Rebecca libri

Cosa vuol dire essere una libreria indipendente oggi? Dialogo con Fahrenheit 451.

di Eleonora Bufoli

Campo de’ Fiori. Lo sguardo della statua di Giordano Bruno impera dall’alto. Come una saetta, trapassa il cappuccio calato sul capo, è maestoso e severo, dalla sua posizione svettante può controllare tutto, quasi a rammentarci la sua opposizione fiera ad ogni forma di oscurantismo. Il potere del libero pensiero è eterno, fiamma la cui luce è stata soffocata ma non potrà mai spegnersi. La struttura della piazza è accogliente, i limitrofi vicoletti stretti si contorcono in angoli e crocicchi, fino a trovare riposo in questo spazio aperto. Luogo che evoca coralità, invita allo stare insieme, tipica piazza in cui ospitare un mercato colorato ed una cittadinanza vivace. Eppure, una socialità così connaturata sembra messa in pericolo dalla presenza aggressiva di pub che ormai hanno strappato l’affaccio sulla piazza alle botteghe, conquistandosi una posizione di rilievo. L’anima del luogo non è scomparsa, viene custodita gelosamente dal cinema Farnese e dalla libreria Fahrenheit 451, strenui oppositori alle asfittiche logiche di mercato, curatori della bellezza e della qualità, artefici di una coraggiosa attività di ricerca e di cultura. Ad un primo sguardo sembrano fuori posto, cosa ci fanno in una piazza piena di persone che cercano in tutti i modi di attirarti nei loro pub? Come fanno a dialogare con una folla giovane e turistica che cerca da questo luogo solo divertimento? Eppure, sono gli antichi baluardi della Roma bohemien, fatta di artisti, nei cui vicoletti scorreva cultura e artigianalità. In perfetta sintonia con la potenza eversiva di Giordano Bruno. La libreria ha una sola vetrina ed un ingresso non appariscente. Non cerca di attirarti ad ogni costo, è silenziosa, gentile, pacata. Appena si entra, l’ingresso si trasforma in un portale che ci catapulta in un’altra dimensione. Si è accolti nel regno di Catia, la proprietaria, libraia appassionata, che vive in simbiosi con i libri e con i propri affezionati clienti. La sua ospitalità e gentilezza ci conquistano subito. Il suo regno le somiglia: ha la sua stessa personalità estrosa, la stessa curiosità e fame di cultura che trapela dal suo sguardo gentile, nascosto dietro occhiali rossi dalle forme geometriche. I tre ambienti che costituiscono la libreria sono atipici, lunghi e stretti. Le pareti sono colme di libri e lì dove emerge qualche angolo vuoto, ci pensano i quadri e le illustrazioni ad ottemperare all’horror vacui. Qui, finalmente, si percepisce un’anima. Il cliente è avvolto da pareti di carta, è immerso in un vero e proprio universo di opere diversissime tra di loro. In questo labirinto, il nostro filo di Arianna è Catia che ci invita comunque a perderci, a farci sedurre da ogni scaffale, a fermarci, uscire dal vortice frenetico in cui siamo immersi ed assaporare questo microcosmo, scrigno di tesori inestimabili, dai mille colori, avvolto dal bianco delle pareti e protetto da uno splendido soffitto a travi di legno.

Iniziamo dalle origini, quando nasce questa splendida libreria? Sorge in un luogo emblematico di Roma…come dialoga con esso?

La libreria è stata fondata nel giugno 1989 a piazza Campo de’ Fiori, quando qui vi era ancora un vero mercato rionale. Era un territorio diverso, un quartiere realmente vissuto ed abitato. Io da vera appassionata di arte, spettacolo, cinema, ho deciso di aprire una libreria specializzata in tali argomenti. Inoltre, il quartiere era frequentato da attori ed artisti bohemien. Al posto dei pub che assediano la piazza oggi, vi erano gli alimentari e le botteghe. Mi ricordo che una di esse aveva esposto in vetrina un cigno di cioccolata kitsch, un po’ di plastica, ma molto divertente. Poi c’era una tintoria, il bar, il forno, un negozio di pasta all’uovo fatta in casa. Un microcosmo ora sparito. Questo fenomeno riguarda tutta Roma, soprattutto il centro storico. Vicino alla libreria c’è da sempre il Cinema Farnese, fa ottime programmazioni, ora è diretto dalla figlia e dal marito, sono bravissimi. Il miglior cinema di Roma, come una delle migliori librerie di Roma, si sono raccolte qui! – ride.

Oggi la libreria si trova in una piazza etichettata come centro nevralgico della movida. Un luogo che si popola di sera, con una folla che viene attratta dai numerosi pub, costituita prevalentemente di giovani e turisti. Questo fiume in piena si riversa per i vicoletti fino a sfociare qui, in una delle piazze più famose di Roma, altamente simboliche, in cui però si cerca un divertimento spasmodico. Cosa significa avere una libreria indipendente in un luogo del genere?

Oggi non è più così. Anni fa si, non riuscivamo ad andare a casa per la presenza di una folla aggressiva che ora si è spostata a Trastevere. Mi domando perché i giornali non facciano su tale nuovo centro della movida una pubblicità negativa come hanno fatto per la nostra piazza. Il frutto di questa pubblicità negativa è la trasformazione di un posto simbolico in non-luogo, fatto di posti dove mangiare e bere per turisti. Gli attori e gli artisti bohemien si sono trasferiti, non potevano più sostenere gli affitti alti del centro storico, diventato ormai un non-luogo. Al contrario il centro storico dovrebbe essere la vetrina della città, dovrebbe mettere in mostra la parte più bella di essa. Ora si vede solo degrado…magari fosse come un museo vivo! Invece è un posto morto, non è vissuto. Bisognerebbe pensare ad una nuova narrazione, a come presentarlo ai turisti, il cuore dell’economia italiana dovrebbe essere il turismo. L’Italia è il Paese con la maggiore concentrazione di beni culturali al mondo, è una vetrina viva, un museo abitato, vissuto.

Notando la disposizione e l’organizzazione degli scaffali, è un luogo pieno, privo di spazi vuoti e di fredde distanze. I libri sono ovunque, assediano il cliente che varca la porta di ingresso, lo avvolgono in un caloroso abbraccio, cercando di attirare il suo sguardo incuriosito e di sedurlo al proprio scaffale. I libri diventano entità dotate di vitalità ed energia. Tale disposizione segue una certa propensione all’ascolto e alla condivisione? È in sintonia con la sua anima?

Le persone quando entrano hanno la sensazione di essere in una biblioteca di casa. Questa è diventata negli anni la mia casa, vivo tantissime ore qui. Il mio obiettivo è sempre stato quello di farlo diventare l’anti supermercato per eccellenza. Mi guida la mia ostinazione ribelle di opposizione all’andamento del mercato, che si è trasformato dalla fine degli anni Novanta. Mi oppongo a tutto ciò, per questo entrando qui si percepisce un’anima: non è un luogo freddo e asettico. Ho seguito la diversità: le diversità sono la vera ricchezza, accostata al perseguimento ad ogni costo della qualità.

Qual è il nucleo di questa libreria? In cosa è specializzata?

La libreria è specializzata in arti e spettacolo. Il nucleo della libreria è la seconda stanza, dedicata proprio a queste tematiche. È una libreria un po’ strana, non ha un grande spazio a disposizione, ha una struttura lunga, costituita di tre ambienti. Il cuore è al centro e qui facciamo spesso degli incontri con un nostro amico scrittore, Paolo Morelli. Abbiamo filmato queste letture strampalate e le abbiamo messe in streaming, grazie al bando per le librerie indipendenti stanziato dalla regione Lazio. Si tratta di un fondo per sostenere le librerie che presentano dei progetti, per aiutarle a superare un momento così difficile come quello che stiamo vivendo dalla scorsa primavera.

Un luogo magico, uno scrigno prezioso da proteggere ad ogni costo. Uno spazio che offre dei prodotti culturali di alta qualità è frequentato dai giovani?

Durante gli anni della crisi no. Ero molto addolorata, la piazza era piena di giovani ma non si affacciavano. La libreria era come una barriera, entravano per sbaglio, per fare delle telefonate nell’unico luogo protetto dal caos esterno. Quando entravano, erano spaesati, non sapevano come guardare i libri. Non erano abituati alla nostra disposizione atipica: abbiamo una copia per libro ed andiamo per argomento. Seguiamo dunque una disposizione opposta a quella dei libri di facciata che si trovano al supermercato. Qui i libri sono disposti per casa editrice, ci piace l’idea di far vedere il lavoro editoriale che vi è dietro. Ora noto un’inversione di tendenza. Nel pieno del degrado assoluto ravvisabile nella comunicazione e nella gestione delle città, mi dà speranza la giovane età di chi entra. I giovani si riconoscono in questo luogo, mi chiedono consigli, si instaura un rapporto di fiducia.

Cosa significa esser un libraio oggi, portare avanti la propria passione, dedicarsi totalmente ai libri ed ai lettori, donarsi con sincerità in un’era dominata dall’utilitarismo economico?

Il mestiere del libraio comporta non solo dare dei consigli, ma anche riceverli, questo è il bello del nostro lavoro, in cui non smetti mai di scoprire e di imparare. È un mestiere difficile ora, è precario, se vuoi dormire tranquillo ti consiglio di lasciar perdere – ride – ma è bellissimo. Non fa vivere economicamente tranquilli ma ti permette di fare le cose con passione, di non essere alienato. Questo è il mio regno, qui ho la libertà assoluta di essere nel mio spazio. Tale libertà si paga a caro prezzo, ma la vita è fatta di scelte ed io preferisco sentirmi libera.

Anche l’indipendenza si paga a caro prezzo o si riesce lo stesso a far sentire la propria voce?

Ci siamo associati qualche anno fa al circuito librerie di Roma, è stato necessario metterci insieme ed abbiamo ottenuto importanti risultati politici. Abbiamo intrapreso una battaglia per la legge alla francese sullo sconto al 5%, con campagne un po’ più controllate. In questo modo abbiamo cercato di ovviare alla particolarità del nostro Paese. L’Italia presenta infatti un’anomalia in quanto il mercato editoriale è nelle mani di pochi, due o tre grandi gruppi. Vi sono delle concentrazioni che monopolizzano tutto, dalla produzione alla distribuzione alla vendita.

Il cliente fidelizzato cosa può trovare in questo luogo? Perché una persona dovrebbe entrare qui ed affidarsi al libraio piuttosto che farsi sedurre dai pub limitrofi o dalle grandi librerie di catena?

Noi facciamo un servizio di ricerca, in quanto ci sono dei gravi buchi e delle assenze nell’editoria, si pubblica troppo ed in maniera disordinata. Qui ad esempio appena si entra, sulla sinistra, ci si imbatte nello scaffale Einaudi in cui elementi nuovi convivono con quelli vecchi. I libri con la tipica copertina bianca, marchio editoriale della casa editrice, freschi di stampa ed ancora imballati si appoggiano a libri storici, di edizioni passate, con copertine che presentano i segni del tempo. Basta guardare questa splendida edizione degli anni Cinquanta de L’orologio di Carlo Levi, grande scrittore ed artista. È un’edizione unica, vecchia, a cui manca la sovraccoperta, ma è bellissima proprio per questo. Siamo una libreria di catalogo, se troviamo i libri li salviamo per un lettore che li cerca e che sarà felice di trovarli. La nostra curiosità continua ci rende il lavoro mai noioso. Ho aperto la libreria molto giovane, credo di appartenere all’ultima generazione che ha potuto investire pian piano, con pochi libri e crescere insieme ad essi.

Qual è il segreto di questa sua opera di scavo e di ricerca?

Come trovo libri è un segreto…li cerco dappertutto. Ovunque io vada. Anche quando sono andata in vacanza a Parigi, sono riuscita a dedicare del tempo alla caccia al libro. È un lavoro continuo, che prosegue anche di notte. Un giorno un signore è venuto perché cercava un libro, confidando nella nostra capacità di scavo e rivolgendosi a noi in quanto siamo a suo dire gli unici in grado di trovarlo. Il libro in questione è scritto dal fratello di Elsa Morante, verte sulla loro madre e risale agli anni’ 70. Ce lo ha richiesto domenica e già lunedì lo avevamo trovato! Maledetta benedetta di Marcello Morante, edizione Garzanti, copia vintage del 1986. Libro non molto richiesto e per questo lo pubblicheranno difficilmente. Il punto è che se non ci fosse stato il cliente e la sua richiesta curiosa, non avrei mai scoperto l’esistenza di questo libro! Imparo in continuazione grazie allo scambio continuo con il cliente. Nel supermercato so che i commessi hanno poco tempo da dedicare agli acquirenti, tre minuti contati, poi fine, non parli più, bisogna risolvere il problema in quei minuti, vige un rapporto meccanico. Io al contrario passo interi pomeriggi a chiacchierare con le persone. È necessario.

Nel 2017 la sua libreria è stata al centro di un crowdfunding ottenuto con la vendita delle copie de Il romanzo della comune. Un’esperienza unica, corale, in cui i suoi clienti fidelizzati si sono presi cura di lei e della sua libreria.

Questa idea non era nata da noi ma da una mia cliente, medico, scrittrice per passione, non di Roma, con la quale è nato un rapporto di amicizia. Questa opera di generosità è stata fatta per aiutarmi in un momento di crisi drammatica, ed è stata un’esperienza meravigliosa. Mi è stato proposto il crowdfunding ed io non sapevo neanche cosa fosse – ride – mi vergognavo ed invece la solidarietà è nata proprio dai miei clienti. Avevo bisogno di sentire che questo luogo fosse necessario per la città. Ne hanno parlato alla radio tedesca, francese, mi è arrivata solidarietà anche dall’estero, e questa ondata di affetto ci ha dato una forza tremenda, ci ha aiutato molto non tanto economicamente quanto per l’energia. Ci sentivamo abbandonati. Pensavo che il luogo non interessasse a nessuno. La gente ci diceva di resistere ma si affacciava per incoraggiarci senza comprare da noi…avevano in mano le buste dei monopoli! Mi sembrava che le persone mostrassero più interesse per il prosciutto esposto nella vetrina a fianco piuttosto che per i nostri libri. Ora noto un’inversione di tendenza. Entrando qui, il cliente percepisce un’altra storia ed un altro mondo, come il lavoro che fanno il cinema Farnese e altre piccole sale. Credo che posti come questi salveranno la situazione di degrado, questo mi dà la forza per resistere, mi dà tigna, ribellione, passione.

Quali titoli si sente di consigliare? Quali libri hanno segnato la sua vita?

I classici son classici. Mi ha segnata La storia di Elsa Morante. L’ho letto alle medie quando uscì nel 1975. Mi ricordo che sentivo i grandi parlare di questo libro e l’ho chiesto a mia madre e subito mi è stato regalato. È fondamentale far familiarizzare da subito i bambini con i libri, bisogna regalare sempre i libri ai figli, così fin da piccoli, anche se non sono ancora in grado di leggere, manovrano questo oggetto meraviglioso. Io fin da quando stavo nel box avevo i libretti. Mia madre mi ha sempre regalato anche i libri più grandi della mia età. Elsa Morante è stata la chiave che mi ha fatto decidere quale strada avrei preso, da che parte sarei stata: e quella parte non l’ho mai abbandonata. Altro mio punto di riferimento è Pasolini, tutto: per me è straordinario! Ogni tanto ho bisogno di rileggerlo, dalla poesia, al cinema, alla saggistica e narrativa. Mi sono anche innamorata di Bohumil Hrabal e del suo piccolo gioiello Una solitudine troppo rumorosa, un poema in prosa, un monologo filosofico straordinario. Il protagonista è in un sottoscala ed assembla carta, raccoglie libri scartati, accumula la conoscenza. Poi senza dubbio Kafka, come si fa a non amarlo!

E tra i libri più recenti?

Senza dubbio L’architettrice della Mazzucco. L’ho consigliata, spacciata come dico io. Di Pennacchi sono una fan, li ho letti tutti, è l’unico scrittore con un respiro epico. Canale Mussolini mi è piaciuto tutto: il primo, secondo me, è il migliore. Lui scrive benissimo, scrive per un’urgenza ed il lettore lo percepisce. Parte dalla narrazione della sua famiglia ma in realtà è un pretesto. Parlando del passato, si riferisce all’oggi.  Ho adorato anche la terza parte, mi fermavo e ridevo da sola, è fantastico, ti divertirai tantissimo vedrai! Una volta gli ho parlato per telefono, una mia cliente me lo ha passato, dopo aver letto Canale Mussolini primo, mi ha consigliato come secondo libro da leggere il saggio edito da Laterza sulle fondazioni mussoliniane italiane. Il primo Canale Mussolini è una sorta di albero degli zoccoli della letteratura. Delinea un Paese al 70% contadino, vedi questi poveri che scendono e vanno a bonificare la zona, il tutto condito con un po’ di realismo magico. Fa anche un interessante uso dei dialetti in letteratura, ci mette un po’ di veneto, emiliano, umbro, romanesco, napoletano, romano. Lui secondo me ha un disegno: far capire che la letteratura, anche la grande, non è appannaggio di un’élite che racconta sé stessa. Afferma inoltre orgogliosamente che lui è stato operaio, si metteva a studiare negli orari notturni del lavoro in fabbrica come se lo facesse per tutta la classe operaia, i compagni lo spronavano. Sono bellissimi anche i suoi racconti di fabbrica, in cui racconta delle dinamiche nei cortei, leggendoli mi divertivo molto… è uno dei migliori.

Ammiro la sua capacità di notare l’unicità dei vari autori, il loro quid nascosto. Che esperienza ha avuto delle grandi personalità? Cosa definisce il loro essere grandi?

Le persone che hanno spessore sono semplicissime, ti danno attenzione. Mi ricordo quando avevamo una casa editrice, omonima della libreria, abbiamo pubblicato Erri De Luca, l’unico libro di Nazim Hikmet, le poesie di Cortàzar. Avevamo una collana di tascabili e la seguivamo con un grande intellettuale, troppo spesso dimenticato, Gianni Toti, padre della video arte, grande poeta, giornalista, scrittore, saggista. Una personalità così raffinata e grande… ed era di una semplicità incredibile! Quando facevamo il controllo delle traduzioni, lui ascoltava le mie proposte, lui che era un grande traduttore ed è proprio questa semplicità la caratteristica dei grandi. Bisogna sempre diffidare quando sono sgarbati e vogliono sovrastarti.

La libreria, come la casa editrice, ha un nome altamente simbolico e potente. Richiama il titolo del distopico Fahrenheit 451 di Ray Bradbury. Un monito a non sottovalutare il potere salvifico ed eversivo dei libri? La cultura veicolata dai libri viene osteggiata dalle dittature, perché alimenta consapevolezza ed apertura mentale. Tale aspetto lo rinveniamo anche in altri romanzi distopici come Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood. Il libro è l’arma per combattere sempre attuali rischi liberticidi?

Il nome mette all’erta sui rischi di una società dominata dall’immagine, in cui il libro è un elemento pericoloso, e chi viene trovato a leggere muore nell’incendio: i libri sono messi al rogo. Il libro è l’unica arma che abbiamo per uscire da questo degrado, è l’arma della conoscenza e del pensiero libero. Al momento dell’apertura della libreria, io ero affascinata da questo romanzo, non pensavo che potesse essere un giorno così attuale. Oggi la società è dominata dal grande occhio, lo schermo, sanno tutto di tutti, non viene coltivata la libertà di leggere. Hanno creato dei diversivi e le persone non ritengono importante fare investimento sulla formazione. La cultura è appannaggio di un’élite economica che coltiva i propri figli nelle scuole private… e pensare che noi li prendevamo in giro quando ero giovane, pensavamo: che fai ti compri il diploma? È un mondo che aborro. Siamo nel pieno del grande occhio. L’unica arma che abbiamo è dedicarci alla letteratura, alla poesia, alle immagini, alla bellezza ed all’arte, ed io lo so bene, sono di formazione storica dell’arte.

In questo momento di incertezza cosa consiglia?

Non mi sento di consigliare, va bene qualsiasi libro, ognuno ha il suo libro e la sua strada. L’importante è che le persone capiscano che la libreria è un punto fermo in cui trovare delle risposte. Io durante il lockdown ho letto L’architettrice, vi è un capitolo sulla peste a Roma nel Seicento ed ho pensato oddio ci siamo in pieno! Questo romanzo viaggia su due piani temporali. Inoltre, parla di un’architetta che non ricordavo, ideatrice della villa “Il vascello” a Monteverde. Questa opera è stata un’ulteriore scoperta, mi ha fatto conoscere meglio il territorio. Mi piacciono i romanzi storici che viaggiano su due piani. qui oscilla tra la Roma barocca e gli ultimi combattimenti della Repubblica romana e la fine della villa. Inoltre, ho letto un libro magnifico, enorme, che deve ancora uscire, sull’Iran. È pieno di stimoli, scritto da un’amica e cliente che è stata in Iran con il marito proprio i giorni della rivoluzione e ci regala un excursus filosofico, letterario, artistico pieno su quel mondo. Non vedo l’ora che esca così potrò consigliarlo!

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