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Poesia per tutti

di Sabina Fadel

La poesia è per tutti: persone colte o meno, giovani o vecchi… Perché il suo linguaggio è universale. Il parere del poeta Davide Rondoni.

 

I giovani amano la poesia? Lo abbiamo chiesto al poeta Davide Rondoni.

Msa. Rondoni, ai giovani di oggi interessa ancora la poesia?
Rondoni. 
Tolga quell’«ancora». Interessa, sì e sempre. Quell’ancora così diffuso è tendenzioso ed è segno di una mentalità scolastica libresca. Ogni volta che si parla in modo vivo e vero di poesia, i ragazzi ti ascoltano incantati.

Che cosa trovano nella poesia?
Quello che trova l’uomo di sempre. Le parole accese, più profonde e adeguate al livello vero dell’esperienza e dell’esistenza rispetto alle tante chiacchiere e parole che oggi si scambiano facilmente. Trovano una voce che dice la vita a livello più profondo. Perché la poesia è arte della parola. E oggi, paradossalmente, mentre le aziende più ricche del mondo hanno fatto e fanno i soldi con le parole (vedi Amazon, Facebook, ecc.), gli insegnanti della parola (cioè le facoltà umanistiche, i professori…) hanno ucciso il tesoro che avevano tra le mani, che è, appunto, il bene della parola, per cui hanno reso scolastica la letteratura, banale la bellezza. E l’hanno fatto in un momento in cui il mondo ci stava dicendo che l’uomo è un essere di parola.

Facciamo un passo indietro: che cos’è la poesia?
La poesia è un’arte e, come tutte le arti, richiede molto impegno e fatica, molta dedizione e talento. Tanto più in Italia, dove se provi a scrivere poesie ti ritrovi con Dante, Petrarca, Leopardi, Ungaretti, Luzi che ti guardano… Scrivere poesie in Italia è un po’ un azzardo. Ma, al di là di questo, la poesia è un’arte molto difficile che merita grande rispetto, perché la parola richiede attenzione. Riuscire a fare parole che siano armonizzate da un ritmo e diano senso profondo al nostro viaggiare nella vita, non è proprio facile. Poi, di parole che possono emozionare ce ne sono tante, però non è poesia. Anche perché la lingua italiana è così bella che fa venire in mente la poesia sempre.

Lei ha scritto un libro, L’allodola e il fuoco. Le 50 poesie che mi hanno acceso la vita (La nave di Teseo, 2017) per «suggerire» ai giovani un percorso di avvicinamento all’arte poetica. Senza voler fare classifiche, ci sono poeti che più di altri possono essere d’aiuto in tal senso?
È difficile individuare poesie che possono andare bene per tutti. Io mi sono avvicinato al mondo poetico con la voce di Mario Luzi che, certamente, non è un poeta facile. Ma le poesie sono come le persone: non è che si debbano capire subito. Anche perché la poesia non si capisce, si comprende, cioè si prende per tutta la vita e poi ci si parla, ci si interroga, ci si sorprende. Le vie per avvicinarsi alla poesia sono strane come quelle del Signore, sono infinite. Poi, certo, ci sono poeti che appena li ascolti, li leggi, ti colpiscono e ti invitano a leggerne altri. Come Dylan Thomas, Ungaretti, Bertolucci, Caproni, Luzi per stare solo sui contemporanei. Inoltre, come dicevamo, la poesia, è un’arte, e quindi è un fenomeno umano e porta con sé il segreto dell’umano: in essa non c’è nulla di automatico. E quindi anche l’invito alla poesia, uno deve essere disposto a seguirlo, ci vuole una libertà che si impegna. Vale per tutte le esperienze estetiche: non c’è un’esperienza estetica che si pone automaticamente, e invece questo è uno dei più grossi errori che si compiono nello studio a scuola. Non puoi obbligare un ragazzo ad amare la letteratura, così come non puoi obbligare la gente a fare poesia, devi convincerla, persuaderla.

Ci sono giovani poeti promettenti?
Ce ne sono tanti. Al Centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna, da me fondato vent’anni fa con Ezio Raimondi, ne sono passati molti. Qualche nome? Da Isabella Leardini a Daniele Mencarelli per giungere al più giovane, Riccardo Frolloni, tutti autori che stanno pubblicando, che stanno vincendo premi, che fanno la loro piccola grande storia di poesia. Potrei dire altri cinquanta nomi, perché di poeti bravi ce ne sono davvero tanti. Poi è anche vero che se parliamo di poeti che hanno la grazia, il dono, la dote della verticalità assoluta, beh, di questi non ne nascono parecchi. Però ci vuole tempo per capirli. Nell’immediato la mischia è più fitta, dopo, nel tempo, rimangono le voci più importanti. Anche Luzi, Caproni, all’inizio non erano stati compresi appieno.

In quale modo un giovane di oggi si avvicina alla poesia? I social aiutano?
I social aiutano o non aiutano alcunché, perché dipende da come li usi. È chiaro che se pensiamo che la poesia sia quella che gira molto sui social siamo fuori strada: i social media tendono molto alla semplificazione e alla facilità, così come la televisione, quindi in essi troveremo più facilmente poeti medi piuttosto che grandi. La nostra epoca ha avuto la presunzione di pensare che tutto fosse medializzabile e invece non è così. Il dolore non si può medializzare, così come l’arte; la poesia non è a misura di Twitter o di Instagram.

Ma allora qual è il modo principe attraverso cui un giovane di oggi si approccia alla poesia?
Quello di sempre: attraverso le persone. La vera cultura, tutta l’arte, non solo la poesia, è sempre una trasmissione da persona a persona. All’origine c’è un incontro umano con qualcuno che ti parla a una conferenza, dalla cattedra, per la strada o in un bar e, da come ti parla, dalla passione che ci mette, dal fatto che ti cita un verso, che ti regala un libro, fa succedere in te qualcosa. Poi occorre la tua attenzione, la pazienza, la voglia. Ma si inizia così. Questo per quanto riguarda la lettura delle poesie. Chi invece vuole scrivere deve fare come hanno fatto sempre gli artisti di ogni epoca: deve andare a bottega e carpire i segreti dell’arte da qualcuno che già la pratica.

 

Puoi leggere l’intero dossier Poesia per tutti sul numero di luglio/agosto del Messaggero di sant’Antonio e sull’edizione digitale della rivista

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