma in contemporanea, ci ha fatto cogliere più rapidamente le tante sfaccettature fino a ottenere una traduzione coerente.
Questo vale in particolare per i racconti più lunghi che oltre ad avergli riservato lo stesso numero di passaggi di revisione delle altre fiabe, li abbiamo divisi a metà, presi in carico contemporaneamente da due di noi. In questi casi, prima di affrontare il testo, le due di noi che hanno avuto la fiaba hanno letto e analizzato tutto il testo ciascuna per conto proprio. Poi, e prima di cominciare, si sono trovate per un momento di confronto preliminare per raggiungere una decisione concorde sulla questione della voce narrante, il registro, i tempi verbali, i campi semantici da prediligere, il ritmo. Dopodiché ciascuna ha tradotto la sua parte, l’ha consegnata all’altra e di nuovo, a valle della fase di scrittura, ci siamo confrontate con testi commentati alla mano per scegliere insieme le soluzioni migliori su ogni nodo del testo, rivedere altre scelte alla luce degli equilibri complessivi raggiunti, smussare angoli e, non per ultimo, limare eventuali discontinuità tra le due parti sorte in fase di accorpamento.

La traduzione collaborativa è quindi un metodo che include traduzione e revisione insieme?
Un lavoro che in qualche modo somiglia a quello di revisione, ma che ancora di più si avvicina al testo e arriva in profondità: laddove un bravo revisore, in disaccordo con una scelta deve mettere la scelta del traduttore davanti alla sua (anche nel caso di un suggerimento migliorativo che il traduttore non raccoglie), un co-traduttore ha invece il potere di perorare la sua causa con più diritto, e magari riuscire a migliorare o ripensare una scelta, o anche solo accompagnare il suo co-traduttore per migliorare la scelta finale.

Ciao Bojana, tu sei l’elemento madrelingua serba e hai studiato in America. In questo gruppo di lavoro sei stata una sorta di orecchio sul testo fonte. Quanti sono stati i giri di revisione in totale?
Bojana Murišić: Siamo salite a bordo di questa affascinante avventura nell’agosto del 2016 senza sapere dove sarebbe approdata la nostra squadra di sei ragazze determinate ad affrontare Oscar Wilde. Insieme alla mia co-traduttrice Giorgia Stefani abbiamo tradotto Il compleanno dell’Infanta, una fiaba a cui abbiamo dedicato circa venti revisioni. Ci siamo divertite nel nominare i file, speravamo di concludere la nostra parte di traduzione nell’aprile del 2018 e abbiamo perciò creato il file Infanta e ultimissime cose, rendendoci conto che alle nostre revisioni sono poi seguiti altri cinque giri con altrettanti e infiniti scambi di e-mail. Alla fine, ne è valsa la pena essere state così attente e meticolose.

Maria Laura Capobianco, la coordinatrice, ci spiega come si è svolto tecnicamente il lavoro insieme a Claudia Corrao:
Il tempo che ho trascorso insieme alla fiaba Il principe felice è stato un tempo incantevole, caratterizzato da una solitudine che mi ha regalato una delle esperienze traduttive più intense mai vissute. La vera bellezza, però, della traduzione collaborativa è arrivata al momento di tradurre Il pescatore e la sua anima. Circa trenta cartelle: troppe, e troppo cariche per essere affidate alle cure di due soli occhi. La mia copilota in questa complessa acrobazia aerea è stata Claudia Corrao. Dopo esserci suddivise la fiaba, ci siamo rinchiuse nel solito cantuccio isolato dove dal magma ribollente del prototesto comincia a solidificarsi la prima stesura. Molto labor limae e molte autorevisioni dopo, abbiamo bussato ciascuna alla porta dell’altra, presentandoci a vicenda il risultato del nostro lavoro. Claudia ha revisionato la mia metà fiaba, e io la sua, ed è stato allora che il processo è diventato gioioso. Lo scambio epistolare tra me e Claudia è stato fra i momenti più arricchenti. Dopo aver revisionato con il testo a fronte ciascuna la metà fiaba dell’altra, siamo passate a una fase ancora più delicata del lavoro: quella di uniformazione, il momento in cui bastava una minima alterazione in un verso piuttosto che in un altro per far collassare l’intero castello di carte.
Livellati i traducenti, bisognava rimodulare il corpo sonoro: armate di un diapason interiore, abbiamo accordato le corde invisibili che si allungavano tra la prima e la seconda metà della fiaba, avendo cura di non perdere le impercettibili vibrazioni e le melodie sottese di Oscar Wilde. Prima di passare alla revisione esterna, Claudia si è fatta carico di un passaggio intermedio e ha riletto l’intera fiaba (la mia parte e la sua) per verificare la buona coesione interna su tutti i livelli: era importante che le due metà non restituissero l’impressione di due arti assemblati da un Victor Frankenstein, ma che il testo fosse armonico.
Terminato questo processo di pulizia sonora, e garantita la sopravvivenza in italiano di tutte le espressioni sensoriali (uditive, visive, olfattive, tattili, persino gustative), abbiamo consegnato Il pescatore e la sua anima a Bojana e a Erica. Al termine di alcune settimane ci hanno restituito un file ancora zeppo di annotazioni ‒ abbondanza data dal bilinguismo dell’una e dalla meticolosità dell’altra. Ci siamo quindi rimesse all’opera, ciascuna sulla propria metà, ma in costante comunicazione, poiché in quest’ultima fase nessuna modifica poteva avvenire senza il placet della copilota.
Nell’ultima lettura abbiamo spazzato via i granelli rimasti tra una revisione e l’altra: la versione definitiva era pronta. Le pagine che ora fanno parte della raccolta pubblicata da Bompiani sono quindi frutto di un dialogo dove ciascuna voce ha contribuito al migliore risultato possibile.

Erica Maggioni e Giada D’Elia, come si sono svolte le fasi di lavoro a quattro mani tra voi due?
Erica Maggioni: Nella nostra esperienza di traduzione collaborativa di sei persone, ognuna di noi ha tradotto una fiaba singolarmente e una a quattro mani. Ogni testo è stato poi sottoposto a tre revisioni, effettuate da tre colleghe che non avevano partecipato alla sua traduzione (per esempio, Il figlio delle stelle è stato tradotto da me e revisionato da Giada, Claudia e Maria Laura).
Lavorare in un gruppo di traduttrici è molto stimolante e istruttivo, perché si hanno sempre il compito e la possibilità di confrontarsi per pensare insieme a una resa efficace. Perciò ritengo che le caratteristiche principali del nostro lavoro siano state la collaborazione, la comprensione e il rispetto: la collaborazione perché ogni testo è il frutto del lavoro di più persone; la comprensione per capire le scelte delle compagne prima di valutarle; il rispetto per mettere da parte ego e autorialità e accettare una proposta migliore.
Se un gruppo di lavoro in cui ognuno traduce una fiaba e gli altri revisionano implica già queste tre componenti, tradurre un testo a quattro mani le implica ancora di più. Nel tradurre Il razzo ragguardevole, Giada e io abbiamo preparato ciascuna una propria versione e poi le abbiamo miscelate per ottenerne una unica, soffermandoci su ogni frase, su ogni parola per confrontare le due opzioni e scegliere quella che più ci piaceva o trovarne una terza insieme.
L’obiettivo non era infatti quello di scegliere una delle due versioni, ma elaborarne una singola che rappresentasse lo stile di entrambe.

La parola a Giada D’Elia:
Giada D’Elia: Tradurre un’opera letteraria in gruppo è un lavoro molto affascinante e stimolante, ma anche complesso. Nella prima fase della traduzione a quattro mani della favola Il Razzo ragguardevole, Erica e io abbiamo deciso di immergerci nel testo ‒ prima come lettrici, poi come traduttrici ‒ in maniera individuale. Ritengo che l’approccio alla traduzione richieda una condizione di isolamento necessaria per entrare in intimità con la musicalità e la poetica del testo, nonché con i pensieri dell’autore.
Nella seconda fase abbiamo confrontato le nostre versioni. Frase per frase, parola per parola, abbiamo scandagliato ogni aspetto della traduzione per ottenere la resa migliore. Lavorare in coppia a una traduzione significa aprirsi al confronto, all’analisi, alla riflessione profonda. A volte ci siamo ritrovate a discutere per giorni sulla scelta di un aggettivo, in altre si creava una sintonia tale che le frasi filavano lisce a entrambe da subito.
Nell’ultima fase ogni favola è stata sottoposta a tre revisioni effettuate da chi non vi aveva mai lavorato. Anche in questa ultima limatura del testo ci sono sempre stati rispetto e collaborazione tra di noi, oltre all’amicizia. Condividere questa esperienza ha significato per me raddoppiare la soddisfazione che provo ora leggendo sul libro i nostri nomi, stampati sulla pagina uno accanto all’altro.

Un altro esempio di traduzione collaborativa formato da tre ex allieve della Civica Scuola Interpreti e Traduttori Altiero Spinelli di Fondazione Milano, è Parole Migranti, un progetto che si è consolidato in seguito a un master in traduzione, dove Cristina Galimberti, Ilaria Stoppa e Martina Ricciardi si sono conosciute. Con un bagaglio linguistico composto da inglese, russo, francese e tedesco, si occupano di traduzione collaborativa e di formazione per traduttori. Il loro sito offre una panoramica dettagliata delle loro attività, tra cui servizi redazionali, workshop di editoria, traduzione, conferenze, corsi di lingue e salotti di traduzione.
La loro prima traduzione collaborativa è uscita nel 2018 per i tipi di Atmosphere Libri, La mia prima Alice, di Lewis Carroll, una versione de Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie riscritta dallo stesso Carroll per bambini molto piccoli.
Nel loro prossimo Salotto presentano la traduzione collaborativa Il principe felice e altre storie, si terrà il 13 dicembre 2019 alle 18.30 insieme a Cristina Galimberti, Franca Cavagnoli e tutte e sei traduttrici.
Non mancate! E a presto con la prossima newsletter!
Dori Agrosì

Fonte: N.d.T.
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