Rebecca libri

Percorsi di teologia pubblica ecumenica (Ecumenica, 2023)

di Simone Morandini

Per una teologia pubblica ecumenica
Sfide e opportunità nel Dialogo interreligioso contemporaneo

La riflessione congiunta di due istituti dedicati al dialogo ecumenico sulla possibilità di una teologia pubblica modulata ecumenicamente. Una riflessione che tocca il ruolo della religione nello spazio pubblico, i pericoli di usare il discorso religioso per giustificare politiche identitarie e nazionaliste, e la necessità di una teologia che sia rispettosa della pluralità religiosa e culturale della società contemporanea.

Nasce da un lavoro congiunto realizzato da due istituti dedicati al dialogo ecumenico questo testo a più mani, che si interroga sulla possibilità di una teologia pubblica che sia appunto modulata ecumenicamente. L’Istituto di Studi ecumenici San Bernardino di Venezia (Ise) e l’Istituto di Teologia ecumenica di Bari (Ite) hanno collaborato per un percorso di riflessione e di ricerca che ha coinvolto docenti e studenti nel corso del 2020-21 – in un tempo segnato, tra l’altro dalla pandemia, che ha costretto a realizzare online parte dei momenti di interazione. L’intervento introduttivo dei due curatori – la prof.ssa Eleonora Palmentura, della Facoltà Teologica pugliese, e p. Lorenzo Raniero ofm, direttore dell’Ise – offre un efficace quadro d’assieme del percorso e dei temi toccati. Vale però anche la pena di segnalare che già nella stessa realtà dell’evento c’è una collaborazione tra prospettive diverse: se l’Ise è collegato a una realtà francescana come la Pontificia Università Antoniana, l’Ite – parte della Facoltà Teologica pugliese – è espressione dell’ordine domenicano.
Non è banale comprendere cosa significhi “teologia pubblica” e anche i vari interventi del volume evidenziano una pluralità di significati. Paolo Naso evidenzia ad esempio problematicamente la forte presenza sulla scena internazionale contemporanea di discorsi pubblici che usano il nome di Dio – anche del Dio biblico – per giustificare politiche identitarie o nazionaliste. Non è casuale, ad esempio, la presenza di importanti riferimenti religiosi – di taglio prevalentemente apocalittico – nei gruppi responsabili di quell’evento eminentemente pubblico che è stato l’attacco a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Il saggio di Michele Cassese esamina, d’altra parte, la presenza di teologie con valenze pubbliche nella storia del protestantesimo, con una specifica focalizzazione sul pietismo settecentesco. Da parte sua, Lorenzo Raniero si sofferma sulla riflessione etico-sociale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, quale si è sviluppata nei tre quarti di secolo della sua esistenza, evidenziando come già essa stessa sia una forma di teologia pubblica ecumenica. Lo stesso potrebbe valere peraltro anche per la Dottrina Sociale della Chiesa cattolica, quantomeno nella forma che essa ha assunto nel pontificato di papa Francesco (e pensiamo, in particolare a Laudato si’, ricca di richiami al pensiero dell’ecumene cristiana). Per molti aspetti, insomma, la presenza delle chiese e le loro teologie hanno da sempre avuto una dimensione pubblica. Quello che caratterizza il volume è, però, soprattutto l’interrogazione sulla possibilità di un dire teologico nello spazio pubblico contemporaneo. Si tratta di un contesto segnato da forti dinamiche di cambiamento, puntualmente analizzate dall’intervento di Eleonora Palmentura, che attinge ampiamente alla riflessione di Jürgen Habermas e alla sua perorazione per una rinnovata attenzione al religioso anche da parte del pensiero laico. Non è questa una sfida da poco: nelle società europee lo spazio pubblico è spesso caratterizzato da un senso forte di laicità, frutto anche di una storia segnata da polemiche e contrapposizioni confessionali. Il saggio conclusivo di Simone Morandini richiama in tal senso il “sileant theologi in munere alieno” che tanta parte ha avuto nel dar forma alla modernità e che anche oggi interroga ogni forma di pubblico teologare. L’intervento di Marco Dal Corso evidenzia, d’altra parte, soprattutto la natura “post-secolare” del tempo che viviamo: il religioso ritorna con forza sulla scena pubblica, ma lo fa nel segno della pluralità, con una presenza caratterizzata da una varietà di forme. Le dinamiche migratorie associate alla globalizzazione (ma anche la cultura dell’autenticità che fiorisce in Occidente) hanno cioè fatto sì che esso abbia assunto una modalità irreversibilmente plurale; occorre comprendere, allora, a quali condizioni una presa di parola da parte dell’una o dell’altra comunità possa dirsi in forme che siano efficaci e, al contempo, rispettose delle alterità presenti.
Qui si comprende perché l’espressione “teologia pubblica” debba di necessità declinarsi in forma “ecumenica”, ma anche perché per alcuni degli autori del volume quest’ultima parola venga ad assumere un significato diverso da quelli cui si riferisce ad esempio Raniero. Per essi, infatti, l’espressione “ecumenica” non viene limitata al dialogo tra le confessioni cristiane, ma indica una dimensione interreligiosa. Tale sottolineatura è presente con particolare forza nel saggio di Claudio Monge op, scritto a partire dalla sua esperienza di dialogo nel contesto a maggioranza musulmana della Turchia, in cui è necessario evidenziare la valenza antropologica e la portata umanizzante dei discorsi di fede, operando in prospettiva dialogica.
Facile comprendere, insomma, che l’espressione che dà il titolo al volume non indica una realtà definita in modo compiuto, ma piuttosto uno spazio concettuale complesso e articolato, entro il quale possono darsi percorsi diversi. Lo evidenzia analiticamente l’intervento di Gaia De Vecchi, che muove dalla riflessione di Charles Taylor sull’età secolare per sottolineare la varietà anche linguistica degli approcci per una teologia che voglia abitare la dimensione pubblica. In questa direzione guarda ad esempio l’accentuazione della “visione” di Antonietta Potente, che attinge alla sua ricca esperienza di attraversamento di diversi mondi culturali e religiosi, per meditare attentamente sul senso della teologia oggi. In tale direzione guardano pure gli interventi che si concentrano sullo spazio urbano, quasi a concretizzare la riflessione su un ambito specifico, offrendone una declinazione privilegiata. A Rocco D’Ambrosio si deve uno sguardo che, muovendo dai cambiamenti nel sentire e nelle pratiche indotti dalla pandemia, evidenzia la necessità di un’esplicita tematizzazione della dimensione relazionale – e politica – dell’umano, per una declinazione davvero integrale del bene comune: la città va abitata, ma anche amata, per costruirla. Di particolare interesse l’analisi dei modelli di evangelizzazione per la città plurale disegnata da Francesco Zaccaria: più che quello del guerriero, marcatamente polemico, e quello del seminatore, che propone agli ascoltatori una parola già in se stessa compiuta rimandando alla loro accoglienza, occorre oggi valorizzare quello dell’esploratore. L’interazione col mondo della comunità ecclesiale deve essere costitutivamente bidirezionale, secondo la logica di Gaudium et spes: l’offerta di senso deve procedere di pari passo con l’ascolto partecipe ed empatico di quei significati che, di tempo in tempo, si danno nello spazio culturale condiviso, per un’interazione feconda.
Davvero, insomma, un volume che presenta una varietà di percorsi e invita a proseguirli, in una ricerca aperta. Non è casuale che la riflessione prosegua effettivamente nell’ambito dell’Ise di Venezia, con un gruppo di ricerca interdisciplinare e interconfessionale. Esso ha preso le mosse proprio dall’esame critico del testo che presentiamo, per dedicare poi una significativa riflessione al tema – eminentemente pubblico – della pace e della guerra. Facile riconoscere qui lo stimolo indirizzato anche alla teologia dall’aggressione russa all’Ucraina, ma tale occasione non ha fatto che rafforzare l’esigenza di individuare quelle parole potenti che sono necessarie per una teologia pubblica orientata ecumenicamente. Essa richiede una ricerca davvero attenta, capace di ascoltare una varietà di voci e di esplorare percorsi inediti.
L’elaborazione di un discorso pubblico efficace, ecumenicamente convincente, adeguato a uno spazio pubblico decisamente plurale è una sfida che la teologia sta solo iniziando ad affrontare e ampie sono le possibilità di approfondimento che questo volume – quasi un crocevia dialogico e interdisciplinare – suggerisce e apre. La posta in gioco è la capacità di pronunciare la parola Dio in forme nuove e ad un tempo profondamente tradizionali, capaci di offrire luce, senso, pace a un tempo in cui essa è troppo spesso ridotta a espressione di parte. Occorre allora una capacità di futuro che sappia declinare il confronto con la complessità del presente in modo che sia di stimolo per l’elaborazione di traiettorie inedite.

Simone Morandini è vicedirettore dell’Istituto di Studi Ecumenici S. Bernardino, dove insegna principi del dialogo ecumenico e teologia della creazione, e direttore della rivista «CredereOggi». Tra le sue opere più recenti, Cambiare rotta. Il futuro nell’Antropocene (Edb 2020) e la cura di La diversità feconda. Un dialogo etico tra religioni nella città (Edb 2021) e – con S. Noceti – Diventare Teologi. Cammini aperti di uomini e di donne (Edb 2021).

Percorsi di teologia pubblica ecumenica | Ecumenica | 2023 | pp. 216 | euro 22,00

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