Rebecca libri

Pubblicare non è un diritto

di Carolina Cutolo

In quasi sette anni di consulenze legali per il blog Scrittori in causa, lo scoglio più difficile con cui mi sono scontrata non sono gli editori cialtroni o mascalzoni. Con loro è abbastanza facile destreggiarsi: i primi non sanno neanche stilare contratti a norma di legge e mi regalano spesso chicche di rara idiozia grazie alle quali metterli con le spalle al muro; i secondi invece sono guidati da una presunzione e da una spocchia tali da renderli del tutto impreparati di fronte a un autore che ha alle spalle qualcuno che conosce bene la legge sul diritto d’autore e il Codice Civile in materia di contratti.

No. La principale difficoltà che incontro nell’assistere gli autori sono gli autori stessi. Ecco solo alcuni dei motivi.

1 – Desiderano far parte del mondo dell’editoria ma non lo conoscono né hanno interesse a conoscerlo: non passa loro neanche per la testa l’idea di studiarsi le linee editoriali delle case editrici, di seguire i blog letterari, di leggere altri autori per imparare a scrivere meglio. No, restano lì a compiangersi nel loro microcosmo e finiscono col firmare contratti ignobili e/o pubblicare a pagamento solo per vedere il proprio nome sulla copertina di un libro.

2 – Vogliono tutto e subito, pretendono di fare “il colpo gobbo”, come lo chiama Ermanno Cavazzoni ne Il limbo delle fantasticazioni (consigliatissimo agli aspiranti scrittori), e cioè la loro unica ambizione è ottenere senza la minima fatica soldi e gloria grazie alla scrittura e elevarsi così su tutti gli altri poveracci che annaspano nella mediocrità. Finiscono quasi sempre col firmare contratti ignobili e/o pubblicare a pagamento salvo poi scoprire che non solo non è servito a niente, ma che così sono caduti ancora più in basso.

3 – Sono convinti che l’unico motivo per cui non riescono a pubblicare con un editore decente è perché “tanto quelli pubblicano solo i raccomandati”; coltivano (invece della propria scrittura) questo vittimismo astioso contro tutto e tutti e finiscono per firmare contratti ignobili e/o pubblicare a pagamento convinti che i loro aguzzini siano dei benefattori illuminati, pure se non si è mai visto un mecenate che si fa pagare.

4 – Non mettono mai e poi mai in dubbio la qualità della loro scrittura e quindi vedono la pubblicazione, la fama, il denaro come diritti negati. Non leggono ma denigrano tutti gli altri scrittori perché “oggi viene pubblicata solo immondizia”, senza rendersi conto dell’evidente paradosso: pretendere la pubblicazione come diritto inalienabile e al tempo stesso criticare la pubblicazione indiscriminata e di bassa qualità. Finiscono quasi sempre per firmare contratti ignobili e/o pubblicare a pagamento, difendendo i loro pseudo-editori perché secondo loro sono gli unici ad aver capito il loro valore.

Potrei continuare, ma mi fermo qui. Ricordando che pubblicare un libro non è un diritto, che i diritti degli autori sono ben altri, e che se gli autori spendessero il loro tempo a cercare di capire quali sono invece di sprecarlo dando corda alla vanagloria, gli editori cialtroni e mascalzoni si estinguerebbero come dinosauri nell’era glaciale.

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