Rebecca libri

Lasciamo scegliere ai nostri figli i libri che vogliono

di Luigi Spagnol
Fonte: il Libraio

Mentre fa discutere un sondaggio sull’abitudine dei bambini statunitensi a leggere per divertimento, l’editore Luigi Spagnol interviene su IlLibraio.it. E, in vista della Fiera del Libro per Ragazzi (Bologna, 30 marzo-2 aprile), oltre a ricordare la figura di Roberto Denti, si chiede: “Visto che è così ovvio che i bambini preferiscano i libri che scelgono da soli, che cosa stiamo facendo qui, in Italia?”. E si sofferma sui principali ostacoli… – Leggi la sua analisi (che coinvolge editori, librai, insegnanti e, ovviamente, i genitori)

 

Roberto Denti (nella foto sotto, ndr) è stato una delle figure più importanti dell’editoria per ragazzi in Italia. Partigiano nella seconda guerra, nel 1972 fondò insieme alla moglie Gianna la Libreria dei ragazzi, per combattere un’altra resistenza a favore dei bambini, della loro intelligenza e del loro diritto alla cultura.

Dalla sua poltrona sul retro della libreria, il Maestro dispensava con il suo sorriso da gatto mammone lezioni di editoria a chiunque avesse voglia di ascoltarlo, ed eravamo in tanti.

Una delle battaglie che più aveva a cuore riguardava l’abolizione del libro di lettura unico per un’intera classe (dato che è impossibile che a quindici, o venti, o venticinque bambini piaccia lo stesso libro) e l’istituzione di biblioteche scolastiche che permettessero a ogni bambino di scegliere in autonomia il libro che più avesse voglia di leggere. Ahimè, come può constatare chiunque conosca la situazione della scuola italiana, il Maestro era molto ascoltato da editori, insegnanti, bibliotecari e genitori, un po’ meno dai responsabili dell’educazione nazionale.

Arriva adesso uno studio (corposo, scientifico, serio) che dà ufficialmente ragione a Roberto Denti. Lo ha commissionato e diffuso la casa editrice Scholastic, colosso dell’editoria statunitense,  e lo ha condotto l’agenzia YouGov su un campione di 2558 genitori e bambini tra gli 0 e i 17 anni. Oggetto dello studio sono le abitudini di lettura dei bambini statunitensi, in particolare (ed è un particolare molto importante) l’abitudine a leggere per divertimento (reading for fun).

Uno dei risultati più salienti, e quello di cui si è più discusso, è che i bambini intervistati hanno dichiarato, al 91%, che i loro libri preferiti sono quelli che hanno scelto da soli. Da quando l’ho letto, non riesco a non immaginarmi Roberto Denti che guarda giù, da un qualche paradiso dove è impegnato in una qualche battaglia di civiltà (un paradiso dove va già tutto bene per lui sarebbe un inferno), alza le spalle, ridacchia e bofonchia: “Bella scoperta! Io lo sapevo da anni”. E del resto, altro che 2558 genitori e bambini ha incontrato lui in quarant’anni di libreria.

A dire il vero, ho incontrato una reazione molto simile in quasi tutte le persone a cui ho parlato di questo studio, e mi è capitato di farlo con qualche collega editore, con qualche insegnante, con qualche autore e con qualche amico che non fa parte in alcun modo del settore. Nessuno sembrava sorpreso del risultato; qualcuno sembrava semmai sorpreso del fatto che ci volesse uno studio scientifico per decretarlo; l’unanimità è stata tale che posso immaginare anche in chi sta leggendo queste righe una reazione non troppo diversa.

Ecco. A questo punto, la vera domanda è: visto che è così ovvio che i bambini preferiscano i libri che scelgono da soli, che cosa stiamo facendo qui, in Italia, in un Paese in cui secondo l’Istat solo il 41% degli intervistati ha letto un libro negli ultimi 12 mesi “per motivi non strettamente scolastici o professionali” (cioè for fun) perché i nostri bambini abbiano la possibilità di scegliersi un libro da soli?

Nel corso della mia lunga carriera, ho assistito a numerosissime iniziative per promuovere la lettura tra i bambini e i ragazzi italiani: festival, invito di autori nelle scuole, testimonial, poster, convegni, tavole rotonde; alcune, molte, di queste iniziative sono state e sono lodevolissime e certamente da incoraggiare. Ma la loro efficacia sarà sempre enormemente compromessa se prima non si risponde sempre alla stessa domanda: “I nostri bambini hanno la possibilità di scegliere da soli il libro che preferiscono leggere?” Va da sé, di sceglierlo tra un’ampia gamma di libri diversi.

Nel corso della stessa lunga carriera, ho anche sentito moltissimi genitori farmi la seguente domanda: “Mio figlio non legge. Che cosa posso fare?” La risposta è di nuovo la domanda di prima: “Suo figlio ha la possibilità di scegliere da solo, tra un’ampia gamma di libri diversi, quello che preferisce leggere?”

Detto così, sembra facile. In realtà, non lo è per niente. Gli ostacoli sono principalmente due, a mio modo di vedere.

Il primo: per garantire a tutti i bambini italiani (o almeno al maggior numero di bambini italiani possibile, o almeno a un numero maggiore di adesso) la possibilità di scegliere tra un’ampia gamma di libri, ci vogliono risorse. Risorse per le biblioteche, per le scuole, per i librai e gli altri punti di vendita perché amplino il loro assortimento; sappiamo che oggi le risorse, qualsiasi tipo di risorsa per qualsiasi tipo di attività, sono merce quanto mai rara. Tuttavia, qualche risorsa ancora c’è e si spende. Sarebbe un bel passo in avanti, io trovo,  se la si concentrasse su questo scopo (che ripeto, nel caso in cui non fosse rimasto impresso, è quello di dare ai nostri bambini la possibilità di scegliere, tra un’ampia gamma di libri, quelli che preferiscono leggere).

Come al solito, il problema principale è la volontà di farlo, e qui nasce il secondo ostacolo. Perché se si lascia ai bambini la libertà di scegliere ecc. ecc., bisogna anche essere pronti ad accettare le loro scelte. Di nuovo, sembra facile, ma non lo è, almeno non per tutti.

Per esempio, nel corso della mia ormai quasi infinita carriera, ho sempre, ripeto sempre, trovato qualcuno che parlasse male o malissimo del bestseller del momento. La maggior parte delle volte, la domanda completa  che mi hanno rivolto i genitori è: “Mio figlio non legge. Legge soltanto (a seconda dell’epoca): fumetti, i libri-game, i Piccoli BrividiHarry Potter, il Diario di una Schiappa…” Come se leggere un libro che piace non valesse, forse perché non insegna le cose che noi vorremmo che insegnasse, o forse perché non si fa abbastanza fatica.

E dunque, prima ancora di quella prima domanda, dobbiamo porcene un’altra: “Perché vogliamo che i nostri bambini leggano?”. Lo possiamo volere perché attraverso la lettura possono imparare tante cose importanti: la storia, i valori civili, la grammatica, la matematica, o l’inglese, per esempio. In questo caso, non tutti i libri che sceglierebbero autonomamente andrebbero bene; per esperienza mi viene da dire che non ne andrebbe bene quasi nessuno. Il problema è che di quelli che invece andrebbero bene, quasi nessuno piace ai bambini.

Oppure possiamo volere che leggano perché così un giorno diventeranno lettori (e quindi un giorno potranno imparare dai libri tante cose importanti). In questo caso, è fondamentale che i primi libri che leggono siano di loro gradimento. E perché ciò avvenga è fondamentale, come dimostra lo studio di Scholastic, come sapeva Roberto Denti e come dicono di sapere tutti coloro a cui l’ho chiesto, che li possano scegliere autonomamente tra un’ampia gamma di libri.

C’è una terza risposta, per la quale rimane comunque fondamentale quest’ultima condizione: che leggere un bel libro, o meglio un libro che piace, rende felici. E i nostri bambini hanno lo stesso diritto di qualsiasi altro essere umano di qualsiasi età a essere felici, qui e ora. Con il libro che hanno scelto.

*L’autore è Ad del gruppo GeMS (editore de IlLibraio.it)

Fonte: il Libraio
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