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La pecorina di gesso (Guido Gozzano, Interlinea, 2009)

di Guido Gozzano

Introduzione

Poco importa sapere se sia sua o no, fatto sta che La Notte Santa è una poesia che tutti abbiamo letto, studiato e magari anche recitato da bambini come un testo di Guido Gozzano. È una di quelle poesie che si imparavano a memoria alle scuole elementari, riprodotta sul sussidiario con in calce la sua firma: «Guido Gozzano». La critica non l’ha ritenuta di sicura attribuzione gozzaniana, ma che si tratti o no di farina del sacco di Gozzano o sia piuttosto, com’è parso ad alcuni, il rifacimento di un testo popolare più antico, appare molto gozzaniano il suo carattere di messa in scena del Natale.

Un Natale, com’è un po’ tutto in questo autore letteratissimo, in cui i molteplici riferimenti culturali e artistici si legano in maniera inestricabile con l’esperienza diretta, decisamente “di cartapesta”, fondale teatrale, scena da operetta, più che sacra rappresentazione connessa a un autentico sentimento religioso. Eppure ciò non impedisce, paradossalmente, che in questa situazione di sostanziale recita, balugini qualche lampo di sincera commozione. Questo proprio perché «sincerità e artificio» (per dirla con il titolo di un saggio di Antonio Stäuble su Gozzano) si fondono e si sostengono a vicenda nella sua produzione letteraria, ma, ci pare di aver capito dopo anni che lo studiamo, anche nella sua psicologia, nella sua reale personalità. Sappiamo che la religiosità gozzaniana non è sostenuta da un’esplicita adesione al credo cattolico. Anzi, in una poesia dei Colloqui (1911), Pioggia d’agosto, egli afferma esplicitamente la sua “allergia” alle ideologie positive, comprese quelle di matrice religiosa: «La Patria? Dio? L’Umanità? Parole / che i retori t’han fatto nauseose» (vv. 23-24). Da qui l’adesione a una filosofia naturalistica venata di panismo, lontana da qualsivoglia dottrina religiosa costituita.

Compito della poesia sarà proprio quello di cantare questa realtà prima intuita ed esplorata, e poi resa nella musica dei versi: «Chiedi al responso dell’antica maga / la sola verità buona a sapersi; / la Natura! Poter chiudere in versi / i misteri che svela a chi l’indaga!» (vv. 27-30). Concetti che il poeta chiarisce in una lettera del 22 ottobre 1910 al direttore del quotidiano “Il Momento” in risposta a un’inchiesta sull’arte e sulla poesia, nell’ambito della quale era stato interpellato anche Gozzano: «Oggi credo nello spirito, sento, intendo in me la vita dello spirito […]. Non so se sia questa la mia via di Damasco, né se mi porti in avvenire a una fede dogmatica, ma sento che questa è la via della salute […]. La stessa fede nel positivismo che attraversammo, ci insegna che il positivismo fu un’illusione, che vane furono le apologie della materia e della matta bestialità […]. La parola anima non fa più sorridere gli uomini di intelletto, come appena vent’anni or sono, ma rende curiosi e meditabondi».

Natale

La pecorina di gesso,
sulla collina in cartone,
chiede umilmente permesso
ai Magi in adorazione.

Splende come acquamarina
il lago, freddo e un po’ tetro,
chiuso fra la borraccina,
verde illusione di vetro.

Lungi nel tempo, e vicino,
nel sogno (pianto e mistero)
c’è accanto a Gesù Bambino,
un bue giallo, un ciuco nero.

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