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Tra passato e presente: intervista a Giovanni Hoepli

di Valentina d’Angella

Il 7 dicembre del 1870 cominciava la storia editoriale di Ulrico Hoepli, la cui casa editrice è tra le più longeve e importanti del panorama italiano.  In occasione dell’arrivo al Centro Apice dell’archivio storico Hoepli, abbiamo intervistato Giovanni Ulrico Hoepli, presidente della casa editrice e quinta generazione di editori.

La vostra casa editrice ha compiuto 150 anni nel 2020. Dello spirito del fondatore Ulrico Hoepli cosa è rimasto oggi?
Del fondatore rimane lo spirito positivo, la fiducia nella scienza e nella tecnica come motore del progresso. Questo oggi si traduce nella necessità di continuo aggiornamento, cercando di essere sia verticali, quindi specializzarsi in alcune nicchie, sia orizzontali, per comprendere i mutamenti che interessano l’intera società.

In quali aspetti la casa editrice ha preso le distanze, per necessità o per scelta, dall’impianto che il fondatore aveva dato alla sua casa editrice?
Quello che è cambiato è il modo di lavorare. Allora c’era un capo assoluto, l’editore, attorniato dai collaboratori. Oggi il modo di condurre l’azienda è molto più condiviso.

Quanto il passato ha influito sulle scelte, per esempio delle collane, nel corso del Novecento?
La collana dei “Manuali Hoepli” ancora oggi identifica la casa editrice, che nel frattempo ha però diversificato il suo catalogo, sviluppando anche varia e saggistica. I Manuali nel formato originario non esistono più da molti anni, ma intatto rimane lo spirito di fare libri utili, che appronfondiscano un argomento fin nei dettagli, non perdendo di vista l’insieme. Molti libri pubblicati oggi potrebbero essere definiti “Manuali Hoepli”, anche se non vengono più chiamati così.

L’editore nel Novecento svolgeva un fondamentale ruolo di mediatore culturale. È ancora così?
Non è più come una volta, ma in alcuni Paesi gli editori hanno ancora importanza e potere di incidere nel panorama in cui operano. Penso alla Spagna, alla Germania o alla Francia, dove il sistema crede molto nel mondo del libro e lo mette al centro del proprio sviluppo culturale: in Paesi come questi c’è ancora spazio per l’editore che vuole avanzare una grande proposta culturale.

Il rapporto con la città di Milano è stato molto forte nell’operato del fondatore Ulrico Hoepli. In quest’epoca globale e digitale, il legame con il territorio è ancora una priorità?
Lo è, sia dal punto di vista dell’attività editoriale, tanto che dedichiamo alla città di Milano importanti pubblicazioni soprattutto nell’area dell’architettura, sia ovviamente per la libreria, che pur intercettando moltissimi turisti e persone che transitano per la città, ha tanti clienti storici di Milano, che frequentano i suoi eventi culturali e le sue iniziative. L’anno scorso, per esempio, abbiamo organizzato all’Auditorium San Fedele, vicino alla Libreria Hoepli, degli incontri di lettura sui grandi classici della letteratura inglese e sulla letteratura asiatica: abbiamo avuto oltre cento partecipanti a incontro, alcuni dei quali provenienti anche da lontano.

Le pubblicazioni scientifiche sono da sempre una colonna portante del vostro catalogo. Oggi però i mezzi di comunicazione permettono a novità e aggiornamenti di emergere incessantemente. È una “minaccia” questa per il libro scientifico? Come si difende un’edizione dall’invecchiamento precoce?
Innanzitutto dovremmo stabilire cosa intendiamo per libro scientifico. Il Manuale Hoepli Prontuario Del Cemento Armato del Santarella, arrivato oggi alla 29° edizione, continua a essere un punto di riferimento per chi studia queste materie. Per un titolo così è difficile parlare di invecchiamento, anche perché le formule scientifiche non cambiano e il volume rimane più attendibile di una qualsiasi fonte online. Diverso è il discorso per un testo tecnico di finanza o marketing, ambiti in cui le cose si evolvono in continuazione. Questi libri sì, invecchiano in un attimo e lo stesso si può dire per il libro scolastico. Una soluzione che consente di risolvere il problema degli avanzi di magazzino, per tipologie di pubblicazioni che invecchiano velocemente, oggi la fornisce la stampa in digitale, una modalità di produzione che cambia totalmente il modo di lavorare e permette di stampare anche piccole quantità di copie di un singolo titolo.

Ci sono libri che stampate praticamente dagli albori, come il Manuale dell’Ingegnere, per citarne uno su tutti. È una questione di identità, di tradizione, oppure è il mercato a volerlo?
Il Manuale dell’ingegnere di Giuseppe Colombo è per noi un titolo leggendario. La ristampa della prima edizione anastatica vende ancora oggi, perché contiene i calcoli fondamentali necessari all’ingegnere per fare il suo mestiere, ed è perché vende che il titolo è ancora in catalogo. Siamo un’azienda, non ci può essere il libro pubblicato per motivi affettivi. Certo, abbiamo anche titoli che “fanno catalogo”, ma in questi casi approfittiamo delle nuove tecnologie digitali: li abbiamo pronti da far stampare su richiesta. Potremmo inviare allo stampatore il file e ritirare la nostra copia nel giro di poche ore, magari con un viaggio di 35’ in metropolitana. Pazzesco, no?

Nonostante il mercato sia molto cambiato, siete tra coloro che hanno scelto di continuare a tenere vivo il binomio librai-editori. Come mai?
La nostra attività di editori è strettamente legata a quella libraia. Essere librai ci consente di avere uno sguardo privilegiato sul mercato e ci aiuta a fare meglio gli editori, ma si può dire anche il contrario. Il binomio librai-editori per noi funziona ancora, nonostante le molteplici difficoltà dei giorni nostri.

Chi ha più “nemici” da affrontare oggi, il libraio o l’editore?
Non ci sono veri “nemici”. Il passaggio di molte attività al digitale, comprese alcune forme di lettura, non devono farci dimenticare che il libro è parte di un ecosistema in cui librerie ed editori sono la parte costitutiva, ciò da cui tutto nasce.

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